Alla scoperta dei volti delle librerie indipendenti: quarta tappa da Kafféklubben, a Guastalla

Tra le vie di Guastalla, comune della provincia di Reggio Emilia che conta poco meno di 15mila abitanti, per alcuni anni è stato impossibile trovare una libreria.
Se le cose, nel marzo del 2021, sono cambiate è merito di due ragazzi del luogo, Serena Caramaschi e Nicolò Artoni, che dopo un periodo di tempo vissuto davanti a schermi in agenzie di comunicazione lontane dalla loro città, hanno deciso di tornare e creare qualcosa di loro, qualcosa che potesse contenere le cose, tangibili e non, che gli sono sempre piaciute. Ed ecco allora spuntare Kafféklubben, che si pronuncia esattamente come lo state leggendo e che non ha nulla a che fare con un bar, piuttosto con libri, vinili, magazine e la Groenlandia. Ma questa è una storia che lascio raccontare a loro.

Partiamo dalle basi, perciò vi chiedo subito come nasce Kafféklubben.

Serena

Kafféklubben è nato il 6 marzo del 2021, quindi siamo figli della pandemia. È nato dopo tanti anni in cui con Nicolò parlavamo di creare qualcosa di nostro. Avevamo avuto già per diversi anni una fanzine di racconti brevi, Radici, che ci ha avvicinati all’ambito dell’editoria e tramite quella abbiamo organizzato tanti eventi, sì, ma abbiamo anche capito cosa ci piaceva fare. Ci siamo detti che forse potevamo renderlo un lavoro e a Guastalla non c’era più una libreria, dunque c’era un vuoto da colmare, di cui sentivamo noi stessi la mancanza. Alla fine, dopo averci pensato bene e spinti dal periodo pandemico, abbiamo preso questa direzione e forse se non ci fosse stata la pandemia avremmo ancora esitato.

Nicolò

Sicuramente avremmo fatto comunque qualcosa, secondo me. Io sono graphic designer, lavoravo a Milano per agenzie di comunicazione e non ne potevo più di lavorare in agenzia.

Siete passati da Radici, dunque dalla creazione di un prodotto editoriale che viene venduto nelle librerie, ad essere voi quelli che possiedono una libreria. Come mai questo passaggio?

Nicolò

Principalmente perché volevamo far conoscere a un pubblico più ampio i tantissimi prodotti editoriali interessanti come Radici. Per questo motivo nella nostra libreria abbiamo anche riviste e fanzine, oltre che i libri. Volevamo anche creare un posto che facesse da aggregatore per persone simili a noi e già con la fanzine e gli eventi intorno avevamo cominciato a farlo.
Ci serviva uno spazio, e abbiamo deciso di cominciare dalla libreria. Una ragazza ci ha fatto notare che eravamo i primi librai che incontrava che non fossero “topi da biblioteca”, ed è vero, ci piace leggere ma non siamo di quelli che leggono tantissimi libri all’anno.

Serena

Ci abbiamo messo dentro tutto quello che ci piaceva, a partire dall’editoria. Però sì, la nostra non è solo una libreria. Io per prima ancora non mi sento una libraia, so che lo sono ma mi sto abituando solo ora.

Come mai proprio a Guastalla?

Nicolò

Ad un certo punto ho sentito che avevo bisogno di tornare al mio nido, dunque c’è una componente di amore per il paese in cui sono nato. L’altra cosa è che abbiamo notato che in questi ultimi anni, nonostante siamo in provincia, ci sono state molte iniziative che dimostravano una maggiore attenzione verso il mondo culturale un po’ più indipendente. Sapevamo che sarebbe stata una sfida, ma sapevamo anche che potevamo trovare del terreno fertile.

Serena

Sottoscrivo quello che ha detto Nico. Anche io ho avuto quel momento in cui ho capito che se dovevo stare da qualche parte, volevo stare a Guastalla, con cui ho un legame difficile da descrivere. Alla fine il fatto di portare qui qualcosa che pochi hanno già visto crea quel senso di scoperta che smuove un po’ le cose, ed è esattamente quello che stiamo cercando di fare. Non è facile, ma il bello è che Guastalla ha un posizione piuttosto centrale, perciò è vicina anche a Reggio Emilia, Parma e Mantova, e molte persone vengono a trovarci da fuori. Poi, certo, ci sono anche i guastallesi che hanno scoperto il nostro progetto, lo hanno capito e tornano, o gli anziani che entrano chiedendoci se siamo una libreria — qualcuno, leggendo il nome, pensa a un bar.

A proposito del nome, da dove esce Kafféklubben?

Nicolò

Ho sentito una canzone dei Camel Power Club, circa 3 o 4 anni fa, che si chiamava Kafféklubben e mi suonava bene come parola. Avevo detto a Serena che, se prima o poi avessimo fatto qualcosa, quel qualcosa avrebbe avuto quel nome. Poi, quando si è trattato di parlare del nome della libreria, abbiamo ritirato fuori questa storia e siamo andati a cercare il nome su Google: abbiamo scoperto che è un’isola sopra la Groenlandia.

Serena

È l’isola più a nord della Terra, ed è stata scoperta all’inizio del ‘900 da Robert Peary, un esploratore americano.
Questa cosa, casualmente, sposava perfettamente il concetto di esplorazione che avevamo in mente, e abbiamo capito che era il nome giusto.

So che Kafféklubben esiste solo da poco più di un anno, ma se provate a immaginarne il futuro, che aspetto ha?

Serena

In realtà abbiamo idee abbastanza chiare su come ci immaginiamo Kafféklubben tra qualche anno.
Vogliamo aggiungere cose, partendo dalla creazione di un bar, perché abbiamo visto che dal punto di vista dell’aggregazione aiuta.
Intanto già ora ci capita di organizzare piccoli concerti davanti o dentro il negozio, abbiamo una newsletter mensile e un gruppo di lettura in partenza dedicato alla letteratura mediorientale, sia in presenza che online.

Nicolò

L’idea è sempre quella di creare una sorta di centro culturale, dove poter fare concerti, presentazioni, laboratori. Al momento lo stiamo facendo in piccolo, con lo spazio che abbiamo.

In Kafféklubben ci sono ispirazioni di altri luoghi che avete visitato?

Nicolò

Quando vivevo a Milano, mi piaceva molto andare a BASE, mi piaceva la sua atmosfera, ma mi rendo conto che qui a Guastalla sarebbe un progetto utopico [ride, ndr].

Serena

A me sono sempre piaciute molto le “librosterie”, quei posti dove si mescolano le cose.

Invece clienti che vi sono entrati nel cuore ne avete già individuati?

Nicolò

Abbiamo dei clienti affezionati, che sono molto appassionati al nostro modo di fare. Devo dire che io però non mi affeziono molto alle persone [ride, ndr].

Serena

Diciamo che li dividiamo più che altro in categorie: c’è il cliente che entra e fa tutto da solo, oppure il cliente che, appena entra, ha già bisogno di te, di chiederti cose. C’è però una cliente che compra solo ed esclusivamente libri di cani. Comunque uno preferito non ne abbiamo.

Mi sembra di capire che nella scelta editoriale avete fatto in modo di mettere dentro Kafféklubben le cose che vi piacciono.

Serena

Dal mio punto di vista, ci sono sicuramente molti saggi che riguardano la politica e piano piano mi sto concentrando un pochino sulla parte più anarchica, anche se sono difficili da proporre e ho dovuto levigare le mie passioni da libraia; sono molto fanatica degli Stati Uniti, quelli marginali, per questo in libreria abbiamo, ad esempio, un libro fotografico sugli ultimi bluesman del Mississippi o sui deserti americani.
Con Kafféklubben ho scoperto che mi piacciono moltissimo anche i libri per bambini, soprattutto quelli che hanno un stile grafico che ci è affine.

Nicolò

Io ammetto di guardare molto anche la copertina nella scelta. Comunque ho cercato di portare qui più cose possibili che riguardano la grafica e il design, ma non è stato un successo. Perciò ho puntato sulla narrativa di viaggio, libri legati alla musica e riviste indipendenti, inizialmente anche straniere, ma ora solo italiane.

Il vostro rapporto personale con i libri invece come è nato?

Serena

A casa mia non si leggeva molto, purtroppo, perciò è stata una mia iniziativa quella di avvicinarmi ai libri. Inizialmente leggevo quello che leggeva mio fratello, mentre dalle superiori ho cominciato a sentirmi molto legata anche all’oggetto libro: l’idea di stare vicino a un libro mi fa stare bene.
Quando ero a Padova ho lavorato nella biblioteca di Scienze Politiche per sei mesi ed era come essere nel mondo dei sogni.

Nicolò

Io ho un rapporto conflittuale, perché sono dislessico. Quando ero alle elementari non si sapeva ancora molto della dislessia e capitava che le maestre mi forzassero. Ma, nonostante questo, ho sempre apprezzato il libro in sé. Fin da bambino mi piaceva sfogliare le enciclopedie degli animali, di cui guardavo le immagini, o i Topolino, di cui invece inventavo le storie.
Dopo il rifiuto dei primi anni di scuola, finite le superiori ho ricominciato a leggere per conto mio.

C’è un libro che è un po’ la vostra stella del nord?

Serena

Io ho da sempre una passione per la saga dei Malaussene di Daniel Pennac, da Il paradiso degli orchi in poi la trovo proprio tutta illuminante, una dipendenza. Mi ha sempre attratto questo loro senso di comunità, l’ironia con cui scrive Pennac, seppure la sua non sia una scrittura semplice. Mi sono sentita vicina a tutti i personaggi, dal primo all’ultimo.

Nicolò

Devo dire che io vado molto a periodi e non ho un libro che a livello universale sia il mio preferito, o simili. Quest’anno ho letto Disobbedienza civile e mi ha preso molto, è stato un piccolo faro in questo momento storico.

E invece uno che consigliereste a occhi chiusi?

Serena

Al momento sto leggendo Il tallone di ferro di Jack London e credo possa essere utile come lettura per affrontare l’attualità. È un libro scritto agli inizi del ‘900 ma lungimirante nel riconoscere una lotta di classe in cui l’oligarchia schiaccia il resto della società.
Una lettura più ottimista, invece, è Wendell Berry con il suo Jayber Crow, perché riesce a mantenere una certa positività nonostante menzioni cose come la fine del mondo contadino o la tecnologia che sovrasta tutto.

Nicolò

Se dovessi scegliere, direi Storia di un corpo di Daniel Pennac, perché è impossibile non immedesimarsi, che tu sia un ragazzo o una ragazza, e I Commitments di Roddy Doyle, con la sua scrittura ironica e questa storia musicale che mette di buon umore: è sempre appassionante leggere racconti di band scapestrate.

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