moi ed Eme di ecosistema urbano | photo courtesy of smart urban stage
Inizio dalla fine, con me che guardo dal finestrino dell’aereo i grattacieli di Francoforte che diventano piccoli come in un plastico di architettura o di urbanistica, il braccialettino smart urban stage ancora al polso, unico resto visibile – insieme ad un bel paio di occhiaie – di una serata che non ho nessuna fretta di togliermi di dosso. Anzi, fosse stato per me sarei andato da mrs.smart in persona, Annette Winkler (tra l’altro: gran personaggio, con una mimica e una gestualità da commedia sofisticata a là Billy Wilder), per convincerla di lasciar tutto così com’è, di iniziare a lavorare subito ad un altro smart urban stage con tutti quelli che hanno partecipato alla serata: via sul pullman, si va a Firenze, Varsavia, Manchester… facciamoci tutta Europa e non lasciamoci più.
Perché non mi è mai capitato, giuro, di passare una serata che sulla carta avrebbe potuto essere semplicemente “di rappresentanza” – di quelle dove la maschera sociale è d’obbligo e te ne torni a casa con le tasche piene di biglietti da visita e nient’altro (e puoi giurarci che ne ho visti di eventi così), di quelle in cui fanno milioni di foto per mostrare al mondo che ti sei divertito più di quello che effettivamente è stato (leggiti Disneyland e altri non-luoghi di Marc Augé), di quelle, insomma, in cui metti in conto di andare giusto per farti un po’ di pubblicità e soprattutto bere e mangiare a scrocco – e invece è stata la conferma finale di quanto vado sostenendo da tempo: gli eventi tra soli simili – modaiolo/modaiolo, accademico/accademico, punkabbestia/cane – non funzionano. Lunga vita a quelli trasversali.
Frank di iHeartBerlin.de | photo courtesy of smart urban stage
E solo dei tedeschi (vai in un museo a Berlino e dàmmi ragione) potevano pensare di mettere insieme professori, architetti, artisti, ingegneri e blogger da tutto il continente, per ore ad alta densità di conversazione nella sola ed unica lingua universale, quell’inglese che potevi ascoltare in decine di varianti più o meno scorrette e accidentate. Ma diavolo come scorreva, poi, quando trovavi la persona giusta a cui raccontare i fatti tuoi, e viceversa.
Che poi, altro motivo per festeggiare, il progetto che accompagnavo io – Calle de Diversion, del sociologo potentino Pasquale Passannante e dell’architetto venezuelano Rafael Machado – ha vinto il secondo premio, mentre lo smart future minds award è andato al progetto inglese The People’s Supermarket, che si è portato a casa l’ormai celebre smart fortwo electric drive.
Chilly Gonzales | photo Frizzifrizzi
E intanto si parlava e parlava – dopo mezz’ora tutti vecchi amici – di telefilm francesi e architettura orientale, ricette di dolci alla frutta e fisica spicciola, qualità e quantità, scrittori post-moderni, John Turturro ne Il Grande Lebowski, vivere con pochi soldi e i misteri dell’Iran, gestire i collaboratori (questo, discorso riservato ai bloggers), non avere la patente e vivere lo stesso felici, esser chiamato ritardato solo perché sei dislessico, rubare casse di champagne e farla franca (è rimasto solo un progetto). Devo continuare? Vorrei. Ma poi ti è accorgi che è finita quando dici a qualcun’altro, abbracciandolo con la malinconia di chi sa che poi non sarà affatto la stessa cosa: tanto ci sentiamo su Facebook…
Già, Facebook.
Ora tocca a te (che a me vien da piangere): clicca sul widget qui sotto e vota il progetto che preferisci – il mio già lo sai.
Potrai vincere una smart ebike!
la vincitrice Kate Bull (proj. The People’s Supermarket) premiata dalla giuria | photo Frizzifrizzi
Raphael Machado e Pasquale Passannante (proj. Calle de Diversion) | photo Frizzifrizzi
i progettisti e la giuria | photo Frizzifrizzi
Gianfranco Pellegrini (proj. Tina – la caldaia che non inquina) | photo Frizzifrizzi
Raphael Machado (proj. Calle de Diversion) | photo courtesy of smart urban stage
Chilly Gonzales | photo courtesy of smart urban stage
Gianfranco Pellegrini, (ho una pessima memoria per i nomi e non è taggata su facebook), Gabriele Infranca di CocaColla, Maximiliane Meissner di Blend, Nabil Nadifi di Hype Ain’t Sh*t, moi | photo courtesy of smart urban stage
progettisti e bloggers | photo courtesy of smart urban stage
photo courtesy of smart urban stage