Lo schema Ponzi

Sono quasi dieci anni che Emiliano Ponzi si porta a casa (più che meritati) premi internazionali per il suo lavoro d’illustratore. Lo scorso aprile è stata la volta di uno dei più prestigiosi riconoscimenti a livello mondiale, l’ADC Gold Cube, consegnato ogni anno dall’Art Directors Club di New York alle agenzie e agli artisti più meritevoli. Il cubo d’oro è arrivato grazie alle copertine dei libri di Charles Bukowski realizzate da Ponzi per Feltrinelli, sotto la direzione artistica di Cristiano Guerri e la direzione editoriale di Fabio di Pietro. Per la stessa serie di lavori l’illustratore reggiano aveva già vinto, a gennaio, la medaglia d’oro della Society of illustrators NY.

Per gentile concessione dell’ADC Magazine pubblichiamo qui l’intervista uscita qualche settimana fa sul terzo numero della rivista ufficiale dell’associazione newyorkese, che a Ponzi ha dedicato anche la copertina.

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ADC: Dicci qual è il processo intellettivo che c’è dietro alla creazione delle tue copertine per i libri di Bukowski. Ti sei letto tutti i libri?

Ho iniziato a leggere Bukowski quando avevo 16 o 17 anni, un’età in cui gli adolescenti sono attratti dal fascino del proibito. Bukowski era il re dei ribelli, andava contro il sistema, perso nella sua auto-distruzione e in un mare di bevute. Il suo mondo sembrava una sorta di paese delle meraviglie in cui l’unica linea guida era seguire l’istinto; un mondo senza regole eccetto, forse, indossare biancheria di tanto in tanto. Mi sorprese molto scoprire che la distanza tra le sue storie e la sua vita quotidiana era in effetti molto sottile. Nelle sue opere finzione e realtà si mescolano.
Questo ha significato, per me, tanta ricerca su molti livelli: ricerca sul suo abbigliamento, sul suo atteggiamento e sulla gestualità, i posti che frequentava, i colori degli anni ’70, come vecchie Polaroid. Ho iniziato con alcune parole-chiave per ciascuna immagine: parole come ‘irriverenza’, ‘alcool’, ‘puttana’, ‘sesso facile’, ecc.
L’opera di Bukowski è molto più complessa di ciò che potrebbe sembrare ad una prima impressione. Oltre all’alcool, alle donne e alle oscenità, c’è la sensibilità di un sorprendente poeta e romanziere, capace di catturare gli istinti e le emozioni primarie dell’uomo. Il mio obiettivo era combinare le sue emozioni interiori con l’ambiente e il sostrato in cui le sue storie si svolgono.

Charles Bukowski, Musica per organi caldi, Universale Economica Feltrinelli, 2012
Charles Bukowski, Musica per organi caldi, Universale Economica Feltrinelli, 2012

ADC: Puoi parlarci del processo artistico che hai seguito per creare le copertine?

Per Musica per organi caldi ho iniziato disegnando un edificio in bianco e nero e un uomo, fuori, che vomitava in un angolo del parcheggio.
Dopo un po’ di prove ho iniziato a sentire che mostrare Bukowski vomitare potesse essere troppo forte, troppo esplicito e, forse, troppo didascalico. Il palazzo si è trasformato quindi in due strisce di luce al neon, un’insegna ‘Diner’ e qualche finestra. Bukowski è diventato una figura nuda con un mantello che svolazza sulle sue spalle… Tutte le auto sono state ridotte a veicoli generici per creare una sorta di pubblico per il nostro personaggio, intento ad esibirsi nella commedia di un’altra notte d’ubriachezza.
Credo che il succo della comunicazione non stia nella sovrabbondanza di oggetti e dettagli. Bisogna focalizzarsi su un unico messaggio, diretto. Il mio scopo è quello di rappresentare una versione “semplificata” della realtà che sia però piuttosto distante da una “semplice” versione di essa. Nel processo di semplificazione tutta la complessità e le specificità più significative sono mantenute, ma trasformate in icone.

ADC: Sei stato sorpreso dai feedback che hai avuto dalla comunità creativa riguardo alle copertine? Sono stati tutti così positivi come sembrano?

Dalla mia esperienza con il mercato americano so che si deve essere molto cauti nel mostrare nudità o immagini esplicite. Sapevo che le illustrazioni sarebbero state accettate in Europa e sono stato felice di scoprire che pure negli Stati Uniti sono state accolte con calore. Vincere l’ADC Gold Cube, poi, è qualcosa che non potevo nemmeno immaginare. Ho avuto davvero un impeto d’emozione, uno di quei momenti che ti ripagano per tutto l’impegno che hai sempre messo in quello che fai, al meglio delle tue capacità. Sarò orgoglioso di questo premio per molto tempo.
Le copertine hanno avuto feedback molto positivi—eccetto da una persona. Un importante art director, un amico, mi ha detto che ho messo troppi dettagli. Ho trovato piuttosto divertente il modo in cui le ha descritte: «Sai, Bukowski qua è troppo piccolo per mostrare pure il suo coso…»

ADC: Come descriveresti l’idea di artigianalità nel tuo lavoro?
Emiliano Ponzi L’artigianalità è rappresentata dalla pazienza che bisogna mettere nel fare e disfare, aggiungere e togliere per arrivare dritto al punto. In questo senso trovo sempre ispirazione nelle parole di Michelangelo Buonarotti: «Ogni blocco di pietra ha una statua dentro di sé ed è compito dello scultore scoprila».

© ADC Magazine

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