Lessinia Bolf, un progetto racconta la storia del ritorno del lupo sui monti della Lessinia

Nel 2012, nell’Altopiano della Lessinia, luogo di confine diviso tra Veneto e Trentino, c’è stato un inatteso ritorno: dopo quasi un secolo di assenza, due lupi hanno deciso di metter su casa tra le foreste che osservano dall’alto la Pianura Padana. Si tratta di Slavc, il maschio alpha arrivato dalla Slovenia in seguito ad un viaggio documentato grazie al radiocollare dei ricercatori, e Giulietta, la femmina dominante. Da loro sono nati tanti dei lupi che hanno colonizzato le Alpi centro-orientali, riaprendo un vecchio dibattito sulla convivenza tra le nostre due specie.

Da sinistra: Simone Gabrielli, Gaetano Pimazzoni e Francesco Romito
(courtesy: Lessinia Bolf)

Dopo averne seguito le vicende tra i boschi della Lessinia e per festeggiare il decennale del loro arrivo in questi luoghi, Gaetano Pimazzoni, Francesco Romito e Simone Gabrielli, appassionati naturalisti, fotografi e videomaker, hanno deciso di dare vita ad un progetto multimediale, fatto di immagini, parole e video inediti, a cui hanno dato il nome di Lessinia Bolf, dove bolf è la parola che in antica lingua cimbra indicava il lupo.

Patrocinato dal CAI Veneto, il Gruppo Grandi Carnivori del CAI, la SAT, LIFE Wolf Alps EU, l’Associazione Io non ho paura del lupo, il MUSE – Museo delle Scienze di Trento e con la partnership tecnica di Leica Sport Optics, presentato agli inizi di settembre durante il Coesistenza Festival, il progetto è una storia di territori luminosi e sentieri condivisi tra specie, è una lezione su come si osserva per imparare, è una presa di consapevolezza su quanta distanza abbiamo messo tra noi e il mondo naturale, dimenticando di esserne parte come i lupi, non al di sopra o contro, ma insieme.

Credo però che Francesco Romito, co-creatore del progetto e vice presidente dell’Associazione Io non ho paura del lupo, a cui ho fatto qualche domanda, sia una fonte più affidabile di me su questi grandi carnivori.

(courtesy: Lessinia Bolf)

Come siete finiti tu, Gaetano e Simone a creare questo progetto?

Il progetto è nato per dare un senso a tanti anni passati insieme in Lessinia. Ci siamo conosciuti per caso: io ho iniziato a muovermi in quell’area da solo, senza conoscere nessuno, quando il lupo era arrivato da qualche anno; successivamente ho avuto modo di stringere amicizia con Gaetano e Simone, che erano delle persone interessate come me al lupo e a conoscere un po’ più da vicino questo animale.
Un conto è sapere che il lupo c’è, un conto è fare un passo in più e cercare di capire come vive, come si muove, dove va, cosa fa d’estate e d’inverno. Perciò ci siamo conosciuti per questo interesse in comune. Anche perché siamo tre persone particolarmente diverse: io vengo dalla Sicilia, anche se vivo su da molti anni, mentre i ragazzi sono del veronese. Comunque il feeling che avevamo non riguardava poi solo il desiderio di conoscere meglio il lupo, ma anche di scattare delle belle immagini di questi animali. Il progetto perciò è iniziato inconsapevolmente da subito, adesso stiamo cercando di dare una forma al materiale che abbiamo raccolto.

(courtesy: Lessinia Bolf)

Sono curiosa: cosa ci faceva un siculo in Lessinia?

Fin da bambino, sono sempre stato affascinato dai grandi predatori, anche se vivevo molto lontano da un luogo dove poterli incontrare. Nel mio immaginario di quegli anni c’era il Parco d’Abruzzo, che guardavo dalla Sicilia. Poi, nel 2012, mi sono trasferito a Venezia e ho scoperto di questa storia di Slavc e Giulietta, a quel punto mi si è accesa la lampadina.
Ho cominciato a frequentare quei luoghi da solo, facendo avanti e indietro e cercando di osservare, di conoscere il più possibile il territorio. Era un’attività animata dalla curiosità, che poi negli anni è diventata una dimensione naturale, la mia zona di comfort. Stare in montagna, cercare di comprendere gli animali selvatici in generale, osservare, mi faceva stare a mio agio ed era finalmente la risposta a quel desiderio che mi portavo dietro da bambino.

(courtesy: Lessinia Bolf)

Cosa ti affascina tanto del lupo?

Potremo parlarne a lungo perché siamo davanti a un animale veramente molto complesso, un animale che ha la particolarità di sparigliare le carte in tavola, perché quando pensi di averne capito qualcosa, lui ti dimostra l’esatto contrario.
Ci sono tanti aspetti del lupo che mi affascinano, alcuni sono morali. Dal mio punto vista, i grandi predatori, che noi abbiamo eliminato dal nostro ambiente, hanno un valore importante, perché mettono in discussione quello che è il dominio dell’uomo, sempre abituato ad andare ovunque, cercando di eliminare il rischio. È un elemento chiave, che poi accende tutte quelle polemiche che riguardano il lupo e la sua presenza.
Il lupo ha anche un bagaglio culturale enorme che si porta dietro da secoli: il lupo cattivo di Cappuccetto Rosso, ad esempio. Si tratta di credenze che appartengono alla nostra cultura e che sono difficili da distruggere.
Un altro elemento che mi affascina molto di questo animale è la sua somiglianza all’uomo: la struttura sociale del lupo è una struttura complessa, che ricalca per sommi capi la nostra struttura familiare.

(courtesy: Lessinia Bolf)

Tra le nostre due specie, secondo te, chi è la più coerente alla propria natura? Noi o loro?

Sicuramente il lupo, rispetto a noi, rimane più legato alla sua natura, che lo mette inevitabilmente in conflitto con noi con i suoi comportamenti, con il fatto che possa predare i nostri animali. Il lupo fa il lupo, non è né buono né cattivo.
Noi, invece, facciamo un po’ fatica a immaginarci nella natura. Spesso pensiamo di essere al di sopra della natura, come se non ne facessimo parte e dunque dobbiamo amministrarla, modellarla in base alle nostre esigenze. Non riguarda solo la fauna, ma anche gli aspetti più attuali di cui si parla quotidianamente. Dobbiamo cominciare piuttosto a reimmaginarci come parte della natura, non come degli elementi esterni.

(courtesy: Lessinia Bolf)

Il 6 settembre, in Valchiavenna, i cittadini della frazione di Era, nel comune di Samolaco, si sono svegliati con una poco piacevole sorpresa: qualcuno ha lasciato una testa mozzata di lupo attaccata al cartello d’ingresso del paese, con uno striscione che riportava scritto — «I professori parlano, gli ignoranti sparano».
Come interpreti questo gesto?

È sempre difficile leggere un gesto così brutale. La prima cosa da dire è che siamo sicuramente davanti ad un gesto da condannare, spaventoso. In realtà però poi bisogna sforzarsi di andare oltre, di cercare di capire perché succedono questo tipo di cose.
Lo trovo un gesto purtroppo dettato da una profonda mancanza culturale, che appartiene in generale alla nostra specie. Negli ultimi secoli abbiamo dimenticato come vivere a contatto della natura, e con la natura, fino a credere che questi gesti, anche se di protesta, possano avere un valore, possano colpire. Invece sono inutili, creano solo orrore e non è la prima volta che accadono.
L’unica risposta a questi gesti è la cultura nei temi naturalistici, nella coesistenza con i grandi carnivori. Solo attraverso cultura e conoscenza, che non sono affatto scontate perché solo da 20 anni, dopo oltre un secolo, il lupo è tornato a popolare alcune aree, riusciremo a far sì che la gente smetta di compiere gesti di questo tipo.

(courtesy: Lessinia Bolf)
(courtesy: Lessinia Bolf)

Esistono comunità in Italia che sono riuscite a trovare una forma di coesistenza con il lupo, con i suoi alti e bassi?

Sicuramente esistono comunità del genere in quei luoghi in cui il lupo non se ne è mai andato, come nella dorsale appenninica. Si tratta di luoghi in cui del lupo ne viene fatto anche un utilizzo “economico”, come i grandi parchi nazionali del centro Italia dove non solo si riesce a coesistere con equilibrio con lui e la sua presenza non fa nemmeno più tanta notizia, ma viene usato anche a fini turistici, invogliando le persone a recarsi lì per incontrarlo.
Sull’arco alpino, il lupo è tornato da troppo poco tempo per avere delle comunità che coesistono con lui in maniera serena, anche se esistono aree in cui c’è da più tempo ma fa meno notizia perché si ciba di animali selvatici. È un processo che in questi luoghi richiederà del tempo, ma tra decenni potrebbe finalmente appianare il dibattito sulla coesistenza tra le nostre specie.

(courtesy: Lessinia Bolf)

Si sono più abituati loro a noi, piuttosto che noi a loro?

I grandi carnivori, come orso e lupo, sono molto bravi ad abituarsi alla nostra presenza ma anche a sfruttarla, vedi l’orso Juan Carrito che entra nella pasticceria e si mangia i biscotti. In fondo in Europa ci sono pochissime grandi aree sconfinate di “wilderness” per loro, dunque hanno dovuto trovare modi per convivere con noi. Schivandoci, per esempio, quando devono attraversare la strada e in molti casi perdendo comunque la vita.

Tu hai mai incontrato Slavc e Giulietta? Cosa si prova?

Ho avuto modo di incontrarli diverse volte. Slavc e Giulietta sono lupi importanti perché dal loro primo branco sono nati lupi che hanno poi ripopolato tantissime aree del nord-est. Oramai hanno una certa età, ma per noi di Lessinia Bolf hanno un valore particolare, sono il motivo per cui ci siamo avvicinati a questo mondo.
I lupi, soprattutto quelli alpini, non sono animali ordinari da osservare: anche se li hai incontrati diverse volte, la sensazione che ti lasciano addosso è sempre forte. Delle volte abbiamo avuto degli incontri così intensi che dopo ci siamo chiesti se fosse successo davvero.
Li abbiamo cercati, negli anni, in maniera attenta, ma soprattutto rispettosa, un elemento che viene spesso dimenticato tra mole di contenuti e fotografia da social network. Abbiamo spesso atteso ore, delle volte senza incontrarli, delle volte invece succedeva quando meno ce lo aspettavamo, rendendo l’incontro ancora più bello. Sono soprattutto simboli di libertà, come tutti gli animali selvatici, e incontrarli è cibo per l’anima.

(courtesy: Lessinia Bolf)

So che avete presentato il progetto al pubblico solo da pochissimo tempo, ma avete già pensato al suo futuro? Che impatto vorreste che avesse sulle persone?

La nostra intenzione era quella di aprire una finestra su una storia che sta accadendo da dieci anni, ma che si racconta male, troppo poco e temiamo che possa sparire. Viene raccontata solo per i problemi che la presenza del lupo genera con il suo ritorno, quando invece è molto più complessa e coinvolge tante persone, coinvolge un territorio particolare e unico che ha un valore che andava raccontato. Vogliamo che le persone conoscano questi grandi predatori non solo quando impattano sulle nostre comunità, ma anche quando fanno semplicemente i lupi.
Durante il prossimo anno, vorremmo andare in giro a raccontarlo, attraverso la nostra voce, ma soprattutto le immagini, perché stiamo parlando di un progetto che fa leva sul contenuto fotografico e video, oltre che sulle parole. Ci piacerebbe, comunque, arrivati a dicembre, quando si concluderà il decennale del ritorno del lupo in Lessinia, svilupparlo in maniere differenti, che vanno oltre il web, come l’allestimento di esposizioni; ma anche provare ad immaginare una pubblicazione o qualcosa che metta su carta quanto è stato fatto. Però prima di tutto dobbiamo arrivare a dicembre e completare questo viaggio.

(courtesy: Lessinia Bolf)
(courtesy: Lessinia Bolf)
(courtesy: Lessinia Bolf)
(courtesy: Lessinia Bolf)
(courtesy: Lessinia Bolf)
(courtesy: Lessinia Bolf)
(courtesy: Lessinia Bolf)
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