Uno psichedelico corto d’animazione dedicato all’ayahuasca

Nel suo indispensabile saggio sugli psichedelici Come cambiare la tua mente (che ora è anche una serie su Netflix), il giornalista e scrittore Michael Pollan parla della sua esperienza con quella celebre “pozione magica” chiamata ayahuasca: «non appena inghiottii la “medicina” scivolando oltre il punto di non ritorno, la voce del dubbio tacque e io mi abbandonai a qualsiasi cosa mi attendesse. Che non fu diversa dalle altre mie esperienze psichedeliche, salvo un paio di eccezioni notevoli. Forse perché il tè — denso, pungente e inaspettatamente dolce — fa sentire la sua presenza aliena nello stomaco e nell’intestino, l’esperienza con l’ayahuasca è più fisica di quella con alcuni altri psichedelici. Non ho vomitato, ma ero molto consapevole del denso infuso che si muoveva dentro di me e, nel momento in cui la DMT (il principio attivo dell’ayahuasca) salì, la immaginai come un rampicante che si avvolgeva alle anse del mio intestino, occupando il mio corpo prima di farsi strada, in un percorso lento e tortuoso, fino alla mia testa».

L’impressione avuta da Pollan non è rara tra chi assume questo decotto di origine amazzonica, usato dai popoli indigeni probabilmente da millenni e composto da due ingredienti fondamentali: una liana, la Banisteriopsis caapi, chiamata appunto ayahuasca, e delle foglie di una o più piante contenenti la succitata DMT, il principio attivo, lo stesso che il nostro cervello secerne nottetempo dalla ghiandola pineale. La liana in sé e per sé non fa nulla, non dà allucinazioni, ma è indispensabile a disattivare un enzima, detto MAO (enzima monoamino ossidasi), presente nel nostro tratto digerente, che ha il ruolo di degradare la DMT. La liana ayahuasca, in pratica, “spegne il sistema di sicurezza” e fa sì che arrivino le visioni.

(fotogramma del cortometraggio “A Shaman’s Tale”, di Jules Guérin)
(fotogramma del cortometraggio “A Shaman’s Tale”, di Jules Guérin)

Trattandosi di una liana, storie e leggende sulla sua origine si sprecano. Più o meno in tutte c’è questa sorta di vitigno che cresce e s’innalza verso il cielo a congiungere l’esistenza terrena con i celesti livelli della spiritualità. Ed è proprio da una di queste leggende che il regista e animatore Jules Guérin è partito per un cortometraggio, affascinante e, ovviamente, psichedelico, dedicato al magico decotto amazzonico e allo sciamanesimo a esso legato.
Si intitola A Shaman’s Tale ed è realizzato a mo’ di collage utilizzando tantissimi (e coloratissimi) elementi.

La storia da cui prende il “la” è una leggenda peruviana, che racconta di un vecchio che cerca di escogitare il modo di guarire più profondamente l’anima della gente. Si mette dunque a meditare sotto a un albero e passa così tanto tempo che alla fine una vite gli spunta dal petto e si innalza fino in cielo.

(fotogramma del cortometraggio “A Shaman’s Tale”, di Jules Guérin)
(fotogramma del cortometraggio “A Shaman’s Tale”, di Jules Guérin)
(fotogramma del cortometraggio “A Shaman’s Tale”, di Jules Guérin)
(fotogramma del cortometraggio “A Shaman’s Tale”, di Jules Guérin)
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