Foto: Edoardo Delille.

Archivio Personale: progettare l’effimero

Intervista alle set-designer Alessandra Foschi, Francesca Pazzagli e Silvia Allori

Il set-design è una disciplina che fa pienamente parte del design della comunicazione. Tra le realtà più interessanti in questo settore c’è lo studio Archivio Personale. Nato una decina di anni fa, ha collaborato con importanti clienti tra i quali Gucci, Seletti, Gufram, Roberto Cavalli, Levis, Pitti Immagine, Toilet Paper e molti altri.

Ho incontrato le tre associate Alessandra Foschi , Francesca Pazzagli e Silvia Allori nella sede fiorentina del loro studio, in una calda giornata di giugno.

Gucci Garden Archetypes, Gucci, Firenze, 2021.

È iniziato tutto qui, a Firenze.

Silvia Allori: Sì, ci siamo conosciute alla facoltà di architettura. Frequentavamo corsi diversi ma ci incontravamo nei locali, alle feste, alcune di noi hanno anche condiviso l’appartamento: negli anni dell’università abbiamo cominciato a capire che insieme stavamo bene.

Gucci Garden Archetypes, Gucci, Firenze, 2021.

Cosa vi ha lasciato la facoltà di architettura?

Francesca Pazzagli: Studiare architettura ci ha dato una visione più ampia delle cose: ci ha dato l’opportunità di capire che aprirsi agli altri è il modo migliore per riuscire a progettare bene. Abbiamo incontrato una quantità incredibile di persone, tutte differenti, tutte interessanti. È grazie a questa esperienza che ci siamo rese conto di avere una nostra posizione particolare sul progetto, un’idea diversa. La figura dell’architetto è vista solitamente come un professionista specializzato nella realizzazione di costruzioni. Abbiamo piano piano capito che quella idea di architettura ci interessava meno.

Lo stupore della materia, Gucci HUB, Milano, 2019.

Vi occupate di set-design: mi potreste sinteticamente spiegare di cosa si tratta?

Il set-design si caratterizza per la produzione di qualcosa di temporaneo, effimero: può essere la progettazione di una sfilata che inizia e finisce nel giro di otto minuti o anche una mostra che dura due anni. Tutto quello che vedi nel nostro sito, nelle nostre pubblicazioni, oggi non esiste più: è fisicamente sparito, esiste solo nella memoria.

L’esatto contrario dell’architettura quindi.

Sì, è così. L’architettura tende a costruire opere che durano nel tempo, il nostro ruolo invece è realizzare momenti che possano rimanere nell’archivio personale di chi li ha vissuti.

Dobbiamo però dire una cosa, a questa idea di progetto siamo arrivate con una certa fatica e superando diversi ostacoli personali: soprattutto agli inizi non è stato per nulla facile lavorare sul transitorio e la memoria. Ricordo la prima sfilata, è stata per noi un trauma. Questo lavoro ci aveva occupate per diversi mesi: alla fine l’evento si è esaurito nel giro di soli venti minuti. Solitamente il mondo del progetto ci ha abituato a realizzare qualcosa di concreto e che duri nel tempo, pensare di progettare sul temporaneo e l’immateriale non è stato semplice, anzi, abbiamo dovuto superare diversi preconcetti che avevamo costruito nel tempo.

Soggetto Nomade – Female identity through the images of five Italian, Centro Pecci, Prato, 2018. (foto: OKNO Studio)

Perché le aziende vengono da voi? Perché spendono somme importanti per delle cose che durano qualche ora? Cosa vogliono esattamente?

Alessandra Foschi: Fondamentalmente le aziende vogliono che si rappresenti con forza e coerenza il loro marchio, questo è il loro principale obiettivo. Sanno che la comunicazione di una impresa non si esaurisce nella visualizzazione di un logo. Far vivere una situazione positiva non ci fa solo stare meglio, ci fa ricordare quel momento: le aziende non vogliono solo essere viste, ma hanno bisogno di essere ricordate. Per questo si rivolgono a noi.

Super Ball, TOILETPAPER, Fondation Beyeler, 2016.

Voi solitamente come iniziate un progetto?

I nostri progetti iniziano sempre con una cartella condivisa, lì ognuna di noi inserisce dentro le immagini che ritene possano delineare il progetto, l’atmosfera, l’idea generale. Tutto parte da lì.

La cosa interessante è che la relazione tra queste immagini la riusciamo a intuire quasi esclusivamente tra noi tre: i nostri collaboratori fanno molta più fatica a trovarci un senso compiuto. Evidentemente abbiamo sviluppato negli anni una sorta di connessione, ci capiamo anche senza parlare. Nella visione generale del lavoro abbiamo una grande affinità, questo è sicuramente dovuto ai molti anni passati assieme e a un certo rapporto che si è costruito nel tempo.

The first Gufram Gallery in China, Gufram, Pechino, 2021.

L’ambito del set-design non ha testi di riferimento, è difficile trovare saggi storici o di critica sulla disciplina: secondo voi perché?

Perché è un settore senza una storia consolidata: anche oggi il set-design di fatto quasi non esiste, non è un ambito ancora riconosciuto. Il nostro lavoro spesso viene affidato a studi di interior o agenzie di comunicazione, professionisti di altre discipline che si prestano per l’occasione ad essere dei set designer. Quello che dici è vero, non esistono testi di riferimento: proprio per questa mancanza teorica il set-design è ancora oggi un ambito molto difficile da perimetrare e definire.

Tiny Bar, TOILETPAPER – Lavazza, Mediateca di Santa Teresa, Milano, 2018.

Le associate dello studio sono sempre state tutte donne: anche i collaboratori che avete avuto negli anni sono in prevalenza figure femminili. È stata una coincidenza oppure una volontà precisa?

Il fatto che le associate siano tutte donne è stato determinato dalla nostra storia, non lo abbiamo deciso a tavolino. Le persone che hanno collaborato con noi sono state in prevalenza figure femminili, questo è dipeso soprattutto dal fatto che la maggioranza dei curriculum che ci arrivavano erano di ragazze. Ora è un po’ cambiata la percentuale, ma per una decina di anni è stato così. Quello degli eventi è un settore in cui trovi da sempre molte figure femminili: non so esattamente il motivo, forse perché le donne sono delle brave organizzatrici, forse perché sono particolarmente capaci a lavorare contemporaneamente su più ambiti, ma queste sono generalizzazioni un po’ pericolose. Sicuramente il set-design è un ambito particolarmente congeniale al mondo femminile.

Lo stupore della materia, Gucci HUB, Milano, 2019.

Chi si occupa di set-design progetta solitamente eventi che muoiono nell’arco di poche ore: avete avuto clienti che sono stati sensibili alla sostenibilità dei progetti?

Per le imprese la sostenibilità è diventata un tema centrale: è però una questione che per ora si rivela molto complessa nell’ambito del set-design. Abbiamo cominciato affrontando la cosa soprattutto attraverso due punti, il riciclo e il riutilizzo: in pratica spingiamo il committente a riutilizzare i materiali per più allestimenti. Questo a prima vista potrebbe sembrare una strada in discesa, meno spese e più risparmio, ma non lo è nella realtà: il riutilizzo infatti fa aumentare i costi, e la logistica si complica. Stoccare i materiali in un magazzino ha un costo spesso molto superiore rispetto a doverli ricomprare. Sono quindi ancora pochi quelli che accettano questo tipo di operazione: per noi sicuramente ancora troppo pochi.

Grazie ragazze, mi ha fatto molto piacere conoscervi meglio.

Anche a noi Tommaso, ci ha fatto piacere averti qui.

Gucci Garden Archetypes, Gucci, Firenze, 2021.
The Artist is Present by Maurizio Cattelan, Gucci, Yuz Museum, Shanghai, 2018.
 The Artist is Present by Maurizio Cattelan, Gucci, Yuz Museum, Shanghai, 2018.
TP-Rama | TOILET PAPER, Galerie Des Galeries, espace culturel des Galeries Lafayette Haussmann, Parigi, 2016.
Un messaggio

Frizzifrizzi è sempre stato e sempre rimarrà gratuito. Si tratta di un progetto realizzato ogni giorno con amore e con impegno. La volontà è di continuare a farlo cercando di tenere al minimo la pubblicità. Per questo ti chiediamo una mano — se vorrai — con una piccola donazione. Potrai farla su PayPal.

GRAZIE DI CUORE.