Communism(s): gli inaspettati scatti del fotografo Arthur Grace nei paesi comunisti degli anni ’70 e ’80

C’è qualcosa di familiare eppure di sorprendente nelle foto scattate da Arthur Grace nei paesi dell’allora blocco sovietico durante gli anni ’70 e ’80.
Familiare perché vi si ritrovano la propaganda, il monumentalismo, le grandi parate e soprattutto la presenza costante e pervasiva dello Stato, capace di insinuarsi in ogni piega, anche la più privata, della vita delle sue cittadine e dei suoi cittadini — che è poi l’immagine che all’epoca arrivava al di qua della cortina di ferro.
Sorprendente perché in realtà, tra quelle stesse pieghe, Grace è riuscito a scovare e mostrare un ventaglio di sfumature — vitalità, giocosità, ironia, leggerezza, spensieratezza — che raramente apparivano sia nella comunicazione ufficiale dei regimi, schiacciata sullo sfoggio della propria potenza e sui valori della società capace di incarnare gli ideali socialisti, sia nella rappresentazione stereotipata diffusa dai media occidentali.

«Solo pochi fotografi che conoscevo avevano la capacità non solo di vedere attraverso le facciate così diligentemente erette dai propagandisti che cercavano di controllare le nostre osservazioni, ma anche di catturare la cruda realtà multidimensionale che quegli apparatčik1 cercavano disperatamente di nascondere» scrive Richard Hornik, che in quegli anni era un inviato del settimanale Time, a capo dell’ufficio di Varsavia del magazine, e spesso lavorava fianco a fianco con Grace, che aveva iniziato la sua carriera nel ’73 come fotografo United Press International e all’epoca era già uno dei fotoreporter di punta della stampa statunitense, grazie al suo sguardo capace di andare oltre le apparenze e a un visto che gli permetteva di viaggiare in lungo e in largo, dall’U.R.S.S. alla Polonia, dalla Romania alla DDR e alla Jugoslavia.

Invitati applaudono al discorso di Ceaușescu, Bucarest, Romania, 1977
(foto: Arthur Grace | courtesy: Damiani Editore)
Teenager della Germania Est che escono al parco, Berlino Est, 1977
(foto: Arthur Grace | courtesy: Damiani Editore)

Alcune di quelle foto sono state raccolte in un libro, Communism(s): A Cold War Album, pubblicato pochi mesi fa da Damiani Editore.
Hornik, che ne ha firmato la postfazione, parla così di quegli straordinari scatti: «Non c’è niente di semplice nelle sue immagini. Pur evitando di cadere preda della propaganda di successo del regime, ha anche respinto la contro-narrativa di un popolo oppresso e impoverito. […] Ogni volto racconta la sua storia, che inizia e finisce con la dignità interiore di quella persona. Una delle cose più difficili da spiegare dell’era trattata in questo libro è come le persone che sono state schiacciate dall’oppressione politica e dalla povertà economica siano riuscite non solo a superare le loro vite quotidiane, ma a vivere quelle vite il più pienamente possibile. Si potrebbero leggere volumi su quel periodo senza ottenere così tante informazioni su com’era vivere quei tempi quante se ne colgono esplorando le fotografie di Arthur».

Arthur Grace, “Communism(s): A Cold War Album”, Damiani Editore, 2022
(courtesy: Damiani Editore)

Sono più di 100 le fotografie che appaiono tra le pagine, realizzate da Grace tra il 1977 e il 1989, a volte in situazioni tutt’altro che semplici.
In un’intervista di Laura Bianconi uscita sulla Rivista il Mulino, il fotografo racconta che «avevano due strade per farti capire che eri controllato: la prima era lasciarti intendere che ti stavano osservando facendoti affiancare da una guida o da qualcuno dell’agenzia di stampa, un qualsiasi “giornalista”, diciamo così, della stampa locale, ad esempio. Non ci si metteva molto a capire che queste persone riferivano puntualmente al governo ciò che facevi, e anzi, di tanto in tanto, ti impedivano proprio del tutto di farlo, facendo in modo (capitava molto spesso) che tu non potessi fotografare una certa cosa o una tale persona o una determinata situazione che invece avresti voluto documentare. L’altro tipo di controllo per limitarti nel tuo lavoro e negli spostamenti era più occulto: c’erano tutte queste persone degli apparati di sicurezza statale che non vedevi mai. Stavi lì finché non spuntavano fuori dal nulla e ti dicevano “E tu che ci fai qui?”, e cominciavano col chiederti di esibire il permesso e le tue credenziali».
Per questo, Grace diventò — come spiega egli stesso nella prefazione del libro — un maestro nel far perdere le sue tracce, nel distrarre le “guide”, nell’evadere ai controlli, in tal modo riuscendo a ritrarre uno stato delle cose spesso lontano dalle narrazioni predominanti.

Il 31 agosto 1982, i leader di Solidarność che non erano già stati arrestati organizzarono manifestazioni a livello nazionale contro l’imposizione della legge marziale. Queste sono immagini di ciò che accadde quel giorno per le strade di Varsavia
(foto: Arthur Grace | courtesy: Damiani Editore)
Donne vendono scarpe di seconda mano e giocattoli in un mercatino delle pulci, Varsavia, 1982
(foto: Arthur Grace | courtesy: Damiani Editore)

Tra l’altro, essendoci pochissimi fotoreporter occidentali che avevano la possibilità di spostarsi in quei luoghi, alcune delle immagini firmate da Grace sono assolutamente uniche, e molte anche inedite, visto che in gran parte si tratta di scatti non pubblicati, rimasti fuori dai servizi giornalistici che uscivano sulle riviste occidentali. È solo di recente — e dopo diversi e pluripremiati libri — che il fotografo ha deciso di andare a ripescare nei cassetti i negativi.

«Il risveglio, negli ultimi anni, del comportamento autocratico in alcuni dei paesi che ho coperto decenni fa, mi ha fatto capire che molte delle mie fotografie dell’era della Guerra Fredda avrebbero potuto avere una rinnovata rilevanza. Le immagini un tempo considerate “outtake” hanno acquisito un nuovo significato o una nuova importanza con il passare del tempo. Questo volume contiene una selezione delle mie immagini più rappresentative di quel periodo, organizzate in modo da contribuire a contestualizzare la realtà multidimensionale di quei tempi.
Anche se queste fotografie offrono solo il più piccolo assaggio della Guerra Fredda dal punto di vista di un fotografo, spero che servano come promemoria storico di come appariva l’autocrazia allora, e di come potrebbe apparire di nuovo in un futuro non troppo lontano» scrive l’autore.

Arthur Grace

Communism(s): A Cold War Album

Damiani Editore, marzo 2022
192 pagine, cartonato in tela
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Arthur Grace, “Communism(s): A Cold War Album”, Damiani Editore, 2022
(courtesy: Damiani Editore)
Arthur Grace, “Communism(s): A Cold War Album”, Damiani Editore, 2022
(courtesy: Damiani Editore)
Un bambino incustodito in una carrozzina che dorme mentre il bucato si asciuga fuori da un condominio, Varsavia, 1982
(foto: Arthur Grace | courtesy: Damiani Editore)
Donne in fila davanti al negozio di alimentari, Varsavia, 1982
(foto: Arthur Grace | courtesy: Damiani Editore)
Arthur Grace, “Communism(s): A Cold War Album”, Damiani Editore, 2022
(courtesy: Damiani Editore)
Arthur Grace, “Communism(s): A Cold War Album”, Damiani Editore, 2022
(courtesy: Damiani Editore)
Uomo che si abbronza su una roccia, Yalta, 1987
(foto: Arthur Grace | courtesy: Damiani Editore)
Un fabbro in pausa sigaretta, vicino Cracovia, Polonia, 1989
(foto: Arthur Grace | courtesy: Damiani Editore)
co-fondatore e direttore
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