Li vediamo in migliaia di fotografie, ritratti da ogni possibile angolazione. Il loro ruolo di simboli — di una città, innanzitutto, ma anche di un’epoca storica e di una cultura — li ha fatti diventare i soggetti prediletti per ogni sorta di souvenir, trasformandoli in brutte calamite da appiccicare al frigo, schiaffandoli sopra a tazze, t-shirt, peluche, spillette, collanine da due soldi, cappellini, grembiuli da cuoco, ciabatte…
Sono i monumenti, i palazzi, le chiese, i grattacieli diventati punti di riferimento di un città: ci si dà appuntamento nei loro pressi, li si cerchia sulla mappa prima di un viaggio, li si ammira dagli autobus scoperti, li si snobba quando ci si vuol sentire “local”.
Tanto sono familiari, magari pur senza averli mai visti di persona, che sembra di conoscerne ogni pietra, ogni angolino, ogni prospettiva.
Ma poi guardi le stampe realizzate dagli svedesi di studio esinam e ti accorgi che è tutt’altro che così. Che basta togliere tutto il “superfluo”, la tridimensionalità, i materiali, la luce, il contesto, e lasciare solo le linee essenziali, tornare indietro dalla realtà al progetto, per poterli ammirare nella loro asciutta grandiosità e ad apprezzarli esattamente come se fosse nuovi e visti per la prima volta.
Realizzate da Josefine Lilljefren e Sebastian Gokah — art director lei, architetto lui — le stampe, tutte di grande formato (50×70 o 65×100 cm), sono state realizzate disegnando alcuni tra i più famosi monumenti di città come Parigi, Berlino, Stoccolma, Göteborg, Brooklyn e Tokyo, fotografandone le facciate durante una serie di visite di ricognizione per poi “spogliarle” e stamparle.