“Dovreste trasferirvi a Milano almeno per 2 settimane a settembre e altre 2 a gennaio!”
Cosi ha detto qualche giorno fa, Ethel in “panciolle” sul divano, mentre io e Simone discutevamo dei vari inviti a sfilate, presentazioni stampa, feste, aperitivi, che si accumulavano nelle nostre caselle di posta elettronica.
Ci siamo guardati e abbiamo risposto: né ora né mai. Io 15 gg a Milano non resisto, neanche se a fronte di una congrua offerta economica, figuriamoci gratis!
In due parole non volendo restare a Milano neanche per una notte (come abbiamo fatto l’anno scorso), abbiamo deciso di declinare tutti gli altri inviti di questa settimana per partecipare sabato 20 alla sfilata New Upcoming Designers, cioè la sfilata organizzata dalla Camera della Moda di Milano per presentare le collezioni P-E 09 dei vincitori del concorso Fashion Incubator.
Siccome sono stata sempre sincera con voi lettori, devo confessare il motivo principale che ci ha portato a questa decisione. Non so se lo ricorderete, ma i Leitmotiv fanno parte dei 6 brands vincitori! Ecco adesso che l’ho detto sto meglio, poi insomma è abbastanza plausibile da parte di Frizzifrizzi cercare “il nuovo che avanza”.
Confesserò anche questo: durante l’ attesa la folta troika bolognese composta da giornaliste, fotografe, bloggers (io e Simone), amici e sorelle, sembrava più un fan club dei Leitmotiv che un gruppo di addetti ai lavori, ma appena entrati nella sala ci siamo dovuti separare per il sovraffollamento ed io mi sono subito “ricalata” nei panni della “addetta ai lavori vostra inviata” perdendo la parzialità che avevo portato con me da Bologna… almeno il 90% .
A farmi ripiombare nella mia fase di “critica” è stata un scena ridicola che si è svolta sulla passerella prima dell’inizio della sfilata. Abbiamo notato che i fotografi si erano accalcati intorno a una morettina, carina, molto carina (devo dire che la mia attenzione si era però fissata più che su di lei, sull’orribile camicia che portava: voile nero con inserti di pizzo lavorati sul davanti alle 12 del mattino !?). Io e Simone che non brilliamo per competenza del “mondo vip” o sedicente tale, abbiamo chiesto chi era , ci è stato risposto Sara Tommasi. Sara chi? Sara Tommasi! A quel punto mi sono arresa e non ho insistito…
Oltre a lei la Camera della Moda ha pensato bene di sprecare soldi ( si perché nemmeno a dirlo sono pagate e profumatamente per star sedute in prima fila, lì dove la maggior parte di altre donne pagherebbero per essere) invitando Martina Colombari (almeno questa sapevo chi era). Meglio avrebbero fatto a spendere un po’ di più per la grafica dell’invito: orribile, per consistenza, colori e illustrazione!
Era presente Mario Boselli presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, cosa questa sì, degna di nota.
Penserete che io abbia così esaurito il livello di acidità, invece non sono che all’inizio abbiate pazienza e non sarete delusi.
Vi presento i brands nell’ordine in cui hanno sfilato nella sala Borgospesso all’interno di Milano moda donna.
Io sarò cattiva, ma almeno il 50% del nuovo che avanza mi ha amaramente delusa.
1. a.VE ante vesperum edicta di Elena Pignata e Valentina Vizio.
Premesso che le conoscevo già, cioè avevo avuto modo di apprezzare la loro collezione A-I 08-09, ero molto incuriosita riguardo alle loro creazioni e le mia aspettative sono state abbondantemente ripagate. La loro collezione P-E 09 è bellissima, giocata sulle sovrapposizioni di maglina impalpabile, predominanti i toni del nero e del blu abbinati insieme. Belli i pantaloni ampli, i vestiti, gli accessori. Insomma brave, bravissime ragazze!
2. Gilda Giambra, non la conoscevo ma mi sono documentata prima della sfilata. Ha un sito fantastico, mi piace molto, dateci un’occhiata. La collezione, se pure giovane, frizzante, allegra, non mi ha convinto al 100%. Forse per l’egemonia delle righe: orizzontali, verticali, su leggings, magliette, vestiti. E poi la palette dei colori era un po’ troppo candy per i miei gusti… comunque la colonna sonora era fantastica e devo dire nell’insieme, non male!
3. Leitmotiv di Fabio Sasso e Juan Caro. Direte voi che ce lo dici a fare? Ormai chi legge abitualmente li conosce per nome e cognome, ma io ve lo ripeto perché vi entrino bene in zucca e siate preparati per quando tra qualche anno (e non credo molti), guardando i servizi di moda in tv potrete dire io li conosco dagli esordi! Vabbè torno seria, insomma semiseria almeno. La loro collezione è fantastica e non nell’accezione di bellissima, ma di fantasmagorica.
Bellissimi i vestiti, i pantaloni, le t-shirt, le camice, le borse e gli accessori. Tenete presente che le stampe (farfalle e figure mitologiche a metà tra insetto e uomo) escono tutte dalle visioni e dalle mani di Juan. Insomma bravi, bravissimi questa si che è creatività!
A questo punto, sarebbe stato meglio che io me ne fossi tornata a casa, perché quello che ho visto non solo non mi è piaciuto (e ci sta, non sono Anna Wintur e non è un dramma se non mi piacciono) il punto è che di questi ultimi tre mi chiedo in base a che cosa hanno potuto vincere un concorso per il nuovo che avanza? Nessuna originalità, niente che non si fosse già visto, abiti da cocktail che solo il nome fa film in bianco e nero. Vecchi dentro ‘sti giovani, che noia!
4. BeeQueen by Chicca Lualdi
Solo vestiti da cocktail o da cerimonia? Boh. Simone è arrivato a dire: sono vestiti che starebbero bene nel negozio il “Lilla di zia Lalla”!
Lilla e bianco i colori predominanti, tanto voille lavorato anche in modo interessante ma poi il taglio del vestito rendeva il tutto molto noioso… già visto.
5. San Andrès Milano
Mi spiace ma devo dirlo, tornata a casa non ricordavo nulla della sua collezione, fatta eccezione per la sensazione di déjà vu: vestiti, completi pantalone, accessori… il nulla. Anche dopo aver guardato le foto per “ripassare” la sensazione resta la stessa: niente di interessante da segnalare!
6. Federico Sangalli Milano
Se non fosse per qualche accessorio in midollino – visiere, collane, inserti negli abiti, che mi sono rimasti impressi – il resto era noia. Vestiti da sera svolazzanti già visti e rivisti. insomma a stupire non erano né il taglio, né il tessuto, né le stampe, solo la mancanza di quella vitalità che ti aspetti da uno che ha vinto Fashion Incubator.