photo by Simone Sbarbati (di una foto "by K-MB)

How can design recharge our city? | vedere Berlino in sella ad una smart ebike

photo by Simone Sbarbati (di una foto "by K-MB)

Che ci faccio in sella ad un bici con un branco di pazzi come me che, caschetto in testa, affrontano il freddo gelido di una Berlino grigia e autunnale (come ti aspetti che sia, dopotutto)? Con la pioggia che va e viene, le borse piene di roba – macchine fotografiche, registratori digitali, blocchi per appunti, sciarpe di riserva, fazzoletti da naso, sali minerali per riprenderti da eventuali post-sbornia che tutti hanno messo in conto già prima di partire – e una mappa, approntata con teutonica efficenza e precisione certosina dai nostri ospiti, che minaccia chilometri da macinare, il classico chi me l’ha fatto fare? che in testa risuona in loop come il ritornello di un pezzo pop facile facile (difatti dopo la prima ora in sella inizio davvero a canticchiare tra me e me, per darmi il ritmo: chi / me / l’ha fatto / faaaaaareee), ma c’è una città da scoprire e vuoi mettere farlo sulle tue gambe, snobbando macchineaziendalitaxiautobusmetro, con l’agilità di chi sale e scende in un minuto dal sellino, va, scopre, fotografa, chiede, si fa raccontare, appunta e di nuovo via, tra piste ciclabili, marciapiedi, semafori, lunghe file di auto da superare in scioltezza, sotto ai piedi la potenza di una bici elettrica che agli stop ti dà lo scatto di un androide, mentre i ciclisti “normali” ti guardano sorpresi prendere il largo e gli automobilisti si girano con le facce smarrite di chi si è appena visto superare da una bizzarra versione hipster dell’Uomo da 6 Milioni di Dollari… e sembra quasi di sentire il chchchchchch ad ogni falcata.

photo by K-MB

Per chi come me non l’ha mai provata prima, salire sopra ad una bici elettrica è un’esperienza straniante: ti dai la spinta esattamente come su una normalissima bici solo che il motore elettrico potenzia ogni pedalata con un vigore che percepisci immediatamente come artificiale. Ma un artificiale che ti riempie di baldanza e ti fa sentire come si sentirebbe un normalissimo “uomo medio” che, indossata una tuta speciale, si ritrova d’improvviso la forza di un Iron Man. E a quel punto ti metti a “giocare” con le velocità per sentire la differenza tra la tua versione normale (che fatica) e quella super (che sfreccia via col vento in faccia) e – come in una metafora della vita – ti sembra di vederti dall’alto rallentare e ripartire, rallentare e ripartire, prima di scegliere definitivamente la versione super: lì, nel micro-mondo del trip berlinese, ti hanno messo tra le gambe i super-poteri (che detta così…) e vuoi sfruttarli finché puoi, dato che nel macro-mondo della vita vera non capita tutti i giorni di averne la possibilità.

photo by Simone Sbarbati

La bici in questione, che è pure uno dei due motivi del viaggio, è la smart ebike (qua la pagina facebook, qua un video che parla della bici), gioiellino della tecnologia e del design (proprio quest’anno ha vinto il famoso reddot design award, ma se devo essere sincero per le due ruote preferisco modelli ben più spartani) che grazie ad un motore elettrico da 250 watt, che ricarchi pedalando (quello devi farlo comunque, non è un motorino), riesce ad eliminare del tutto lo sforzo e a mandarti fino a 25km/h. In realtà sarebbero di più ma come nelle auto c’è un limitatore “anti-pazzia”, visto che si tratta di una city-bike e non di un modello da corsa.
Le tre marce a disposizione ed i quattro livelli di potenza del motore (uno dei quali consiste nello “spegnere” l’aiuto elettrico per pedalare normalmente e ricaricare le batterie) bastano e avanzano per fare di tutto, salite comprese, che sarebbero altrimenti difficoltose visto il peso della bici, ben 26kg. Peso che comunque non è difficile da fermare una volta preso il via, i freni infatti sono incredibili, pure troppo, e c’è bisogno di un po’ di pratica per rallentare in maniera morbida, senza inchiodare all’improvviso.

photo by Simone Sbarbati

Abituarsi ad un mezzo mentre contemporaneamente cerchi di goderti il panorama e allo stesso tempo devi pure seguire un itinerario già prestabilito, in una città che conosci più che altro attraverso spostamenti a piedi o in metro, può essere complicato. E finisci per perderti qualcosa. Forse troppo.

In sella alla bici continui a scattare foto mentali di una meravigliosa Berlino che scorre via davanti ai tuoi occhi mentre vorresti fermarti ad ogni angolo e catturare quella luce, immortalare quella scena, ficcare in un rettangolo 3:2 le linee di una città di cui sei sempre stato innamorato, l’atmosfera di decine di “epifanie da turista” in cui ti imbatti strada facendo consapevole, ad ogni incrocio, ad ogni svolta, ad ogni rettilineo sul quale lanciarsi ai fatidici 25km/h, che potrai riportarteli a casa solo come un pacchetto completo, la summa mentale dei tanti piccoli momenti che ogni appassionato di fotografia vorrebbe invece confezionare in piccoli pacchettini formato immagine. E rimpiangi la fotocamera da action-sports da attaccare al caschetto che hai lasciato a casa.

Ma tant’è.
Il mood della giornata è correre, com’è giusto che sia, tra le tappe che i nostri organizzatissimi ospiti hanno approntato per noi (chi, se non un’agenzia tedesca, ti dà in consegna una mappa personalizzata con il tuo nome?), alla scoperta di una manciata di giovani realtà disseminate per Berlino che ne rappresentino lo spirito creativo.

E qua passiamo al secondo motivo del viaggio: Bettery Magazine (qua la pagina facebook), nuovissimo sito lanciato proprio da smart ed online da appena qualche settimana. Un magazine che già dal titolo gioca con i termini better e battery, per ribadire il focus sul concetto di “ricaricare la città” attraverso il design e la creatività, con una serie di notizie, reportage ed interviste su tutto ciò che possa fungere da batteria per lo spirito urbano di Berlino come di New York, di Zurigo come di Venezia, di Londra come di San Paolo.

La nostra missione, lì a Berlino, è cercare di capire cosa i progetti che di tappa in tappa andiamo a scoprire possano dare alla città in cui hanno scelto di svilupparsi e come sfruttano il dare/avere tra di essi ed il contesto urbano nel quale sono inseriti.

Il viaggio inizia dal piazzale di un hotel tipicamente berlinese, il Weinmeister (un “guscio” pieno di graffiti vs. interni impeccabili, linee pulite, enormi finestre che illuminano la stanza di quel tipico, nordico grigio-argenteo), dove facciamo pratica – io ed i colleghi di altri blog e magazine online di mezza Europa – in sella alle nostre ebike, rischiando non pochi scontri ad iper-velocità già prima di partire, prima di filar via in una solo apparentemente ordinata fila su ruote, tra mini-sfide di velocità che iniziano fin da subito e finiscono solo quando vengono a “ritirarci” con un pulmino e ci portano via, con nostro sommo dispiacere, i nostri mezzi.
Solo a leggerlo nel programma, il tour sembra organizzato nel paese dei balocchi piuttosto che in una città vera e propria: stiamo andando a vedere un palazzo pieno di agenzie, showroom, studi fotografici; un vecchio sanatorio trasformato in spazio sociale e galleria; un loft che è un po’ negozio, un po’ showroom e un po’ bar/ristorante e sembra un riassunto di tutti gli stereotipi del loft berlinese che puoi esserti immaginato in vita tua; un emporio/bar dentro ad un autobus; un business fatto di cabine per fototessere analogiche; un ristorante in un appartamento (ne parla su Bettery Magazine una delle mie compagne di viaggio); una conferenza che riunisce alcuni tra i migliori “service designers” del pianeta.

Ce n’è per parlarne per giorni. Cosa che farò, visto che ciascuno di noi blogger (o giù di lì) ha adottato una delle tappe in questione e ne ha scritto un pezzo(ne) che verrà poi pubblicato insieme agli altri su Bettery Magazine.
Io ho adottato Photo automat, la cabina per fototessere. Ma non mancherò di parlare pure degli altri (uomo avvisato…).

photos by Photo automat
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