(foto: Frizzifrizzi)

Intervista ad Andrea Antinori, autore del libro illustrato “Questo è un alce?”

Classe 1992, recanatese d’origine ma cresciuto a Bologna, Andrea Antinori è uno tra i più promettenti illustratori italiani della sua generazione.

Noi di Frizzifrizzi l’abbiamo conosciuto tre anni fa quando, appena ventunenne, si sottopose alle 7 domande di rito della nostra ormai defunta rubrica 7am.
Oggi lo ritroviamo con un portfolio pieno di splendide opere, tra lavori personali e realizzati su commissione, e un libro all’attivo, pubblicato pochi mesi fa da Corraini e intitolato Questo è un alce?, che tra le righe (o meglio: tra le zampe pelose, le corna e l’irresistibile muso dell’alce) parla di fantasia e libertà: libertà di immaginare, libertà di disegnare e — con un gran tempismo vista l’attualità — libertà di essere.

Qualche settimana fa ho incontrato Andrea a Palazzo Re Enzo, qui a Bologna, durante la Fruit Exhibition, e ho avuto modo di fargli un po’ di domande: su di lui, sul libro e sul suo prossimo progetto che, lo anticipo qua, è un altro volume illustrato, stavolta sulle balene.

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(foto: Frizzifrizzi)
(foto: Frizzifrizzi)

Ti va di raccontarmi la genesi di Questo è un alce?

Il progetto è partito da una sorta di esperienza personale. Ma non parlerei tanto di “progetto” perché effettivamente è stato qualcosa di davvero poco progettato e, al contrario, molto istintivo. Ho cominciato in un momento di grande cambiamento nel mio modo di illustrare. Mi ero stancato di disegnare in modo troppo minuzioso, dettagliato, e ho capito che mi interessava di più buttare giù le idee e realizzarle in poco tempo. Mi sono accorto che in questo modo potevo esprimere molti più concetti di quanto riuscissi a fare prima, quando mi preoccupavo più di come veniva l’immagine e cercavo di renderla simile alla realtà.

(foto: Frizzifrizzi)
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Che è poi il filo rosso del libro. E cioè che un alce non debba essere per forza identico a un vero alce.

Sì, lo considero come una piccola biografia del mio nuovo inizio. Propongo quello che è stato il mio percorso ai bambini—e non solo ai bambini—che acquistano il libro, e che magari hanno l’ansia di disegnare cose “che vengano bene”, simili alla realtà.
Il messaggio, invece è: voi disegnate, disegnate come vi sentite di disegnare.

Credo che più che i bambini, a essere “bloccati” sotto questo punto di vista sono gli adulti.

È vero. Però ad esempio io, quando ero piccolo, se mentre disegnavo vedevo un errore prendevo, accartocciavo il foglio e ricominciavo. Avevo una certa ansia da prestazione.
Quello che voglio far passare, invece, è di non aver paura né dell’errore né del foglio bianco. Non è la mano a dare la qualità ma l’idea che c’è dietro.

(foto: Frizzifrizzi)
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Hai mai lavorato coi bambini?

Ho iniziato facendo un laboratorio per la galleria francese Les Artychauts, in occasione di un’esposizione in cui c’erano anche miei lavori. Il soggetto del laboratorio erano i pesci, da realizzare attraverso dei timbri. I bambini potevano comporre i loro pesci come volevano: lunghi, corti, con o senza la coda, con le gambe, su tre piani…
I bambini più grandi, che capivano bene quel che stavano facendo, provavano a fare il pesce esattamente come lo volevano. Mentre i più piccoli avevano già una soddisfazione incredibile nel vedere anche soltanto il colore che passava dalla matrice alla carta.
Il timbro, tra l’altro, facilita un po’ le cose, ti permette di non aver paura del foglio bianco.

(foto: Frizzifrizzi)
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Hai tenuto laboratori anche sugli alci?

Sì, e ne è uscito fuori una sorta di sequel del libro.
Avevo una serie di alci scomposti e alci impossibili o ibridi con altri animali, alci con le scarpe… L’importante è che uscissero fuori alci “personali” e non alci corrette dal punto di vista naturalistico.

Io in Questo è un alce? ci ho letto anche dei riferimenti alla “libertà di essere”, cosa che mi pare molto attuale, di questi tempi, con le crociate contro i cosiddetti “libri gender”…
Sono andato fuori strada?

No, può anche essere letto così.

(foto: Frizzifrizzi)
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A proposito di naturalistico: prima, al di fuori di quest’intervista, mi parlavi di un prossimo libro, dedicato alle balene.
Come mai quest’interesse verso il mondo degli animali?

È una grandissima passione che ho sempre avuto fin da bambino.
Attualmente sto finendo la specialistica all’ISIA di Urbino ma quando entrai al triennio ero addirittura indeciso se studiare scienze naturali o grafica e comunicazione.

Alla fine hai studiato grafica.

Sì, si è risolta così: ho studiato grafica, che è la cosa che mi viene meglio, però sfrutto delle competenze che mi sono fatto negli anni per tutto ciò che riguarda le scienze naturali. E a posteriori sono contento di questa mia scelta.

(foto: Frizzifrizzi)
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Quindi immagino che da ragazzino andassi pazzo per tutti quei manuali illustrati per “piccoli scienziati”.

Sì, leggevo molto più quelli rispetto a favole e narrativa. E ora da questo punto di vista vivo un po’ di rendita. Ad esempio per quanto riguarda le balene mi ricordo tantissime cose imparate da bambino, mentre faccio più fatica a tenere in testa le informazioni che studio adesso.
Da piccolo ti crei una specie di enciclopedia personale e se sei veramente interessato a una cosa, quella ti rimane per sempre.

Puoi accennarmi qualcosa riguardo al libro sulle balene?

Uscirà anche questo per Corraini Edizioni. È un libro non-fiction in cui mi sono preoccupato di raccontare la storia dei cetacei ma senza ricorrere all’escamotage della fiaba.

(foto: Frizzifrizzi)
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