Archivio

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Cos’è un’archivio? E soprattutto chi è l’archivista? È diverso dal collezionista e dall’accumulatore?
Se da una parte ammiro (forse addirittura invidio) chi riesce a vivere in una sorta di ascetica immaterialità, a circondarsi solo dell’essenziale senza diventare schiavo degli oggetti, dall’altra faccio una fatica tremenda a buttar via anche soltanto un post-It con la lista della spesa (Ethel ci ha disegnato su un orsetto sul water per ricordarmi di comprare la carta igienica: come si fa a far fuori l’orsetto accartocciandolo con sprezzo e condannandolo al cestino dei rifiuti?).

Negli anni ho accumulato di tutto: riviste, dischi, matite, i lookbook che mi spediscono, le bottigliette di profumo, i cartellini delle fiere a cui partecipo (mica lo fa solo il “maestro archivista” Guerrini il totem di pass), le monete antiche e straniere ricevute in eredità dal mio povero zio fabbro, i minerali di quando da ragazzino volevo fare il geologo, tutti i sassi raccolti insieme a mia figlia e che in qualche modo rientrano nella munariana categoria dei “sassi che sembrano qualcos’altro”…

Ho scritto “accumulato” non a caso. Perché poi una sorta di organizzazione razionale se la sono meritata solo pochi tra gli oggetti che ho raccolto. Quelli più preziosi, per valore effettivo, per quello culturale o per quello emozionale. Cose che hanno qualcosa da raccontare, dunque. Ed è l’organizzazione di un archivio—per quanto personale essa sia—a dare forma alla storia.

Oggi ci ritroviamo a vivere in un mondo usa&getta. Scriviamo con penne usa&getta su fogli usa&getta (sempre che qualcuno non ci disegna sopra un orsetto cagone e allora diventano inestimabili tesori). Abbiamo in tasca preziosi smartphone che però hanno una vita brevissima, subito rimpiazzati dall’ultimo modello. I nostri armadi sono pieni di abiti usa&getta, lavorati male e in fretta in qualche azienda del sud-est asiatico dove lo schiavismo è ancora terribilmente attuale. Soprattutto ci siamo abituati addirittura alla cultura usa&getta, quella piatta, a due dimensioni, che “sbocconcelliamo” qua e là 24/7 senza darci la pena di approfondire alcunché.

Rivalutare la manodopera, impreziosita dall’azione che ha il tempo sugli oggetti, sul nostro modo di usarli e sul significato che hanno per noi, oggi è quasi un atto rivoluzionario.
E in qualche modo Archivio una piccola rivoluzione la rappresenta, visto che attraverso il web darà spazio alle eccellenze, quelle note e quelle meno note, per riscoprire il valore del fare e dare massimo spazio al potere del tempo, quello che è passato e quello che hanno davanti tutti quei prodotti fatti a regola d’arte.

“Restituire il giusto tempo alla creazione del proprio stile personale” scrive Antonio Civita, mio vecchio amico, nella presentazione del progetto, tuttora in fase di lancio e al quale sto partecipando anche io, perché l’iniziativa mi ha affascinato fin da subito.
Sono diventato un Archivista e altri lo diventeranno. Forse persino tu.
Come si dice in questi casi: stay tuned.

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