Di generatori automatici ne esistono di tutti i tipi e in molti casi si tratta puramente di parodie e prese per i fondelli (c’è il generatore automatico di poesie ma pure quello di scuse, e poi c’è il generatore di bestemmie, quello di testi di canzoni dei Cani, c’è pure—gli altri puoi pure googlarli ma quest’ultimo lo linko—il generatore automatico di post di Salvini).
Pure i generatori di loghi non sono una novità (qua per esempio ce n’è una piccola lista), ma MarkMaker è il primo a usare un “algoritmo genetico” per consegnarti risultati che di volta in volta diventano sempre più precisi e—in teoria—vicini a ciò che stai davvero cercando.
Cos’è un algoritmo genetico? È complicato. Ma, riassumendo quel che ci spiega Wikipedia, si tratta di un algoritmo ispirato alla selezione naturale: in pratica, solo i più forti sopravvivono, e nel caso di MarkMaker i più forti sei tu a sceglierli, indicando, man mano che la lista di bozze si allunga in maniera inverosimilmente rapida (a una velocità che nessun graphic designer in carne e ossa potrà mai raggiungere ma ovviamente è stupido far paragoni perché il designer umano eliminerà fin dal principio tutte quelle proposte inutili e banali e fuori target), indicando, dicevo, quelle che ti piacciono di più, così da consentire al codice di settarsi in maniera sempre più “su misura”.
In un periodo in cui la critica sui loghi che di volta in volta le aziende svelano—soprattutto i colossi, vedi Uber o Enel, solo per fare qualche esempio recente—è diventata spietata e di una ferocia spesso gratuita (se ne parla, ad esempio, in questo bell’articolo di Co.Design), l’idea di MarkMaker sembra quasi una bufala creata per lanciare una provocazione.
Che lo scopo sia di far riflettere sul mondo del branding e della grafica mi pare evidente, ma è tutt’altro che una bufala. È tutto vero, basta provare.
Si inserisce il nome della propria azienda o del proprio marchio e poi si comincia a scorrere la pagina selezionando le opzioni più in linea con ciò che si sta cercando. E prima o poi—te l’assicuro—qualcosa di un po’ più interessante e centrato esce fuori, anche perché l’algoritmo “ragiona” in base alle indicazioni date da quelle che di volta in volta sono le tue preferenza, dalla scelta (opzionale) del settore d’appartenenza e, infine, tenendo conto di uno dei principi più semplici del design e cioè trattando il logo come due parti distinte, la base e il cosiddetto “accento”, quel quid che rende speciale anche un semplice parola (sul sito di MarkMaker fanno l’esempio del logo di Mobil, con la scritta tutta in blu e la o in rosso: ecco, quella o è l’accento)
Alle spalle di un progetto del genere c’è Emblemmatic, nuova realtà specializzata in “design computazionale” che ha già prodotto intelligenti bizzarrie come l’Atlante delle nazioni potenziali, che genera nomi e bandiere fittizie di nazioni inesistenti e il Generatore automatico di Emoji.
Tornando a MarkMaker, un’ultimissima considerazione.
Pare incredibile ma ho provato inserendo frizzifrizzi e diverse tra le proposte generate dall’algoritmo erano molto, molto simili a un nostro vecchio logo, che era brutto, certo, ma che avevamo impiegato giorni per idearlo e realizzarlo. Qua è uscito fuori in pochi secondi, assieme ad altre centinaia.