Nascendo in una famiglia di “mangiapreti” come la mia, non puoi sperare che da bambino, a Natale, ad un certo punto ci si riunisca tutti per fare il presepe. Non ce l’avevamo proprio, il presepe. Mai entrata una statuina religiosa, in casa.
Però visto che a scuola tutti ne parlavano e a casa degli amici vedevo muschio, pastorelli, falegnami e grotte di cartapesta, decisi di ingegnarmi e fare, di nascosto, il mio segretissimo e personalissimo presepe.
Dal giardino presi qualche strato di muschio, lo portai sotto ad un salice, raccolsi dei gusci di pinolo e con quelli (e tanta immaginazione) feci tutta la bella scenetta della natività. Che durò qualche giorno: poi arrivò la neve e ricoprì tutto. Sembra la scena di un film girato in Polonia durante la guerra fredda, lo so, e quando la racconto ancora ridono tutti, compresi i miei genitori che quando lo scoprirono si sentirono al pari della polizia segreta della Germania Est.
Quella fu una delle poche volte in cui si accese dentro di me una fiammella di religiosità. Debole, perché fu più che altro invidia per i miei compagni di scuola e voglia di fare qualcosa che tutto il resto del mondo tranne me, per come la vedevo io, faceva.
Avessi avuto un presepio minimal come questo, in tedesco (ma c’è anche in inglese), i miei avrebbero pensato che stessi giocando con delle semplici costruzioni e non ci sarebbe stato un bimbetto chino sotto al salice intento a sistemare un guscio di pinolo sdraiato (Gesù), con accanto altri due pinoli in piedi. Più tre pastori-pinoli. E che fatica fare mucca ed asinello!