Leggendo solo il nome potrebbe presentarsi il dubbio su dove collocare questa rivista indipendente. La categoria dell’ingoio (swallow, che significa anche boccone) si presta bene a due delle correnti più battute dalla nuova editoria indipendente: quella delle riviste gastronomiche e quella delle riviste erotiche. Poi, sfogliandolo, ogni dubbio se ne va: (so già che qualcuno rimarrà deluso ma) Swallow Magazine è decisamente una rivista di cucina, che però si auto-proclama “anti-foodie”.
Pluripremiato in quanto a design ed art direction, con tre numeri all’attivo, il primo dei quali uscito nel 2009, Swallow Magazine si struttura come una conversazione attorno al cibo, di quelle che potresti fare mentre sei a tavola con commensali che conoscono bene l’argomento di cui parlano, capaci di stimolare il dialogo e accendere i riflettori su aspetti solitamente poco o per niente considerati. Ciascuna delle tre uscite si è focalizzata su percorsi culinari poco battuti e se il primo numero era dedicato alla cucina scandinava (oggi al centro dell’attenzione ma nel 2009 ancora fuori dai radar della maggior parte degli addetti ai lavori), il secondo proponeva un viaggio “transiberiano” da Mosca a Pechino (trattando di ospitalità mongola, di porcellane, di campagne russe, di tè usato come valuta), l’ultimo numero parla di una megalopoli come Città del Messico approfondendone cultura e cucina con articoli sui toreri e sul wrestling, sull’iconografia sacrilega, sui cibi pericolosi e sui migliori tacos, sulle storiche cantine e sulle bevande azteche, con tanto di 20 sticker—preparati dal grande “naso” Sissel Tolaas—che una volta grattati rivelano gli odori della città.