Berlin Design Digest: raccontare la complessità di Berlino attraverso il design

Il compito di fotografare e raccontare una scena creativa, per quanto ristretto possa essere il campo d’azione in cui ci si auto-imponga di operare (ad esempio geografico, oppure anagrafico), è sempre un’impresa ostica. Cercare di farlo in una città spigolosa, indefinibile, “liquida” e stratificata come Berlino può diventare un incubo: da dove cominciare? Che limiti darsi? Chi tenere e lasciar fuori? Come dare un senso a tutto il materiale che una metropoli — e in quanto tale costituita da una fitta rete di relazioni, persone e percorsi che partono da tutto il mondo e lì si intrecciano per segmenti di tempo variabili — offre?

Robert Eysoldt e Raban Ruddigkeit, consulente creativo e strategico il primo, designer e giornalista il secondo, entrambi tedeschi, hanno scelto di partire da un anniversario: i dieci anni da quando l’UNESCO ha nominato Berlino “City of design”. Da lì i due hanno identificato ben 100 progetti che potessero rappresentare la multiforme, multidisciplinare, multi-tutto realtà cittadina, andando a pescare dalla grafica come dal design del prodotto, dalla moda come dalla pubblicità, dall’architettura come dalla tecnologia, mettendo assieme mega-progetti di respiro internazionale e piccole iniziative sperimentali: Berlino è proprio questa, dopotutto.

L’operazione di Eysoldt e Ruddigkeit si è infine concretizzata in un libro pubblicato dall’editore tedesco Slanted, Berlin Design Digest, che raccoglie appunto i 100 progetti, realizzati da 75 realtà — agenzie, laboratori, università.
Ad arricchire ulteriormente il volume, 12 saggi brevi commissionati ad altrettanti esperti di design e comunicazione, che sono partiti da domande cruciali tipo “come l’Internet of Things cambierà il modo in cui i designer lavorano?”, “il network globale è la forma ideale di organizzazione del futuro?”, “la moda globalizzata significa uno stile uguale per tutti?”.