The book is on the table | Crazy Friend

CRAZY FRIEND – Io e Philip Dick
di Jonathan Lethem
Minimum Fax 2011 | Amazon

La fantascienza è “scrausa”.
Difficilmente riuscirai a conquistare la ragazzina della 3ªA se le parli di galassie lontane e uomini verdi e le snoccioli nomi di autori che per lei non sarebbero più comprensibili di un’equazione logaritmica. George McFly docet.
La fantascienza, una volta che hai afferrato questo, te la tieni per te. Un segreto prezioso. Un universo fatto di universi creati da altri che, una volta che ci entri dentro, modifichi irrimediabilmente nello stesso modo in cui loro modificano te.
Dopotutto la fantascienza la scopri da ragazzino, nei momenti di passaggio (difficilmente troverai veri appassionati che hanno iniziato, all’improvviso, a quarant’anni), quando il corpo cambia come quello di un alieno, la voce sembra quella di qualcun altro e i tuoi pensieri corrono rapidissimi e insensati sbattendo sulle pareti del cervello, quasi posseduti da un virus che viene da un altro pianeta. Poi arriva l’esplosione atomica: il marasma adolescenziale delle superiori fatto di odio cieco, mania di persecuzione, lotte quotidiane con il mondo e neuroni in preda allo sballo più totale, ed è lì che incontri, quasi ti avessero cercato loro, i vari Dick, Ballard, Disch, Lem, Delany e Zelazny (nel frattempo la ragazzina di 3ªA non sente altro che log-qualcosa fratto qualcos’altro…) e dall’outer space di omini verdi e lune lontane passe all’inner space delle menti controllate dalle droghe (che nel frattempo probabilmente non disdegni affatto), dell’alienazione umana e della paranoia.

Per Jonathan Lethem, genietto della letteratura post-moderna (di lui ho già parlato qui), Philip K.Dick è stato formativo come la marijuana ed il punk-rock. Parole sue. E negli anni l’ha inseguito (e mai raggiunto), collezionato ossessivamente, affannosamente difeso (Dick, molto banalmente, lo ami o lo odi: se lo ami gli perdoni le contraddizioni, lo stile non sempre avvincente, quando non addirittura disastroso; se lo odi hai una riserva di armi critiche per smontare la passione di quelli come Lethem, e come me. Ma noi non ti ascolteremo, proprio come la tizia della 3ªA), ne ha tratto ispirazione e reso protagonista di saggi e racconti, come quelli finiti nella raccolta Crazy Friend.

Il volume della Minimum Fax, lettura non indispensabile per entrare nel mondo di Lethem – per quelli ci sono romanzi, racconti e soprattutto l’autobiografico (dolce, triste e spassosissimo) Memorie di un artista della delusione – è invece un vero tesoro quando si tratta di orientarsi nell’immensa produzione dickiana, piena di capolavori imperfetti come di perfette schifezze, che dopo anni nell’ombra, relegata nelle edicole con la serie Urania e accompagnata da pessime traduzioni, è arrivata per la prima volta sotto ai riflettori della letteratura di serie A, sia negli Stati Uniti che qui in Italia, con una serie di ristampe che sono andate a coprire l’opera omnia dell’autore californiano senza fornire uno straccio di bussola ai lettori, mettendo sullo stesso piano (e scaffale) libri indimenticabili, opere mediocri e disastri fatti di parole.
Crazy Friend è quella bussola. E molto altro. Soprattutto una dichiarazione d’amore per uno scrittore che in vita ne ha avute ben poche, uno che rivoluzionando la fantascienza credeva di riuscire a ritagliarsi un suo spazio anche nella letteratura mainstream, dalla quale invece è stato sempre rifiutato mentre era ancora in vita, quando mangiava cibo per cani per arrivare a fine mese, si perdeva dietro e dentro a mille droghe psichedeliche e, a fine carriera, veniva illuminato dal divino, con un’esperienza mistica – magistralmente illustrata da Robert Crumb – che lo cambiò per il resto della vita.

http://www.youtube.com/watch?v=Y3WamQPEQbM

http://www.youtube.com/watch?v=S8am2Ra9vpM

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