Save the date | Token: giocare col modernismo

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In un’intervista che rilasciò nell’83 al Paris Review Raymond Carver raccontò di come, rispetto alla prima bozza di un racconto, dopo tante revisioni la stesura finale fosse generalmente lunga circa la metà: «tolgo tante cose», disse, «ma ne aggiungo anche, poi ne metto altre, e ne tolgo altre ancora. È una cosa che amo davvero fare: mettere e togliere parole».
Carver lavorava attorno a una struttura, che buttava giù di getto per poi iniziare a “scalpellare”, a “incidere”, talvolta scavando il testo fino all’osso, o — disse ancora nell’intervista — «addirittura al midollo».

Ma nonostante il suo sia il primo nome che di solito viene in mente all’appassionato di letteratura americana quando si parla di minimalismo, Carver non era per niente felice di esser definito come tale: «in una recensione dell’ultimo libro qualcuno mi ha chiamato scrittore “minimalista”. Chi ha scritto la recensione lo intendeva come un complimento. Ma non mi piace. C’è qualcosa in quel “minimalista” che non mi piace: sa di piccolezza nella visione e nell’esecuzione».
La scrittura di Carver è sì scarnificata ma quando arriva allo stomaco del lettore l’esplosione di “sapore” è indimenticabile. E il sapore lo dà tutto quel che nel testo non c’è, ma che dal testo è accennato, attraverso i dialoghi, i gesti, le pur minime descrizioni.

Lo stesso capita con questa nuova serie di opere di Ester Grossi, che dopo i suoi ritratti pop e dopo la splendida ricerca all’interno della geografia emozionale della sua infanzia (con Fucinus Lacus) in Token affina ulteriormente la sua già invidiabile capacità di raccontare tanto, tantissimo con poco, evocando mondi, storie e atmosfere.

Il titolo della mostra che inaugura stasera a Milano presso la Galleria Bianca Maria Rizzi & Matthias Ritter, Token, è in sé una chiave d’accesso alle opere esposte: in inglese infatti significa sia “simbolo” che “gettone” (come quello delle sale giochi) e parla al contempo di una ricerca di quella struttura di cui sopra ma anche di una predisposizione a giocare con le icone della cultura contemporanea, in questo caso alcuni edifici simbolo dell’architettura razionalista e modernista, ritratti dopo una serie di viaggi tra la Francia e l’Italia del Sud.

Come i racconti di Carver — che iniziano prima e finiscono dopo quello che c’è scritto nel testo — così i gettoni/simboli di Ester Grossi non sono soltanto una riduzione dell’edificio a stereotipo formale. Sono, invece, frammenti di una situazione di “sospensione temporale” (così Ester definisce sia il suo stile sia l’architettura modernista) con le forme a tirare confini e i colori a forzarli fino a sbloccare quella sospensione e a lasciar uscire le storie fuori dai quadri, per prender vita nella testa e nella pancia dello spettatore, a patto di sapersi lasciar coinvolgere dal gioco.

QUANDO: 28 novembre 2014 — 15 gennaio 2015
OPENING: 27 novembre | 18,30
DOVE: Galleria Bianca Maria Rizzi & Matthias Ritter | via Cadolini 27, Milano | mappa | facebook

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