Nel sottosuolo c’è un misterioso giardino. A prendersene cura è un altrettanto enigmatico giardiniere. A un certo punto da un vaso nasce una piccola creatura: è un bambino, dotato di unghie affilatissime. Il giardiniere prova a tagliargliele ma l’impresa si rivelerà tutt’altro che semplice e l’uomo si ritroverà letteralmente fatto a pezzi da quel “figlio” che nel frattempo è cresciuto e che alla fine prenderà il suo posto, in un ciclo che — scopriamo — probabilmente continuerà a perpetuarsi.
Metafora del problematico rapporto padre-figlio, Plantarium è un affascinante corto d’animazione senza parole, realizzato in stop-motion dal regista ungaro-polacco Tomek Ducki, già fattosi conoscere a livello internazionale con Life Line e con Baths (entrambi i corti sono stati pluripremiati nei maggiori festival mondiali), oltre che grazie ai video musicali realizzati per artisti come i Basement Jaxx, Bipolar Sunshine e Zhu.
Classe 1982, nato a Budapest da madre ungherese e padre polacco (Krzysztof Ducki, illustratore e autore di poster, esponente della celebre Polish School of Posters) Ducki ha studiato alla Moholy-Nagy University of Art and Design di Budapest e poi, dopo un paio di parentesi a Cracovia e a Parigi nell’ambito dei programmi internazionali studenteschi, ha preso un master in regia d’animazione nel Regno Unito, presso la National Film and Television School. Da circa dieci anni vive in Polonia.
Alla continua ricerca di linguaggi e tecniche da sperimentare, per Plantarium il regista ha puntato su uno stile espressionista, pieno di contrasti tra luci e ombre, utilizzando come materiali principali dei tessuti imbevuti d’acqua e dei tovaglioli di carta bagnata che si consumavano via via che le riprese andavano avanti, rappresentando perfettamente i corpi in tensione, le ferite, il passaggio del tempo.
«Volevo che la storia si concentrasse sulla lotta tra padre e figlio e su come viene rappresentata nella cultura pop e nella mitologia. Prendi Darth Vader e Luke Skywalker: è sempre una lotta e c’è molta forza fisica coinvolta. È così che sono arrivato alla tecnica che ho utilizzato, che avrebbe dovuto riflettere materialità e forza» ha spiegato Ducki all’East European Film Bulletin.
Uscito nel 2020 e vincitore di diversi premi, il corto è da pochi giorni su Vimeo in versione integrale.