Buon anno a chi rispetta i luoghi dove è nato e divide il suo benessere con i suoi concittadini. Niente buon anno a chi per un pugno di dollari ha spostato tutte le produzioni sempre più lontano e dove costa meno.
Buon anno a chi a Prato, a Carpi o in altre periferie desolate sta lì a cucire i vestiti in capannoni con i vetri oscurati dai sacchi neri dell’immondizia, e che ha passato anche la notte di Capodanno a dormire dentro uno scatolone. Non auguro il buon anno ai servitori dello stato che avrebbero dovuto vigilare perché la legalità non venisse violentata e perché hanno tollerato che dalle finestre non si potesse vedere il cielo.
Buon anno a chi difende gli umili e gli oppressi, non a quei sindacalisti che difendono i lavativi che dicono: «non abbiamo abbastanza mezzi per controllare il territorio».
Buon anno alle oche, (guardate questo filmato se siete di stomaco forte), donatrici da vive delle piume che stanno arricchendo un tizio al quale non auguro buon anno né a lui né quelli che hanno investito sul piumino, e che guardando come vanno a finire di solito le cose in Italia rischieranno di finire a loro volta spennati.
Buon anno a chi è senza lavoro, buon anno per niente a quelli che fanno i ministri e piazzano i figli a fare i super manager e poi invitano gli altri a essere più disponibili nell’accettare un lavoro.
Buon anno a tutti quelli che hanno messo alla porta i consulenti che gli insegnavano che all’estero si guadagna di più.
Niente buon anno a tutti quelli che… in Italia non si può più lavorare!
Buon anno a chi guarda al 2014, sperando che qualche cosa possa cambiare, e che si ricreino le condizioni perché le aziende possano sopravvivere e far campare chi lavora con loro, niente buon anno a chi vuole le tasse dell’Irlanda e il welfare della Danimarca.
Buon anno a chi è resistito tra mille insidie a produrre in Italia, a quelli che sono scappati no.
Buon anno a chi crede nel suo lavoro e pensa che i suoi prodotti si possono fare così bene solo in Italia.
Niente buon anno a tutti quelli che, tanto conviene produrre all’estero perché cosi si prende l’eccellenza di ogni luogo, (la scarpa cartonata vietnamita che ti fa venire delle vesciche che neanche il napalm usato dagli americani ti lasciava).
Buon anno a chi sopporta, ed è costretto a convivere con una burocrazia folle, auguri manco per il cazzo a chi le scrive tutte quelle norme.
Buon anno alle maglie di lana. Niente buon anno al 100% acrilico.
Buon anno a tutti i miei colleghi persi per strada che con il loro lavoro e le loro aziende hanno portato alla gloria il made in Italy.
Auguri per niente a chi partendo dalla fama meritata di prodotti realizzati con maestria adesso “sbologna” quantità immonde di merce fatta senza amore, senza regole e senza etica negli angoli più sperduti del pianeta.