Il libro della domenica: I ragazzi del massacro di Giorgio Scerbanenco

Il libro della domenica: I ragazzi del massacro di Giorgio Scerbanenco

Con questo post inizia una rubrica domenicale dedicata ai libri, nata grazie alla collaborazione con i ragazzi di Finzioni, un ottimo sito dove si parla di letteratura con ironia e leggerezza e che pubblica anche un bellissimo freepress – da scaricare online – oltre a gustosissime microrecensioni su twitter.
Simone

In una puntata dei Simpson, Lisa prepara un esperimento scientifico per dimostrare che Bart, suo fratello, è più stupido di un criceto. Va in un negozio di animali e chiede al commesso il criceto più intelligente che ha. Il baffuto gestore fruga a caso in una scatola piena di animaletti tutti uguali, ne sceglie uno e dice a Lisa, Questo è il più intelligente di tutti: scrive romanzi gialli. E come fa un criceto a scrivere romanzi gialli? Semplice, immagina la fine e poi va a ritroso.

Bart poi si scoprirà essere molto più stupido di un criceto, ma questa è un’altra storia. L’importante ora è notare che il senso comune della produzione di un giallo/noir/poliziesco funziona all’incontrario. Parte dalla fine e deduce l’in(d)izio. Questa dinamica è sorprendente perché di solito è il contrario, mi immagino un inizio, comincio fisicamente a scrivere dalla prima pagina e poi vedo che succede. Lascio che la storia si scriva da sola.

Ne I Ragazzi del Massacro di Scerbanenco (Garzanti 1999, 231 pagine, 8,50 Euro) non succede nessuna di queste due cose. Perché è un libro che comincia dalla metà. Dal mezzo.
Come tutta la letteratura di genere, inizia in medias res, a massacro avvenuto.

Una dolce maestrina di scuola serale viene trovata uccisa brutalmente dopo la lezione dai piccoli delinquenti che stava cercando di educare. Tutti i ragazzini accusano indefinitamente i compagni proclamandosi innocenti, di modo da rendere impossibile un qualche avanzamento delle indagini. Duca Lamberti però non si fida e ha l’intuizione che qualcuno, un adulto, abbia organizzato e aizzato gli altrimenti inesperti ragazzi all’omicidio di gruppo.
Qui inizia la parte centrale del libro, quella in cui succedono le cose. La fine, incredibilmente, non è con il botto. Il colpevole viene rivelato presto e il suo ruolo comunque era chiaro già da un bel po’, gli mancava solo un nome e un passato, roba di poco conto.

Tutto questo funziona perché Scerbanenco, nella sua breve vita, ha avuto una produzione vastissima. Centinaia di titoli in relativamente pochi anni che dimostrano una cosa: velocità. Scerbanenco i libri li scrive in fretta. Non nel passato (l’inizio), non nel futuro (la fine) ma nell’attimo presente. Nel mezzo. E la velocità si prende solo dal mezzo, nel mezzo. Non c’è tempo per il resto.
I ragazzi del massacro è una macchia che si spande di cui il centro coincide con il centro del libro e i bordi con l’insignificante inizio e l’ancor più insignificante fine.

D’altra parte lo diceva anche Deleuze: “Da dove partite? Dove volete arrivare? Sono domande davvero inutili. Fare tabula rasa, partire o ripartire da zero, cercare un inizio o un fondamento, tutto questo implica una falsa concezione del viaggio e del movimento”.
Scerbanenco ha scritto troppo per permettersi di sapere da dove partire e dove arrivare. Ma ha scritto abbastanza per sapere dov’è.

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