Com’è nata la copertina del nuovo numero de “Il Mucchio Selvaggio”, dedicata a Sgt. Pepper

Qualche settimana fa, Francesca Pignataro ha pubblicato su Facebook la copertina del numero di giugno della storica rivista indipendente italiana di musica e cultura Il Mucchio Selvaggio, magazine del quale la designer è art director dal 2011.

Il Mucchio Selvaggio n°755
Art Direction, Design e Fabrication: Francesca Pignataro & Fabio Persico
Foto: Carlo Piro (presso ZepStudio)
Ricami: Erika Timolina – Zucchero Filato Merceria

Nata come omaggio per il 50° anniversario di quello che è probabilmente il disco più celebre di tutti i tempi, Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles, la copertina è stata segnalata, ripubblicata e condivisa da designer, addetti ai lavori, siti specializzati di tutto il mondo. Meritatamente, visto che si è trattato di un raro esempio in cui un’ottima idea iniziale è stata eseguita in maniera impeccabile grazie a un perfetto lavoro di squadra, il tutto con il supporto della direzione della rivista.

Ispirata alla divisa indossata da Paul McCartney sulla copertina del disco, la cover è stata realizzata in maniera “analogica”, cucita e ricamata filo per filo, bottone per bottone, con tanto di easter egg (notare l’incisione della medaglia) che strizza l’occhio alla famosa teoria del complotto — la cosiddetta PID, acronimo che sta per Paul Is Dead — secondo la quale McCartney sarebbe morto nel ’66 e da allora sostituito da un sosia.

Il making of della copertina è stato anche immortalato in un video, pubblicato oggi, che ne mostra tutte le fasi.
Ad accompagnarne la visione, ho chiesto a Francesca Pignataro di raccontarmi com’è nata l’idea e come si è sviluppata.

* * *

Quando abbiamo deciso di dedicare la copertina a Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, ho pensato: «Qui ci vuole qualcosa di nuovo, qualcosa che il Mucchio non ha mai fatto».

La cover del disco in questione è un pezzo di storia della comunicazione visiva musicale, un’icona, e questo rappresentava una garanzia di riconoscibilità in termini di riferimenti visivi ma anche un grosso limite per aspirare a fare qualcosa di diverso rispetto al passato del magazine, qualcosa che fosse all’altezza della copertina del disco dei Beatles.

Inizialmente avevo voglia di tirare fuori una copertina materica, di realizzare un set, proprio come i Beatles avevano fatto per il disco, magari creando un “lettering tattile”. Così ho coinvolto Fabio Persico, un mio caro amico e collega di studi, molto bravo nell’affrontare progetti di questa portata.

In fase di brainstorming abbiamo abbandonato l’idea del lettering e ci siamo messi a studiare la foto di copertina del disco. Scomponendo e isolando gli elementi è venuta fuori l’idea di concentrarsi sulle divise dei Fab Four e quindi di provare a studiare un modo per riprodurne una nel dettaglio, con tanto di medaglie e cordini.

La divisa sulla quale avevamo puntato per lo sviluppo dell’idea era quella di Ringo, ma non mi convinceva del tutto: serviva qualcosa di più “estivo”, così la scelta è poi ricaduta su quella di Paul.
Volendo fare un lavoro minuzioso, ci siamo ritrovati a dover tradurre in materia qualunque tipo di elemento grafico del layout di copertina.
Prima abbiamo disegnato diverse bozze per definire gli spazi al millimetro ed evitare errori in fase di produzione. Poi ci siamo chiusi un giorno in merceria per il ricamo del tessuto e della toppa, girato Milano per trovare la passamaneria giusta (i bottoni li ho presi al Balon di Torino, ero lì per il Salone del Libro e ancora non ero riuscita a trovare un modello che mi andasse bene).

Non volevo che la divisa fosse una riproduzione fedele. Doveva essere una citazione con un’anima propria e uno stile nettamente meno pacchiano rispetto a quelle originali.
Anche per questo, per lo scatto ho coinvolto il fotografo Carlo Piro, del quale amo l’estetica, il modo in cui calibra le luci, ma soprattutto le palette colori. Ho subito pensato che se c’era una persona giusta per dare alla copertina “quel sapore” — un mix equilibrato tra vintage, eleganza ed estate —, quello era lui.

La ciliegina sulla torta è stato l’acronimo P.I.D.: è stato in particolare Fabio a voler citare anche un altro aspetto della copertina del disco, ovvero quella dimensione in bilico tra il mistero e l’occulto che viene richiamata da alcuni elementi sparsi sul set. Così abbiamo deciso di applicare Paul Is Dead sulla medaglia. Questo è stato l’unico intervento per cui siamo ricorsi al fotoritocco.

Come si vede nel video, il set lo abbiamo allestito noi. È stato davvero molto divertente. Un processo creativo fluido durante il quale un’idea è seguita all’altra con una certa semplicità e naturalezza. Lo stesso in fase di produzione.
Sono molto felice del risultato, ma soprattutto della fiducia e del supporto dimostrato da Daniela Federico e Beatrice Mele, direttore e caporedattore del magazine: avevo proposto loro anche altre due opzioni decisamente standard rispetto a questa, ma hanno deciso di credere nell’idea sin dal primo momento.

Francesca Pignataro

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