Della mia mania di tastare (textures, non culi) non faccio misteri.
Dammi un negozio di vestiti ed io sarò lì a fare frusc frusc con le dita su ogni capo, dammi uno scaffale di libri e sentirai le mie unghie grattarne i dorsi in bella mostra, dammi un piatto misto di salumi e rimarrai a bocca asciutta, ché dopo aver saggiato la grana di ogni fetta per te non rimarrà più niente da mettere sotto i denti, caro il mio ignora-textures.
Smettila di guardare il mondo da uno schermo e inizia ad allungare le mani. Accarezza ogni cosa come fosse la spalla del tuo uomo o la tua donna. Mettici il naso, ché oltre al tuo mirino al centro della faccia, che ami piazzare davanti a una distesa di piatti pixel, c’è un mondo di roba soffice, calda, liscia, dura, friabile, appuntita, appiccicosa, setosa, elastica, pelosa.
La textile designer francese Marie Rouillon è d’accordo con me e con la pazienza di una maestra d’asilo che vuol insegnare la tattilità ai suoi bimbetti si è messa a realizzare tazze, interruttori e maniglie, differenti l’uno dall’altra, per mostrarti che Re Mida in fondo era un povero sfigato e il vero oro è poter toccare le infinite varietà di materia che ti trovi davanti ogni giorno.