Un video mostra l’ingegnoso processo di stampa sviluppato da William Blake a fine ‘700

È di solito durante il periodo turbolento dell’adolescenza che iniziamo a imbatterci, lungo il nostro personale itinerario di esplorazione del mondo dell’arte e della cultura, nel nome di William Blake. Dai Doors a Huxley, da Huxley a Blake, una volta afferrata la “chiave” — «If the doors of perception were cleansed, everything would appear to man as it is: infinite» — lo si incrocia un po’ ovunque, direttamente citato, o connesso attraverso fili invisibili a una rete di parole, note, pensieri e immagini che attraversano la psichedelia, la controcultura e il misticismo.
Un attimo prima ascolti Break on Through (To the Other Side) e un attimo dopo ti ritrovi a scrivere sul diario «Vedere un mondo in un grano di sabbia / e un universo in un fiore di campo, / possedere l’infinito sul palmo della mano / e l’eternità in un’ora», contribuendo inconsapevolmente a cementare nel pantheon dei personaggi “anti-establishment” (più precisamente nella nicchia dei folli incompresi) la figura di questo visionario britannico, vissuto a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo.
Ma l’etichetta di figura-chiave dell’immaginario culturale adolescenziale è un’arma a doppio taglio, lo sappiamo: si rischia — da autrici e autori — di rimanerne invischiati per decenni, relegati tra i “peccati di gioventù”, ritenuti immeritevoli di essere nuovamente indagati da uno sguardo “adulto”.

Questa sorte, in parte, è toccata anche a Blake, sia per quanto riguarda la sua attività di poeta e pensatore, sia per quella di pittore e illustratore. L’ambito forse più sottovalutato dell’intera opera dell’artista è, tuttavia, quello della stampa: Blake, infatti, sviluppò un metodo tutto suo per i libri illustrati che produceva, e che gli consentiva di avere — a differenza di ciò che gli permettevano le tecnologie che aveva a disposizione all’epoca — un controllo totale sull’insieme testo-immagine.
Al tempo, infatti, la stragrande maggioranza dei libri illustrati era frutto di un lavoro collettivo suddiviso in varie fasi: c’era chi scriveva, chi disegnava, chi si occupava della composizione e della stampa tipografica e chi, invece, delle incisioni e della stampa delle immagini.
Blake, al contrario, faceva tutto da solo, così da poter «lavorare su un libro dall’inizio alla fine, senza l’intervento di uno stampatore professionista, un vantaggio particolare per chi porta al mondo messaggi teologici e politici scomodi», come fa notare lo storico dell’arte David Bindman nel volume William Blake. The Complete Illuminated Books, da lui stesso curato per l’editore Thames & Hudson.

Fotogramma del video “Discovering William Blake’s Innovative Printing Process”, prodotto dal Getty Museum, 2023
Fotogramma del video “Discovering William Blake’s Innovative Printing Process”, prodotto dal Getty Museum, 2023

Ispirato dagli antichi manoscritti medievali, l’artista britannico chiamò il suo metodo “stampa miniata”. Questa consisteva nello scrivere e disegnare direttamente su una lastra di rame utilizzando un’apposita soluzione resistente agli acidi. Per far ciò, oltre a disegnare “a specchio”, doveva anche scrivere al contrario, abilità che esercitò a lungo in modo da raggiungere la medesima scioltezza del vergare le lettere nel verso tradizionale.
Una volta pronta la lastra, vi versava sopra l’acido, che consumava lo strato superficiale del rame ad eccezione delle zone disegnate e scritte. Ciò che otteneva era dunque una matrice in cui testi, figure e decorazioni erano strettamente connesse tra loro. Questa veniva poi inchiostrata e adoperata per stampare diverse copie, che però non erano mai perfettamente identiche le une alle altre (e infatti troviamo esemplari anche molto differenti tra loro).

Fotogramma del video “Discovering William Blake’s Innovative Printing Process”, prodotto dal Getty Museum, 2023
Fotogramma del video “Discovering William Blake’s Innovative Printing Process”, prodotto dal Getty Museum, 2023

Blake era ovviamente molto fiero del suo metodo, che cercò pure di pubblicizzare: nel 1793 scrisse un Prospectus che ne sottolineava le qualità, sostenendo che «Le Fatiche dell’Artista, del Poeta, del Musicista sono state proverbialmente accompagnate da povertà e oscurità; questo non è mai stato colpa del Pubblico, ma dovuto alla negligenza dei mezzi per propagare opere che hanno completamente assorbito l’Uomo di Genio. Perfino Milton e Shakespeare non potevano pubblicare le proprie opere. Questa difficoltà è stata ovviata dall’Autore delle seguenti produzioni ora presentate al Pubblico; che ha inventato un metodo di stampa sia in tipografia che in incisione in uno stile più ornamentale, uniforme e grandioso di qualsiasi altro scoperto prima, mentre produce opere a meno di un quarto della spesa».

L’intero processo viene mostrato e spiegato in un video, prodotto dal Getty Museum, che vede come protagonista il maestro stampatore Michael Phillips, che da più di trent’anni studia le opere, le tecniche e i materiali impiegati da Blake, realizzando repliche pressoché perfette, che poi vende attraverso il sito williamblakeprints.co.uk.
Per vedere gli originali, invece, si può visitare il William Blake Archive, che presenta le versioni digitalizzate di quasi tutti i suoi lavori.

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