Le creazioni in legno di Fars

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Qualche giorno fa è arrivato un pacco. E quando da queste parti arriva un pacco sembra l’assalto alla diligenza. Chi scende giù a firmare la ricevuta del corriere. Chi si affaccia al terrazzino a vedere un tizio in divisa e un altro tizio che firma. Chi aspetta sull’arco della porta e chiede ansioso cos’è cos’è cos’è. Immagina una serissima redazione con la segretaria annoiata che si ammira le unghie nel via vai di postini e pony express e poi dirotta la fantasia sulla versione diametralmente opposta, quella di una redazione – studio – appartamento – di tanto in tanto pure covo di bambini urlanti, con bestie da soma appiccicate davanti al computer, la caffettiera fumante, l’odore di cipolla mentre si prepara il pranzo a insaporire schermi aperti su asettiche collezioni e bozze di articoli che aspettano una revisione. Ecco, quelli siamo noi. E ci piace così. Ci piace ascoltare le chiacchiere tra i vicini giù nel cortile mentre cestiniamo inviti per aperitivi inutili, ci piace talvolta fare una partita a freccette dopo mangiato, parlare di come impostare le uscite dei giorni seguenti mentre uno o l’altra lava i piatti, recuperare una notte spesa a sfornare post al lume della cappa da cucina con una sana pennichella a metà pomeriggio.

È arrivato un pacco, dicevo. Io giù a firmare. Ethel sul terrazzino a curiosare. Mia figlia sulla porta, eccitatissima (quand’era più piccola piangeva ogni volta che qualcuno chiudeva la porta di casa e se ne andava, nonni, postini, piazzisti e omini della pizza compresi).
Sbrigata la solita trafila—tutti a turno, prendono in mano il pacco e ne saggiano il peso (con annessa risatina isterica tutte le volte che dentro a una scatola gigante saltella in libertà qualche minutissimo presente), poi qualcuno legge l’etichetta per cercare di capire chi è il mittente e all’attenzione di chi è stato spedito (ci sono le costanti: scarpe e libri a me; profumi, biijoux e champagne a Francesca, roba strana a Ethel; ma pure le anomalie: libri a Ethel, bijoux a me, ma lo champagne è sempre per Francesca)—l’ho aperto e in mezzo a un ripieno di trucioli di cartone ho trovato sepolti una locomotiva e un vagone. In legno. Lisci e massicci. Alla generica Att.ne dell’immaterial sig./sig.ra/sig.na/sora Frizzifrizzi.

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Giocattoli, dunque. Più grandi e pesanti di quel che ti aspetti quando li vedi dentro alla scatola.
C’era pure un foglio, che nel frattempo era già stato “decorato” da una bella impronta rotonda di caffè. Il foglio era stato scritto da una certa Patrizia, qualche giorno prima, a Morciano di Romagna, provincia di Rimini.
Mentre leggevo due mani in miniatura mi soffiavano il treno da sotto il naso. Mia figlia aveva iniziato a giocarci. Ethel nel frattempo, lo sguardo professionale, richiamava tutti all’attenzione e con la scusa di «prima di romperlo mettiamolo lì e vediamo di saperne di più»—ma solido com’è che vuoi che si rompa?, pensavo io—lo strappava di mano senza pietà al sangue del suo sangue.

Quando il suddetto “assalto alla diligenza”, dopo l’apertura della potenziale scatola delle meraviglie, non si smorza in una rapida diaspora—ciascuno che ritorna a quel che stava facendo: pennichella, ricerche online o ospedale degli orsetti che sia—è sempre buon segno.
Ed è un ottimo segno quando ci si sfida con sguardi di fuoco per mettere la virtuale bandierina chiamata “mio!” su qualcosa.

Per la locomotiva e il vagone per poco non ci scannavamo, affascinati dalla solida semplicità dei due pezzi. E questo ha fatto scattare il dubbio: sarà un giocattolo? Sarà un pezzo di design?
Perché in effetti “funziona” perfettamente in entrambi i casi. Le ruote ruotano, il cesto vagone è ribaltabile, i ganci che tengono attaccata la locomotiva al vagone sono robusti ma snodati e all’occorrenza si possono togliere. Non c’è neanche una vite, né pezzi di metallo. Un fantascientifico rivelatore di materia che li scansionasse rivelerebbe solo legno, legno e ancora legno.

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Quindi ci siamo decisi, finalmente, a leggere.
Il regalo ce lo ha mandato Fars, marchio romagnolo prodotto da Savoretti Arredamenti, storica impresa artigiana della zona.
Ogni singolo pezzo è realizzato e assemblato a mano (con colla anallergica) dai falegnami.
Ci sono treni, appunto, ma anche Jeep, aeroplani, ruspe, trattori, carriarmati (per quei bambini che hanno la fortuna di non avere genitori fondamentalisti pronti a esclamare “ovvove”), oltre a piccoli set di mini-giochi nonché dondoli.

Il dubbio, comunque, è rimasto. Design o giocattolo?
Noi, dopo la furiosa battaglia a base di psicologia da due soldi e sguardi decisi, abbiamo optato per una soluzione democratica. Locomotiva e vagone sono diventati un soprammobile, ma nostra figlia ha la licenza di giocarci quanto vuole. E visto che il legno è vivo, pian piano si trasformerà e avremo in casa, credo, il nostro primo pezzo di design in evoluzione.

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