«Il colore è soggettivo ed emozionale. Spesso è l’elemento più volubile di un progetto. Dichiarare che la scelta di un certo colore preferito è scadente significa attaccare l’anima stessa di una persona. Un cliente può arbitrariamente richiedere un colore specifico o rifiutarne un altro basandosi su ragioni irrilevanti ed estranee al progetto. La nostra risposta a un colore si basa sulle nostre esperienze di vita e sulle associazioni culturali. Se una persone rimane chiusa in un armadio verde per la maggior parte dell’infanzia, il verde potrà essergli avverso. Indipendentemente dalle numerose ragioni razionali presentate, e dal sostegno della ricerca, quel individuo disprezzerà per sempre il verde».
Lo scrive Sean Adams — pluripremiato designer, co-fondatore dell’agenzia AdamsMorioka (che ha chiuso di recente per lanciarsi in nuove avventure) e autore di numerose pubblicazioni — nell’introduzione al suo nuovo libro, che tratta appunto di colori e si rivolge principalmente a coloro che li usano per comunicare, cioè i progettisti grafici.
Uscito ad aprile per i tipi di Abrams Books, The Designers’ Dictionary of Color nelle sue oltre 250 pagine passa in rassegna 30 colori chiave e relative variazioni, approfondendo per ciascuno di essi la relativa “storia culturale” (a che tipo di progetti/prodotti/periodi/movimenti artistici sono associati, quali emozioni suggeriscono) e come e perché utilizzarli con efficacia — «se lo spettatore deve pensarci su per decidere se un turchese è blu o verde, significa che questi ha investito tempo energia e il progetto ha un valore mnemonico più grande», spiega Adams, che racconta il libro più nel dettaglio, con una serie di estratti, sul magazine online Design Observer.