Torino ti corteggia e ti conquista piano piano, come un uomo timido ma deciso. Poetica e romantica, sulle prime si cela sotto una leggera coltre di nebbia, una nebbia che ti abbraccia come le montagne lì sullo sfondo, per poi schiudersi e stupirti, come un sorriso inaspettato, con slanci affettuosi fatti di sole e luci di Natale, di belle vetrine, portici e gallerie, di palazzi nobiliari e antiche chiese, gentilezza pacata, vocali aperte, grissini fragranti, ristoranti storici e tanti etnici e regionali in quello che ora è il bel quartiere di Porta Palazzo.
Per innamorartene devi essere sola, nell’amore non servono intermediari, ti ci devi perdere per ore in un giorno di vacanza inaspettata, e forse immeritata, camminare a piedi senza meta su vie che già hai percorso decenni fa, da educanda, rimuginando su quanto eri diversa tu e pure la città.
Torino negli ultimi anni ha saputo rinnovarsi, sottraendosi a quello che poteva essere un destino decadente, e pare abbia voluto e saputo ripartire proprio da lì, da quelle fabbriche svuotate e dismesse, che ora brulicano di fermento artistico e stimoli e persone e vita e bellezza.
Ci sono molti motivi per cui, se non lo avete mai fatto, dovreste pianificare una visita a Torino, o ritornarci se mancate da molto tempo come la sottoscritta, e oggi voglio darvi alcuni suggerimenti, legati tra loro dal filo rosso del design, e dopo aver letto il primo punto capirete bene perché.
1. Torino Città Creativa UNESCO per il Design e il Circolo del Design
A dicembre 2014 Torino è stata insignita del titolo di Città Creativa UNESCO per il Design, unica città italiana all’interno di questa categoria. L’attestazione ricevuta dopo un importante percorso, impegna la città a promuovere attività nel campo del design e ad attestarsi come punto riferimento sia in Italia che nel mondo.
In quest’ottica è stata organizzata l’iniziativa Torino City Of Design 2015, che ha avuto luogo dal 4 all’8 dicembre, e che oltre alla presentazione del logo di Torino Città Creativa UNESCO per il Design, vedeva in calendario un’interessante serie di incontri, dibattiti, workshop, mostre, percorsi e visite sul territorio.
Sempre dietro questo impulso e con l’intento di “guidare” tutto questo fermento è nato il Circolo del Design.
Un luogo fisico (venerdì 4 dicembre è stata inaugurata la sede presso la Terrazza Giolitti, progettata da Carlo Mollino) e virtuale dove far “convergere tensioni progettuali, culturali e produttive, nuovi progetti e talenti in una logica di condivisione, co-progettazione e programmazione condivisa tra tutti i soggetti che gravitano all’intorno del settore del design del territorio piemontese”.
«La nomina di Torino a City of Design Unesco è un’ulteriore dimostrazione di quanto la nostra città sia riconosciuta ed apprezzata anche all’estero come una delle capitali internazionali del design», afferma Ruben Abbattista, Presidente del Circolo del Design, «questo riconoscimento offre quindi a tutti gli attori del design territoriale la consapevolezza di quanto sia necessario continuare a fare sistema e proprio in questo senso il Circolo del Design, grazie al supporto degli enti che lo sostengono, intende rappresentare una piattaforma aperta a tutti presso la quale incontrarsi, confrontarsi e riflettere sul tema della creatività, dell’innovazione e, appunto, del design. Il nostro intento è quello di creare connessioni e relazioni con il mondo delle imprese, dei professionisti e dei giovani che si affacciano al mondo del lavoro per creare nuove opportunità di sviluppo, ma anche di coinvolgere il grande pubblico per chiarire a tutti che il design non è solo la bella forma di un oggetto, ma cultura di progetto».
2. Passeggiare con il naso all’insù: le luci d’artista, la Mole Antonelliana, il grattacielo Intesa Sanpaolo
Specie se andate a Torino prima del 10 gennaio 2016 non dimenticate di camminare con il naso all’insù per godetevi spensierati come bambini la magia delle Luci d’Artista ormai giunta alla 18° edizione.
E proprio passeggiando con il naso all’insù ammirando caleidoscopiche luminarie potreste ritrovarvi sotto il “sogno verticale” di Alessandro Antonelli. La Mole, con i suoi 167 metri di imponente e stravagante bellezza, era all’epoca in cui fu costruita l’edificio in muratura più alto d’Europa. Sede del Museo Nazionale del Cinema (che se non lo avete mai fatto vi invito vivamente a visitare!) ha ormai perso il primato europeo, ma non quello cittadino perché ai costruttori del grattacielo di Intesa Sanpaolo è stato imposto di tenersi al di sotto del simbolo della città.
Grattacielo più ecologico d’Europa secondo il Green Building Council (l’organo internazionale più autorevole per l’eco-valutazione degli edifici), il grattacielo di Intesa Sanpaolo è completamente alimentato da energia rinnovabile (di tipo idroelettrico e da 1.600 metri quadrati di pannelli fotovoltaici) con l’80% dei corpi illuminanti costituito da led, ha una “doppia pelle” e una facciata “attiva” tra le più grandi al mondo.
Al 35° piano ospita una serra di rigogliose piante e presto un ristorante e una caffetteria, che consentiranno l’accesso anche ai non addetti ai lavori (ospita gli uffici e i dipendenti di Intesa Sampaolo).
Io ho avuto la fortuna di visitarlo, e se riuscite a prenotare una visita e capitate lì su in un giorno in cui l’aria è tersa godrete di una vista della città senza uguali.
3. La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.
Mostra in corso: Rinascimento. Adrián Villar Rojas
La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo nasce a Torino il 6 aprile 1995 e dal 2002 ha sede in via Modane, in Borgo San Paolo, sull’area dell’ex Fergat, un’azienda dell’indotto che produceva cerchioni per automobili.
Lo spazio, un rigoroso parallelepipedo in pietra leccese, senza aperture o quasi, lungo 133 metri, alto 9 e largo 21, progettato dell’architetto Claudio Silvestrin, occupa una superficie di 3.500 metri quadrati.
Il suo carattere “neutro” (calcestruzzo levigato per i pavimenti, intonaco bianco alle pareti e finiture in legno di cedro) lo rende perfetto per esposizioni di installazioni di grandi dimensioni, come quella della suggestiva mostra in corso: Rinascimento. Adrián Villar Rojas, dal 4 novembre 2015 al 28 febbraio 2016.
Si tratta della prima personale italiana del giovane artista argentino Adrián Villar Rojas, che ha chiesto ed ottenuto di svuotare per intero gli spazi della Fondazione, in modo che potessero contenere la sua installazione composta da decine di enormi massi e tronchi provenienti dalla Turchia, su cui Adrián e il suo gruppo hanno composto una serie “nature” in continuo divenire perché fatte di tanto materiale organico: frutta, verdura, ossa, animali, piante, minerali, fossili e oggetti prodotti dall’uomo, ma anche perché non essendo illuminate sono osservabili solo attraverso la luce che filtra dagli alti finestroni dell’edificio.
Quella di una bella mattinata invernale (al momento in cui l’ho visitata io) o quella artificiale dei lampioni esterni per chi vi si reca in visita di sera o ancora nella penombra di una grigia giornata di pioggia se il meteo non è clemente. Come ad indagare la terra di confine tra evoluzione e decadimento, tra giorno e notte, tra vita e morte.
4. Il MEF, Museo Ettore Fico
Mostra in corso: Vanità/ Vanitas
Il MEF Museo Ettore Fico è un altro ottimo esempio di recupero industriale ben fatto, ha sede in via Cigna 114 dove fino ad un decennio fa produceva la SICME, Società Industriale Costruzioni Meccaniche ed Elettriche.
La SICME, specializzata nella costruzione di macchine per la smaltatura di fili di rame, era nata nel 1955 e nel 1965 si era trasferita in via Cigna, all’interno di un quartiere a vocazione prettamente industriale (in prossimità degli stabilimenti della FIAT Grandi Motori e di fronte alla SIMA e ai Docks Dora, un complesso di magazzini e depositi ferroviari per la merce che entrava in città), acquistando uno stabilimento disegnato nel 1955 dall’ingegner Aldo Marini.
L’azienda, in cui lavorò Primo Levi come chimico, produsse per un quarantennio prima di entrare in crisi, era il novembre del 2004 quando venne presentata istanza di fallimento. Per i 115 operai cominciò un estenuante periodo di lotte, rivendicazioni, occupazioni degli impianti e sgomberi, che terminò quando un loro ex collega, un ex dipendente, che negli anni Settanta aveva lasciato la SICME per fondare una ditta concorrente, vinse l’asta e assorbì l’azienda, trasferendo poi la produzione nella sede di Druento, mentre la vecchia sede di via Cigna venne ceduta ad un’impresa edilizia e dopo una sapiente opera di archeologia industriale, gli immensi spazi furono destinati al Museo Ettore Fico.
Museo che dal 31 ottobre 2015 – 28 febbraio 2016 ospita Vanità/Vanitas. Più di 50 opere realizzate tra la fine del XVI secolo e il XVIII secolo—da Baschenis a Solimena, da Murillo a Cagnacci—sul tema della caducità della vita e l’essenza effimera delle vanità umane, presentate in parallelo a lavori di artisti contemporanei internazionali: fotografie, installazioni, sculture e dipinti. Da Carol Rama a Danh Vo, da General Idea a Thomas Saraceno, da Santiago Sierra a Maria Lai e Fred Goudon (con le 12 immagini che ritraggono nudi i principali atleti del rugby internazionale).
5. Il Mao, Museo d’Arte Orientale
Mostra in corso: Il Drago e il Fiore d’Oro. Potere e Magia nei Tappeti della Cina Imperiale
Il Mao – Museo d’Arte Orientale ha sede a Palazzo Mazzonis in Via San Domenico.
Il bel palazzo di origine seicentesca ha avuto molti proprietari, restauri e cambi di destinazioni d’uso: residenza nobiliare, sede (per quasi 100 anni) degli uffici della Manifattura Mazzonis S.n.c. quando—dopo la metà dell’800—fu acquistato dalla famiglia Mazzonis, sede degli uffici giudiziari—quando divenne proprietà del Comune di Torino—sino al 2001.
Il Museo di Arte Orientale, nasce come “ridefinizione, rinnovamento e ampliamento” della Sezione Orientale del Museo Civico d’Arte Antica, con l’intento di costituire un luogo di integrazione culturale. Se le comunità straniere vedono riconosciuto l’alto valore culturale delle loro forme artistiche tradizionali è più facile che si sentano integrate, ci spiegano durante la visita.
A parte le bellissime sezioni permanenti dedicate a Gandhara, Giappone, Islam, India, Cina, Sud Est Asiatico e Himalaya se vi recate al Museo fino al 28 marzo 2016 avrete la possibilità di visitare Il Drago e il Fiore d’Oro. Potere e magia nei tappeti della Cina Imperiale realizzata in collaborazione con la Fondazione Museo Asia, che propone, per la prima volta in Europa, 36 tappeti di manifattura cinese realizzati tra il XVIII e il XIX secolo nei laboratori imperiali e destinati ad adornare le sale e i podi dei troni dei palazzi dell’Imperatore nella Città Proibita di Pechino.
Una festa di colori e bagliori in cui si intrecciano seta, oro, argento e rame, da cui prendono vita esseri mitologici e animali fantastici, simboli e principi del taoismo, a partire dal titolo: il Drago rappresenta l’Imperatore, il Figlio del Cielo, il potere; mentre il Fiore d’Oro dai mille petali è il simbolo dell’energia divina e dell’universo. Questi due simboli assieme raccontano dell’ordine del cosmo e dell’immortalità.
6. La GAM, Galleria D’Arte Moderna
Mostra in corso: Il Mercante di Nuvole. Studio65: 50 anni di futuro
Torino è la prima città italiana ad aver avuto una raccolta di arte moderna nel proprio Museo Civico, aperto nel 1863. Inizialmente ospitata insieme alle raccolte di arte antica, in un edificio presso la Mole Antonelliana, la collezione subì vari spostamenti, fino a quando nel 1959 si inaugurò l’attuale edificio progettato da Carlo Bassi e Goffredo Boschetti, ampiamente ristrutturato nel 1993.
La Galleria d’Arte Moderna oggi ospita 45.000 opere tra dipinti, sculture, installazioni, fotografie, disegni, incisioni e una tra le più importanti collezioni europee di film e video d’artista.
Tra le temporanee al momento presso la Galleria D’Arte Moderna trovate i capolavori di Monet dalle Collezioni del Musée d’Orsay (dal 2 novembre al 31 gennaio) e Il Mercante di Nuvole. Studio65: 50 anni di futuro dal 27 novembre 2015 al 28 febbraio 2016. Quest’ultima celebra i 50 anni di attività di Studio65, fondato a Torino nel 1965 da un collettivo di—allora—studenti di architettura, riuniti attorno alla figura del vulcanico Franco Audrito. Nato per combattere “il conformismo imperante dello stile moderno con le armi di nuove idee creative” nel nome di quello che fu definito “design radicale”.
La mostra curata da Maria Cristina Didero nasce “dal desiderio di raccogliere il vasto repertorio progettuale di Studio65 e riorganizzarlo in modo da narrare non solo il percorso del gruppo di artisti e architetti che vi hanno fatto parte, ma le vicende di una generazione in grado di incidere sui mutamenti storici”.
7. Il Pinguino di Pepino, i gianduiotti di Gobino, i grissini
Ovviamente un percorso del genere, specie se come nel mio caso condensato in tre giorni, necessita del giusto apporto di calorie, che io mi sono accertata di incamerare sgranocchiando grissini e gianduiotti (ne ho assaggiati di 5 diversi cioccolatieri cittadini, ma ho finito per acquistare quelli di Guido Gobino spinta dai ricordi e dal nuovo packaging).
I gianduiotti del resto stanno a pieno titolo in un percorso sul design torinese e se non ne siete convinti osservatene bene la forma.
Altra straordinaria opera di design goloso torinese è il Pinguino di Pepino. E per questo, che ci andiate d’inverno o d’estate, non potete non far sosta in Piazza Carignano, visto che ci siete alzate lo sguardo anche verso il bel Palazzo Carignanoche dà il nome alla piazza (progettato nella seconda metà del Seicento da Guarino Guarini e bellissimo esempio di Barocco europeo), poi però a passo veloce dirigetevi da Pepino, Gelateria di Lusso dal 1884!
Pepino produce gelati dal 1884 e nel 1939 inventa e brevetta (brevetto N. 58033) il Pinguino®, primo gelato al mondo su stecco ricoperto di cioccolato, una vera e propria opera di design (pensate ai disegni di forma, spessore del gelato, altezza, spessore del cioccolato, per non parlare del packaging), oggi prodotto in 6 gusti: crema, gianduia, violetta, menta, caffè e nocciola. Pare che la violetta sia il preferito dalle signore, mentre gli uomini amano crema e caffè, e i bimbi la menta. Io in cerca di un record personale ho deciso di assaggiarli tutti per arrivare alla conclusione che adoro quello alla gianduia!
8. Il MAUTO, Museo dell’Automobile
Anche se siete come la sottoscritta—senza patente e senza nessun interesse per le automobili—non dovreste andare a Torino senza pianificare una visita al Museo dell’Automobile.
Il Museo nacque nel 1932 per l’iniziativa di Cesare Goria Gatti e Roberto Biscaretti di Ruffia (primo Presidente dell’Automobile Club di Torino e tra i fondatori della Fiat), tra i più antichi Musei dell’Automobile al mondo e certamente unico Museo Nazionale del genere in Italia.
Ospitato in un edificio progettato dall’Architetto Amedeo Albertini, sulla sponda sinistra del Po a poca distanza dal Lingotto, costruito appositamente per ospitare la collezione (e cioè in modo che fosse facile farvi entrare, uscire e parcheggiare le vetture esposte), è stato ristrutturato nel 2011 dall’Architetto Cino Zucchi, la Recchi Engineering srl e la Proger spa acquisendo un aspetto dinamico e avveniristico.
200 automobili originali, dalla metà dell’800 ai giorni nostri, di oltre 80 marche diverse, provenienti dall’Italia, Francia, Gran Bretagna, Germania, Olanda, Spagna, Polonia e Stati Uniti, disposte in un percorso allestito dallo scenografo franco-svizzero Francois Confino.
La rete Wi-Fi aperta e gratuita, una App dedicata, un patrimonio di dati—raccolti e indicizzati nel corso degli ultimi due anni—approfondimenti storici, immagini d’archivio, schede tecniche sulle vetture e sui carrozzieri consultabili durante la visita, attraverso il proprio smartphone, totem multimediali o iPad in dotazione, ne fanno—secondo il Times—uno dei 50 migliori musei al mondo per impostazione educativa e scientifica.
Particolare menzione alla sezione dedicata al Design, che è stata completamente riallestita “con spettacolari approfondimenti finalizzati a promuovere una più ampia conoscenza del car design e della sua evoluzione storica” e al centro di documentazione, tra i più preziosi in Europa per l’unicità delle sue collezioni, aperto al pubblico e consultabile online sia per la parte libraia che per quella archivistica.