Foto dell'allestimento, presso Cattedrale di Fabbrica del Vapore, 2024. Foto: Stefano De Carli.

Una mostra dell’ISIA di Firenze sul tema dei migranti climatici

Il carattere sperimentale e di ricerca del Fuorisalone si è ormai quasi azzerato da anni. L’aspetto commerciale ed economico ha preso il sopravvento anche nella parte più anarchica e libera del Salone del Mobile milanese. Una felice eccezione sono solitamente le mostre e gli eventi proposti da accademie e università, anche se purtroppo non tutte: alcune scuole sembrano non aver ancora capito il loro ruolo sperimentale e di ricerca in questo ambito.

Foto dell’allestimento, presso Cattedrale di Fabbrica del Vapore, 2024.
Foto: Stefano De Carli.

Una mostra significativa e finalmente spunto di riflessione seria sui temi che il design deve trattare oggi e nel prossimo futuro è stata realizzata da una accademia di eccellenza, l’ISIA di Firenze: Post-global village – oggetti migratori si è tenuta presso la Cattedrale di Fabbrica del Vapore. Il tema trattato è quello delle migrazioni, legato soprattutto alla questione del cambiamento climatico. Gli studenti hanno lavorato su diversi piani: progetti “ricombinanti” come le 15 coppie di sgabelli realizzate dagli studenti del corso di Design Strategico, e dispositivi indossabili che riflettono sul tema dello spostamento, realizzati dagli studenti del corso di Fashion Design.

Tutti i progetti sono stati pensati e realizzati riutilizzando prodotti comuni: badili, stoffe, cinghie, vecchie borse. In uno spazio appositamente progettato, sono stati chiamati esperti, professori, scienziati, designer per parlare dei temi legati alla produzione e al cambiamento climatico.

A sinistra: Sgabello 01110000 01100001 01101100 01100001, Cristian Bernardini, 2024.
A destra: Sgabello Plug-in, Caterina Frigenti, 2024.
Foto: Stefano De Carli.

L’idea di fondo è chiara, il mondo sta vivendo una crisi climatica dovuta ad una logica di sovrapproduzione: l’obiettivo è superare l’idea consumistica del riciclo per cominciare a progettare utilizzando semilavorati o oggetti già esistenti. Dare una seconda vita o più vite alle cose per fare in modo che il loro ciclo sia il più lungo possibile.

A sinistra: Zaino da viaggio montabile, Agarwal Borde Dümon, 2024.
A destra: Mantella, Barretta Taddei, 2024.
Foto: Stefano De Carli.

L’auspicio è cominciare a pensare ad oggetti non più definitivi ma provvisori, smontabili, reversibili, adattabili, elastici. Un prodotto è sostenibile non solo quando è riciclabile, ma soprattutto quando è riutilizzabile. Funzione del design è proporre velocemente questo nuovo paradigma nei confronti dei manufatti. Scrive il Prof. Mirko Tattarini: «consideriamo che l’estensione del ciclo di vita degli oggetti, a partire dalla loro concezione, sia la chiave primaria per intervenire sulla filiera profonda del sistema prodotto e tornare ad esportare nel futuro buona cultura materiale, anziché solo rifiuti».

Cappuccio, Tommaso Baldanzi, 2024.
Foto: Stefano De Carli.

Il sistema industriale tende per sua natura alla produzione continua di nuovi oggetti. La mostra prova a dimostrare che chi progetta non deve per forza essere realizzatore di nuove cose, ma piuttosto un “ricombinatore” di quello che già è stato prodotto.
Quello accademico è ad oggi uno dei pochi luoghi che ha la possibilità di essere veramente libero dalle dinamiche aziendali: un sistema capace di avere come scopo quello di proporre nuove vie, immaginare nuove strade, essere generatore di riflessioni slegate dal mercato. Speriamo che il Salone del Mobile oltre ad essere promozione di prodotti sia sempre di più anche pensiero sulla produzione, ne abbiamo bisogno.

Foto dell’allestimento, presso Cattedrale di Fabbrica del Vapore, 2024.
Foto: Stefano De Carli.
Foto dell’allestimento, presso Cattedrale di Fabbrica del Vapore, 2024.
Foto: Stefano De Carli.
Foto dell’allestimento, presso Cattedrale di Fabbrica del Vapore, 2024.
Foto: Stefano De Carli.
Foto dell’allestimento, presso Cattedrale di Fabbrica del Vapore, 2024.
Foto: Stefano De Carli.
editorialista
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