1° omaggio

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Oggi si celebra il primo maggio.
Sull’origine della ricorrenza esistono in rete varie versioni, tutte però ricordano la conquista delle otto ore e la ricorrenza dell’incendio in una fabbrica tessile in cui morirono decine di operaie.
Noi in Italia, anche se sono passati 150 anni, non ci facciamo mancar niente: abbiamo gli incendi con le operaie bruciate vive nelle fabbriche tessili e centomila persone (stima prudenziale) che le otto ore le fanno due volte nell’arco di una giornata con una pausa per la scodellina di riso.

La legge che regolamenta le otto ore è la 692 del 1923, recepita in Italia con 56 anni di ritardo rispetto agli Stati Uniti, dopo lotte e battaglie del movimento sindacale, che sono costate vite umane e sacrifici immensi per chi le ha ottenute.
Qui sotto‎ trovate una canzone che si cantava in risaia per quelle conquiste.

Ora che viviamo in un paese che si dice democratico non riusciamo a far applicare quelle antiche regole.
Tra l’altro c’è una formula matematica che spiegandola a dovere è in grado di capirla anche Bonanni: se una persona che fa sedici ore la costringi a farne otto crei un altro posto di lavoro!

Invece di portare alla normalità questo paese “svalvolato” e far rispettare queste regole minime sul lavoro cosa si fa?
Il buon senso direbbe una bella manifestazione a Prato, un bel corteo in giro per la zona industriale lanciando qualche fischio sotto i palazzi marci del potere che hanno tollerato che in trenta anni venisse saccheggiato e distrutto uno dei più pregiati distretti del made in Italy, motore di un comparto tessile che è stato il primo settore industriale.

Invece cosa si fa, un bel concertone come o-maggio ad una generazione di giovani che avrà dei bei problemi con il lavoro, offerto dal sindacato con maggioranza di pensionati che ovviamente non vuole cambiamenti e discussioni sui diritti acquisiti.
Intanto a 200 km dal concertone (a Prato per intenderci) viene tollerata una situazione improponibile in nessun paese civile: violazione sistematica di ogni legge sulla sicurezza e le tutele del lavoro.

Ecco vedete, sarà che sono vecchio ma a me di vedere il concerto del primo maggio con le solite inquadrature televisive delle ragazze sedute in spalla del moroso che fanno la ola con il sottofondo di Pierino Pelù che ulula… mi sono rotto i coglioni.
In particolare del Pelù, del presentatore progressista e della melassa sindacale.
Camusso Bonanni Angeletti se ci siete battete un colpo, uscite dai vostri uffici e andate nelle vie e nelle strade di Prato e chiedete conto a chi non ha fatto i dovuti controlli, partite in alto, dal Presidente che si indigna al vigile che si imbosca.

E ora vorrei far presente che il mondo del lavoro non è fatto solo di lavoro dipendente. I posti di lavoro li hanno persi anche i piccoli medi e microimprenditori.
Anche lì alle organizzazioni di categoria è un complimento dire che hanno fatto poco: in realtà hanno fatto praticamente nulla.

Scusate lo sfogo, torno a fare il Sartorius, e tanto per restare in tema per chi non lo sapesse la locale unione industriali stima in 360 milioni i capi che in un anno partono da Prato (un milione al giorno meno i 5 giorni del capodanno cinese).
Tutti questi capi sono stati sottratti ad aziende che hanno dovuto chiudere perché hanno scelto di rispettare le regole. Mi diceva un mio amico e fornitore di tessuti che dopo le morti dei primi di dicembre e i successivi controlli, davanti alla procura di Prato c’era un bell’andirivieni di avvocati e amministratori di aziende del lusso che chiedevano il dissequestro dei campionari.

Non è vero che la produzione di Prato va solo dai grossisti e dagli ambulanti: di seconda o terza mano arriva anche alle griffe più prestigiose.
Per loro l’importante e unica “mission” è aumentare i profitti.
Io comunque a mangiare in un ristorante con le tovaglie di lino bianco ma con la cucina sporca non ci andrei!

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