Faccia a faccia con Patrick Jouin e Mumm

Come vi avevamo anticipato a suo tempo, Mumm e Patrick Jouin hanno presentato il secchiello e la vasca della linea Georges durante il Salone del Mobile. Dato che avevamo già introdotto la collezione, abbiamo cercato di conoscere maggiormente il designer, nonostante i tempi stretti.

L’intervista si è tenuta al numero 35 di via Tortona, in una fantastica lounge al primo piano. Arrivo trafelata con qualche minuto di ritardo – primo giorno di Salone/FuoriSalone e via Tortona è già un distastro – ma Patrick mi saluta con la sua calma serafica e partiamo con l’intervista.

FF: Al Beaubourg è ancora aperta la mostra a lei dedicata che si intitola “La substance du design“. Qual’è la sostanza a cui si fa riferimento? Come descriverebbe un buon design?

PJ: Innanzitutto la sostanza del design di cui si parla ha diversi significati: riunisce l’amicizia, lo scambio di idee, la tecnologia e la fiducia. Dopotutto il design si crea insieme ad altre persone (solitamente sono coinvolti tre soggetti: committente, il designer e l’utente finale). Per quanto riguarda invece il buon design deve essere in grado di migliorare un oggetto. I prodotti che usiamo tutti i giorni hanno già una loro storia alle spalle, compito del designer è partire da essi e aggiungere migliorie che possano “farli avanzare”. Prendendo ad esempio il secchiello Georges: sono partito da un semplice oggetto e ho aggiunto un fiocco per renderlo più elegante, migliorandone anche la presa.

FF: Ha avuto una piacevole e duratura collaborazione con Ducasse. Considerando Zermott, Alessi e ora Mumm, sembra che sia attratto dalle aziende del settore food&beverage. Sono più stimolanti di altre?

PJ: (sorride) Devo dire che ho una grande passione per la cucina (nrd. e ci credo) e questo ha influito anche sui progetti che ho disegnato. Per quanto concerne la collaborazione con Ducasse, devo dire di essermi trovato subito bene (è molto importante l’alchimia che si instaura al primo incontro per poter lavorare bene). E’ una persona umile, potrei dire ambiziosa ma modesta e che ha alimentato la mia passione per la cucina. Potrei anche paragonare lo chef al designer, sebbene le due professioni abbiano tempi diversi di produzione, entrambe sono alla ricerca di migliorie della quotidianità. Con Mumm infine, è stato un piacere poter realizzare qualcosa che celebrasse lo champagne, prodotto nazionale di cui tutti i francesi sono orgogliosi.

FF: All’inizio della sua carriera ha avuto modo di lavorare con Philippe Starck: com’è stato lavorare con un designer di quel calibro? Crede che in qualche modo questa fase abbia influenzato il suo lavoro negli anni a seguire?

PJ: E’ stata un’esperienza molto istruttiva per me. Appena uscito da scuola, la mia prima esperienza professionale è stata proprio da Starck. Pensavo che avrei passato tutto il tempo a disegnare cose tecniche, invece ho avuto anche modo di conoscere davvero moltissimi grandi designer e aziende con cui ho lavorato poi (ad esempio Cassina, Alessi, Kartell). Più passava il tempo, maggiore era la confidenza che acquisivo fino a quando non è arrivato il momento di lanciarsi e di trovare il mio metodo di lavoro. Attualmente non sono in contatto con lui, come succede spesso, i designer si ritrovano tutti insieme a Milano per il Salone, ma è difficile mantenere rapporti tra colleghi.

Mi fanno cenno che ho tempo per una sola domanda, invece delle dieci che avevo in serbo (!!!), per cui faccio il seguente mash-up.

FF: Cosa l’ha entusiasmata maggiormente del progetto con Mumm? Esiste un oggetto che avrebbe voluto disegnare al posto di qualcun altro?

PJ: mi è piaciuto l’aspetto umano. Come accennato prima, disegno un oggetto solo se si instaura l’alchimia con l’azienda che mi contatta. Inoltre, se durante la riunione, inizio già a pensare al progetto e a visualizzarlo in testa, sono sicuro che la collaborazione andrà a buon fine. E’ l’empatia la componente principale. Con Mumm ho disegnato Georges subito dopo la prima riunione. Come si può vedere in questa raccolta di bozzetti, mi sono concentrato sul fiocco – il cordon rouge della maison – facendolo evolvere, facendolo uscire e rientrare dal secchiello per donargli eleganza e leggerezza; un oggetto esteticamente chic. Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, non ho mai voluto disegnare nessun altro oggetto; come dicevo, non ho una categoria fissa, disegno di tutto; basta solo che sia presente una buona dose di umanità per far partire il progetto.

Il tempo a disposizione è finito, sotto con un’altra coppia di intervistatori. Mi guardo in giro, scatto qualche foto e bevo un sorso di champagne. Mi rilancio nel macello di via Tortona con la calma serafica di Patrick.

P.S.
forse un giorno la collezione Georges sarà in vendita, spero di potervi dare altre informazioni presto.

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