Nella nuova ondata di riviste di approfondimento che negli ultimi anni ha sommerso il panorama editoriale di titoli che affrontano con l’approccio del cosiddetto long form journalism gli argomenti più disparati—dallo sport al giardinaggio, dalla cucina ai videogame, dai viaggi alle meraviglia di essere genitori hipster—mancava all’appello forse solo la scienza, finora esclusivo appannaggio di riviste iper-specializzate per soli addetti ai lavori oppure di testate di divulgazione di massa dedite alla spettacolarizzazione più o meno spinta della materia.
Nautilus nasce per colmare l’ennesima nicchia lasciata scoperta (e chissà che non ne spuntino fuori altre: racconti di viaggio scritti da ferrovieri dei regionali? Brevi saggi sul legame tra capelli sfibrati e disperate storie di vita scritte da parrucchieri appassionati di psicologia?), proponendo un punto di vista letterario su argomenti scientifici, filosofici e culturali, mantenendo alto il livello dei testi anche grazie ad un board di consiglieri provenienti dalle più importanti università americane ed istituti di ricerca pubblici e privati.
Nato lo scorso aprile grazie al finanziamento di una fondazione filantropica—la John Templeton Foundation—e fondato da John Steele, ex produttore della NBC (nella sede di Roma!), che è anche editore della rivista, Nautilus ha un nome che più azzeccato di così non si può: Nautilus, Capitano Nemo, Verne… Il perfetto punto d’incontro tra scienza, tecnologia e letteratura.
Il progetto si sviluppa con un trimestrale (il primo numero è uscito a settembre) e uno splendido sito web, entrambi giocati su una grafica molto curata e pulita e su un grandissimo uso dell’illustrazione.
Tra gli artisti che collaborano—lo riconoscerai dallo stile—c’è anche il grande Emiliano Ponzi, che qualche mese fa si è pure portato a casa il cubo d’oro dell’Art Directors Club di New York.






