#Fotosociality | Inuit

C’è chi canta, i cani che abbaiano, il tintinnio dei bicchieri dai tavolini del bar in piazza Verdi e quello delle bottiglie di birra di chi inizia la serata seduto in cerchio davanti ai portici. C’è il viavai di studenti che la prima volta che arrivi a Bologna ti viene da sgranare gli occhi a trovarti tra centinaia e centinaia di 20enni e 30enni che come seguendo la fisica dei fluidi scivola per le vie della zona universitaria, si ammassa nelle piazzette e davanti ai locali, entra e esce dalle porte, sgocciola via di nuovo per strada, tra l’odore dei kebab e tutti i dialetti e le lingue che riesci a immaginare. Gente che vuole venderti cose, gente che ti chiede cose. Sigarette, biciclette, venti centesimi, qualcosa per passare la serata. E ancora cani.

La zona di Piazza Verdi è così—croce e delizia di una città che grazie ai treni che sfornano ogni anno nuove matricole rimane sempre giovane ma che, pure, non sa invecchiare e vive nella nostalgia di una Bologna che non c’è più (e forse non è stata mai). Dalla piazza, andando nella direzione di una più tranquilla e borghese via San Vitale, c’è via Petroni. Che sa di curry e di vino, e di gente e di vita. Proprio in mezzo alla via (n.19c, per l’eventuale pigrone indolente che non ha voglia di arrivare in fondo all’articolo), un piccolo spazio dal nome glaciale, pieno di libri e di stampe e di cose, pochi metri quadri dove l’ordine regna sovrano e ogni metro quadrato è ad altissima densità di creatività e di ricerca. Benvenuti da Inuit, il paradiso delle autoproduzioni e della microeditoria.

Sono qui per la seconda tappa di un tour di reportage ed interviste realizzate con il supporto di Samsung e della sua nuova Galaxy Camera, nell’ambito del progetto Fotosociality. Entro ed incontro Marco Tavarnesi ed Alessandro Palmacci, due dei ragazzi che hanno fondato Inuit. Mentre entrano ed escono clienti, Marco mi racconta la storia del negozio, che è anche e soprattutto un’associazione culturale e che a sua volta è pure editore indipendente, organizza workshops e mostre, fa attività di stamperia.

Negozio ed associazione prendono il nome dall’omonimo popolo artico: nella loro lingua, in via di estinzione, “inuit” significa “uomini”, ma nel senso di “noi”, contrapposto a loro, tutti gli altri. Un nome azzeccatissimo, quindi, che riassume perfettamente la visione di un gruppo di giovanissimi che puntano tutto sulla qualità, sulle piccole tirature e su una ricerca che si tiene sempre ben alla larga da tutto ciò che è semplice e facilmente raggiungibile.

Ciao Marco. Iniziamo dalle “fondamenta”. Cos’è Inuit?

Inuit è una libreria ma soprattutto è un’associazione culturale fondata da studenti ed ex-studenti dell’Accademia di Belle Arti di Bologna. Tranne me, che invece non ho mai frequentato l’Accademia…
Quello che ci accomuna davvero tutti, però, è che veniamo ciascuno da esperienze di autoproduzione. Per anni abbiamo fatto e continuiamo a fare autoproduzione di fumetti e fanzines. Quindi avevamo già tutti una certa esperienza del settore, avendo pure frequentato e partecipato a diversi festival europei ed italiani.

Quando è nato il progetto?

Durante Lucerna 2011 [il Festival del Fumetto di Lucerna, nel settore, è il più importante d’Europa, ndr]. Eravamo lì ed abbiamo visto tante di quelle cose interessanti che da noi non arrivavano che con i ragazzi ci siamo detti: «Proviamo a portarle noi in Italia queste pubblicazioni». In due mesi abbiamo fondato l’associazione, trovato e messo a posto lo spazio, ed abbiamo aperto.
Anche se veniamo tutti da altre regioni abbiamo scelto Bologna perché in quanto a fumetto e illustrazione è questa la città, nel nostro Paese, dove bisogna essere. Probabilmente—e lo dico senza intenzioni polemiche—anche più di Milano, dove ho studiato e che ho avuto modo di conoscere. Milano è un posto pieno di opportunità, ma è tutto più legato al business. Qui c’è un’atmosfera più “rilassata” e un interesse forse un po’ più genuino.

Quanti siete?

Siamo partiti in 15. Ora siamo di meno.
A lavorare qui dentro siamo in due, con l’aiuto di un altro ragazzo che fa l’Accademia. Gli altri vivono fuori regione e vengono solo per gli eventi più grandi, ad esempio durante festival come il BilBOlBul o la Fiera del Libro per Ragazzi, per dare una mano.

Avete avuto pubblico fin da subito?

Non so ancora come e perché ma all’inaugurazione sono arrivate più di 300 persone…

In pratica avete occupato la via.

Prima dell’apertura la notizia è uscita pure su diversi quotidiani, senza che noi inviassimo alcun comunicato. Ma credo che per questo dovremmo ringraziare Hamelin, l’associazione che organizza il BilBOlBul e che ci ha aiutati fin da subito.

Magari il pubblico aspettava da tempo che aprisse un posto come il vostro.

Può essere. Prima di aprire abbiamo pensato alle realtà già esistenti proprio per evitare di sovrapporci o di calpestare i piedi a qualcuno.
Cito ad esempio MODO Infoshop, eLaSTiCo… Ciascuno ha la propria specificità. eLaSTiCo è più improntato sull’underground, sulla musica e sugli eventi live. MODO Infoshop è una libreria che pure organizza tanti eventi culturali e che ha al suo interno uno spazio per i fumetti indipendenti.
Noi invece ci siamo detti: «Facciamo una libreria completamente di fumetti indipendenti». E solo dopo ci siamo resi conto in che pazzia ci fossimo cacciati!
Comunque siamo felici della nostra scelta. Abbiamo deciso di promuovere—oltre che le autoproduzioni italiane, sicuramente più semplici da vendere—anche quelle straniere, per portare al nostro pubblico qualcosa di nuovo e difficile da trovare. Ci piace pensare che mettendo in mostra e tenendo in libreria artisti che hanno altri stili e altre mentalità rispetto alle nostre si possano dare stimoli anche agli artisti locali. Bisogna dire però che in questi ultimi anni in Italia c’è stato un incredibile innalzamento nella qualità delle autoproduzioni, grazie soprattutto a internet e alla possibilità di vedere cosa si fa, cosa si crea nel resto del mondo.

Immagino sia una ricerca continua.

Sì, non ci si può fermare mai. Internet aiuta molto ma ci siamo resi conto che lo scouting vero e proprio puoi farlo solo durante i festival perché tante realtà, interessantissime ma molto piccole, sarebbe altrimenti molto difficile scovarle: magari non hanno un sito vero e proprio o fanno pochissime copie e non hanno voglia di far foto, di scrivere i post per promuoverli…

Quindi la rete, nonostante sia una finestra privilegiata su questo mondo, comunque non basta?

Infatti. Ed è quasi incredibile se pensi che poi la maggior parte delle autoproduzioni e delle realtà di microeditoria sono in mano a giovani e giovanissimi, quasi tutti “nativi digitali”.
Ma è pur vero che se anche vedi le foto di una rivista su Instagram o su un blog, poi devi sfogliarla prima di decidere se tenerla o meno in libreria.
Quindi i festival come Lucerna o Angouleme per noi diventano importantissimi perché andiamo lì sia per promuovere noi e le nostre autoproduzioni, sia per far vedere le pubblicazioni che teniamo in negozio. E al contempo per stringere nuovi contatti con altri autori ed editori. Che poi a loro volta, per passaparola ci consigliano altre realtà.

[Durante l’intervista alcune ragazze guardano, prendono, sfogliano riviste e fanzines. Se, come sui siti web, si potessero avere le statistiche di ogni utente/cliente si scoprirebbe che da Inuit chi entra rimane per molto, curiosando tra gli scaffali, sfogliando di tutto, chiedendo pure informazioni e consigli, quasi come se lo spazio ristretto e allungato del negozio riuscisse a creare un’atmosfera a metà tra salotto e biblioteca. E in effetti l’esperienza utente si avvicina molto a quella che avresti ficcanasando tra i volumi della libreria di un amico.]
Il profilo del vostro cliente abituale?

Abbiamo diversi clienti fissi ma tanti sono di passaggio. Capitano qua per caso o magari hanno letto di noi su qualche rivista o sito e vengono appositamente. Sicuramente entrano tanti stranieri, che si fermano e in media acquistano più degli italiani. Sono anche più abituati a questa tipologia di libreria, che in altri Paesi—penso a Londra o Parigi o Berlino—è molto più diffusa che da noi.
Fin dall’inizio comunque abbiamo cercato di dare volutamente alla libreria un’immagine più “leccata” e più ostica di quanto non lo siamo noi, questo per far passare fin da subito il concetto che c’è dietro ad Inuit: grandissima ricerca e tanta selezione. Vogliamo quindi rivolgerci a clienti interessati proprio a questo, in modo da dare maggior valore ai libri che ci sono qua dentro. In un anno e mezzo abbiamo visto che i clienti hanno capito e apprezzato il nostro tipo di scelta.
Ora abbiamo un catalogo di pubblicazioni enorme. E ci scrivono da tutta Italia per chiedere un fumetto o una fanzine.

Avete anche un negozio online?

Per ora no ma in realtà ci stiamo lavorando perché c’è richiesta. Ad esempio su Facebook ci scrivono in tanti per sapere se spediamo i volumi che abbiamo in libreria. Il fatto è che, sì, si potrebbe andare pure alla fonte ed acquistare direttamente dagli editori o dagli artisti, ma molti non hanno un negozio online oppure se arrivano dall’estero le cose possono complicarsi di molto per via della dogana e dei costi di spedizione.
Lo shop online è già pronto ma dobbiamo prima organizzarci a livello di magazzino, fotografare tutti i prodotti (visto lo spazio non sembra ma sono oltre 1600) ed inserire una sorta di “quarta di copertina virtuale”, un testo divulgativo dove descriviamo la pubblicazione.

Artisti e fanzinari possono venire qui o contattarvi via mail o su Facebook e proporvi i loro lavori?

Per noi è un’attività quasi quotidiana prendere delle copie in visione. Poi, in base al pubblico che abbiamo e al prezzo che stabilisce l’autore decidiamo se tenerle e metterle in vendita o meno. Quando ci portano qualcosa pensiamo subito a come potergli dare il giusto spazio, sia in libreria che all’interno dei festival, dove portiamo parte del nostro catalogo in esposizione e in vendita (ad esempio durant Fruit, che tra l’altro inizia domani, gestiremo uno stand insieme a Studio Fludd) e quindi libri di dimensioni troppo grandi non ne prendiamo, come pure i libri d’artista, che essendo di solito fatti a mano e in tiratura limitatissima hanno prezzi molto alti.

Avete anche riviste letterarie?

Non siamo specializzati in quel settore e ne esistono tantissime, quindi no. Però quelle “contaminate” da illustrazione e fumetto le abbiamo. In quel caso facciamo una selezione ancora più accurata e puntiamo sulle migliori che il panorama italiano abbia da offrire, come Watt o The Milan Review (che ci arriverà presto): sono a tutti gli effetti degli “oggetti-libro”, che hanno dietro una cura e una ricerca notevoli.
Poi abbiamo anche riviste più improntate sulla grafica, come ad esempio Bolo, con cui stiamo anche iniziando a fare delle collaborazioni.
Oltre all’editoria la libreria tratta anche stampe d’autore, piccoli oggetti artigianali ed ora stiamo appena iniziando a muoverci anche in ambito musicale, proponendo ai nostri clienti vinili e cd di gruppi e progetti indipendenti che comunque abbiano a che fare con l’illustrazione, la grafica ed il fumetto. Quello musicale non è un settore nel quale siamo particolarmente ferrati, lo ammetto, ma ci stiamo lavorando su, armati di buona volontà!

[Marco mi fa vedere il vinile di una fumettista. Lei la conoscevano già ed hanno in negozio alcune sue pubblicazioni. In pratica i libri e le autoproduzioni che tengono in libreria sono il potenziale aggancio per tutta una serie di attività, potenzialmente illimitate: la selezione, però, è sempre molto coerente, tutt’altro che generalista.]

[Da fuori arrivano delle urla. Anzi no, stanno cantando. Dei ragazzi hanno fatto un bivacco con zaini e coperte sotto al portico, giusto di fronte alla porta del negozio. Tra bottiglie di birra, cani e cartoni di vino, tirano fuori un mazzo di carte e iniziano a giocare. Questa è via Petroni. Prendere o lasciare.]
A proposito di… [indico fuori]. Com’è stare in questa zona?

Direi che ci troviamo bene. In effetti qualche problema che ci ha fatto un po’ storcere il naso l’abbiamo registrato ma solo all’inizio, quando abbiamo avuto qualche dissapore con il “popolo di via Petroni”. In tanti sono venuti a “curiosare”, diciamo così. Si mettevano a vendere le bici davanti alla nostra porta… Ma più che altro perché eravamo nuovi. Dovevano ancora conoscerci. Poi si sono abituati ed ora per loro facciamo parte del paesaggio della via, esattamente come un negozio di kebab.

So che durante i festival fate anche mostre. È un’attività continuativa? Le fate anche il resto dell’anno?

Proprio in questi giorni si concluderà la mostra dell’artista tedesca Sharmila Banerjee poi avremo Philip Giordano, una piccola esposizione di stampe serigrafate e litografie.
Vorremmo avere un’attività espositiva continuativa ma per ora le mostre le abbiamo organizzate solo durante gli eventi bolognesi più importanti per quanto riguarda fumetto e illustrazione.
Abbiamo fatto anche degli workshops, collaborando con un locale qua vicino, il Ratatà, che ha ospitato i nostri laboratori. In futuro pensiamo di farne molti di più. Per questo stiamo contattando altre realtà bolognesi interessanti.

Se non ricordo male quando ci siamo conosciuti—e mi hai quasi spaventato per la tua conoscenza quasi enciclopedica del mondo dell’autoproduzione e dell’illustrazione, non c’era nome che non sapessi, riviste che non conoscessi, oltre a tante che non conoscevo io! Tornando a noi: in quell’occasione mi raccontasti anche di un laboratorio serigrafico…

Esatto, abbiamo un laboratorio in Toscana. Facciamo serigrafie ma anche risograph. Abbiamo collaborato e continuiamo a collaborare con diverse realtà, ad esempio le ragazze di Studio Fludd, per cui realizziamo poster, inviti, borse, quaderni, packaging.
Ma ne facciamo anche per artisti, su loro richiesta o su nostra proposta, oltre ovviamente alle nostre autoproduzioni.
Abbiamo iniziato a lavorare pure con Zoo, dove sei stato la settimana scorsa.

In conclusione credo che quello che vi servirebbe davvero, visto tutto quello che fate, è avere un posto più grande dove poter mettere tutto assieme, libreria, stamperia, studio, spazio per mostre e laboratori…

Siamo fiduciosi. E sempre “in progress”. Fin troppo!
Qui ogni mese è differente.
Attualmente tra le altre cose abbiamo, come microeditoria: Nobrow, Fremock, Canicola, Orang Magazin e Watt.
Come autoproduzioni straniere: Le Dernier Cri, Arbitraire, Kuš!, Salmiak Comics e Biografiktion.
Infine, come autoproduzioni italiane: Inamorarti, Mammaiuto, Teiera, Stranedizioni, Bolo, Studio Fludd e (ovviamente) Inuit.
Venite a trovarci a Bologna, in via Petroni 19c (mappa), su Facebook o sul sito inu-it.com

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