Nella velocità rumorosa di una vita che vorrebbe non fermarsi mai, quasi spaventata da cosa potrebbe accadere se tutto ad un tratto qualcuno tirasse il freno a mano, ci dimentichiamo che ogni giorno entriamo in contatto con un piccolo tesoro intangibile, l’ordinario che ci circonda. Non gli diamo molta attenzione perché ci è stato insegnato, fin da piccoli, di volgere il nostro sguardo verso tutto ciò che piuttosto vive al di fuori, tutto quello che improvvisamente accende la luce, tutto quello che mescola le carte della realtà, tutto quello che aggiunge. Che senso ha dunque prestare attenzione ai punti sulle i della parola ordinarietà?
Se Chandra Candiani, scrittrice e poetessa, già nota per libri bellissimi come Il silenzio è cosa viva, leggesse queste mie parole, scuoterebbe probabilmente la testa. Fin da piccola ha sempre avuto una visione decisamente diversa su questa questione: le piaceva infatti fare un gioco, ovvero cercare più cose insignificanti presenti in una stanza o in una via o sul tram e poi accoglierle tutte in uno sguardo, con un sorriso; quando leggeva delle fiabe, invece, sperava che un giorno Cenerentola non si sarebbe occupata tanto di levar via la cenere dal camino, ma piuttosto di fermarsi a parlare con lei e sentire cosa la cenere aveva da dirle, oppure che Pollicino rallentasse camminando nella foresta per parlare con gli uccelli. Ma nelle fiabe, come nelle nostre vite, non c’è mai stato spazio né per le cose insignificanti né per dialoghi tra queste e i protagonisti.
Così Chandra ha deciso di fare un passo in più rispetto all’accoglierle nel proprio sguardo, ha deciso di invitarle nelle sue di fiabe, dando una storia a chi di solito una storia non ce l’ha. Lo ha fatto molti anni fa, e recentemente, offrendo loro una compagnia diversa, ovvero le bellissime illustrazioni di Rossana Bossù, le ha di nuovo raccolte in un libro, da poco uscito per Einaudi, dal titolo Sogni del fiume.
Sono 15 fiabe brevi che raccontano di bambine che vorrebbero diventare fiumi, di usignoli senza casa o malinconici, di pattumiere, di rose che non credono più nel vento, di silenzio e di musica, e di molto altro. Sono fiabe di emozioni e di ricerca di interezza, di mutamenti e solitudini, di osservazioni e accettazione. Proprio per questo la stessa autrice le definisce “fiabe di educazione sentimentale”. Ma sono anche fiabe ottime per ricordarci una cosa importante, che tutto ciò che vive sulla terra, sopra o sotto che sia, merita di avere un suo posto, che respiri o meno, che parli o preferisca stare in silenzio, che abbia un cuore o invece foglie, corteccia o piume, o addirittura nulla di tutto questo. Anche un puntino sulla i della parola ordinarietà.
A poche pagine dall’inizio del libro, su una pagina bianca, campeggia un piccolo componimento:
Si narra che il fiume
correndo verso il mare
racconti a se stesso delle fiabe
per farsi compagnia
e per avere meno paura
di quell’attimo in cui
diventerà immenso
Lasciate che queste fiabe vi facciano compagnia, lasciate che passino attraverso di voi, lasciate che qualcosa cambi o che una luce si accenda da qualche parte, lasciate che nulla di tutto questo accada. Buon viaggio verso l’immensità.

(foto: Giulia Ficicchia)

(foto: Giulia Ficicchia)

(foto: Giulia Ficicchia)

(foto: Giulia Ficicchia)