Parole di ceramica: un’intervista a Mara Grimaldi

Non vuole essere una critica, ma, a mio avviso, a furia di camminare sempre sulla superficie del mondo piuttosto che immergervici dentro, abbiamo lasciato che muscoli importanti si atrofizzassero. Uno tra tutti quello della curiosità. Lo dico perché io per prima mi sono resa conto di essere finita in una bolla — digitale e reale — in cui ciò che vedevo e continuavo ad approfondire era strettamente legato alle passioni che mi trascino dietro da sempre. Allora ho provato a emulare al contrario gli struzzi, e invece che ficcare la testa nella sabbia l’ho tirata fuori e mi sono guardata intorno, scoprendo ovviamente che la bolla sopra citata era veramente piccola.
Ho passato due settimane concentratissima sulle partite di tennis del Roland Garros, ho scoperto che i francesi se la cavano piuttosto bene nel fare film, ho cominciato a seguire profili Instagram che non parlassero solo di arrampicata e montagna ma anche di cibo, luoghi posti ad altitudini più basse, e ho scoperto che ci sono persone che fanno cose bellissime con la ceramica. Non essendo questo il luogo più adatto per intervistare tennisti, registi francesi o cuochi di ultima generazione, ho optato per seguire la scia dell’ultima categoria, quella della ceramica e farmi introdurre meglio a questo mondo conoscendo chi ne fa parte.

Grazie al consiglio di amici in comune, la mia prima scoperta è stata Mara Grimaldi, che ho raggiunto virtualmente sull’isola greca di Ikaria, dove si è trasferita da una decina di giorni con il suo compagno.

Parto da una domanda semplice ma allo stesso tempo complessa, perdonami in anticipo: chi è Mara?

Nasco inizialmente come fotografa, quindi ho studiato fotografia, ho lavorato per un po’ nel settore a Roma, poi qualche anno fa mi sono stufata di quel mondo, della sua competitività e me ne sono allontanata. A quel punto ho trovato la ceramica, sostituendo un arte visiva ad una decisamente più materiale, dove si lavora con le mani, dove non sai mai cosa uscirà fuori da ciò che crei, dove puoi avere mille progetti in testa e non vengono mai come vuoi tu.

Questo bisogno di esprimermi in qualche modo ce l’ho sempre avuto, è partito con la fotografia ed è arrivato adesso alla ceramica. E ad essere sincera il passaggio è avvenuto molto di recente, perciò non mi sento una persona che sta in questo mondo da tanto. Però ammetto che mi piace moltissimo.

Davo lezioni di tedesco ad un ragazzo, Daniele, e quando ci siamo messi a parlare dei nostri hobby, è venuto fuori che lui era architetto ma con una grande passione per la ceramica; allora gli ho proposto un baratto, in cui lui mi avrebbe dato lezioni di ceramica e io di tedesco.

L’incontro con la ceramica come è avvenuto di preciso?

È successo in modo veramente divertente: essendo per metà austriaca, davo lezioni di tedesco ad un ragazzo, Daniele, e quando ci siamo messi a parlare dei nostri hobby, è venuto fuori che lui era architetto ma con una grande passione per la ceramica; allora gli ho proposto un baratto, in cui lui mi avrebbe dato lezioni di ceramica e io di tedesco. Lui ovviamente non era un insegnante vero e proprio, perciò abbiamo cominciato a casa mia dove portava con sé le cose necessarie per creare, insomma sono state lezioni molto casalinghe.

Dopo qualche mese, ho deciso di fare un corso di tornio — la ceramica si divide in queste due grandi “fazioni” in cui c’è chi lavora solo a mano e chi solo con il tornio. Era una volta a settimana e a me sinceramente non bastava. Avevo trovato un’associazione a Roma, nel quartiere San Lorenzo, ceramica contemporanea madras, e quando si è liberato un posto lì, mi sono trovata un nuovo luogo in cui imparare e creare.
Sono stata nel laboratorio di San Lorenzo circa un anno, poi io e il mio compagno abbiamo deciso di trasferirci in Grecia e adesso mi cimento da qui. Un’amica, che vive nell’isola già da un paio di anni e che ha cominciato a lavorare con la ceramica da qualche mese, mi ha coinvolto in un laboratorio che ha trovato e che al momento stiamo sistemando: ad oggi non è altro che un magazzino vuoto; abbiamo un tornio, stiamo acquistando scaffali e forni. Essendo distante dalla zona turistica, per cercare di raggiungere le persone dovremo appoggiarci a realtà locali, che vendono oggetti per turisti. Perciò l’idea è produrre in inverno per vendere poi a chi viene in vacanza in estate.

Come tutte le cose belle, immagino che anche la ceramica abbia i suoi pro e contro.

È un po’ come tutte le cose. Ma anche un po’ come l’arrampicata, che so pratichi anche tu: pensi di aver capito i movimenti giusti, come arrivare in cima, ma poi in realtà è molto più difficile di quanto sembri, anche se la sensazione, quando arrivi alla fine della via, è bellissima.
A complicare le cose è il fatto che l’argilla è veramente imprevedibile. Ci sono tanti fattori esterni che non puoi controllare, e perciò è difficilissimo avere in testa una cosa e farla uscire esattamente come te la immaginavi. Però, chissà, magari sono io che non ho abbastanza esperienza, magari ci vogliono anni e anni di studio e lavoro, o magari sarà sempre così.

C’è stato un oggetto che guardandolo ti ha fatto capire che è decisamente bello ciò che si può creare con la ceramica?

A farmelo capire non è stato tanto un oggetto, quanto il riuscire a creare qualcosa che avevo in testa. Il sentimento che tu descrivi l’ho provato quando sono arrivata alla conclusione che una forma che avevo immaginato testa potevo ricrearla. E non è arrivata subito, per me. All’inizio hai in testa un bicchiere e viene fuori un piatto, perché magari non hai capito come lavorare, quanto tempo aspettare per l’asciugatura…

A proposito di tecnica, che rapporto hai con i materiali che utilizzi?

Il materiale che mi piace di più lavorare sono le argille nere, perché sono molto plastiche e si lavorano facilmente, senza scomporsi. Quelle di cui invece mi piace tantissimo l’effetto finale sono le argille bianche e i grès bianchi, che però da lavorare sono veramente faticosi, perché hanno la tendenza a distorcersi in cottura.

Come ci si sente a lavorare con le mani, quando siamo abituati a usarle molto di più per scrollare una pagina virtuale?

Ho sempre sentito la necessità di un’attività che non avesse a che fare con il mondo virtuale: da diverso tempo cucio, lavoro con i tessuti o con l’uncinetto, trascorrendo così i miei inverni.
Ammetto anche che avendo una formazione da fotografa, tutto ciò che è solo visivo mi ha stancata. Preferisco decisamente mettere tutte le mie energie in ciò che sto creando con le mie mani.

Ovviamente ogni pezzo che crei è composto da materia, ma c’è anche qualcosa di immateriale che metti nelle tue creazioni?

Sicuramente le idee iniziali, perché parti sempre da un progetto quando crei. È certamente terapeutico e bello prendere un pezzo di argilla e lavorarlo per vedere cosa ne esce fuori, ma le idee ci sono e servono sempre. Per esempio, qui in Grecia, ho scoperto piante nuove che non avevo mai visto e mi vengono in mente cose da creare.

Quando hai cominciato ad avvicinarti a questo mondo, ci sono stati nomi, persone o profili social a cui hai guardato o guardi ancora in cerca di ispirazione?

Forse sarà bruttissimo dirlo, ma vivo per i video di ceramica su Instagram [ride, ndr].
Devo dire che mi sono stati veramente tanto utili. Capisco che non sia particolarmente rispettoso per tutte quelle persone affermate, che negli anni passati hanno creato cose meravigliose e sono artisti “veri”, anche se considero veri anche quelli presenti sui social, però ecco, penso che ai giorni nostri sia abbastanza normale che ci sia un’attrazione verso questi video.
Su Instagram ci sono persone che ammiro e ammetto che mi piacerebbe essere come loro: mi piace moltissimo una ragazza messicana, @taro.ceramica, ma soprattutto @handandfire, la trovo ammirevole, perché usa elementi completamente naturali come la terra, lavorandola per farla diventare argilla.

C’è qualcuno con cui ti piace confrontarti dopo aver creato qualcosa?

Nel laboratorio a San Lorenzo eravamo in sei e non eravamo sempre tutte insieme, ma c’era una persona che per me è stata come una mentore, Tania. È una ceramista molto brava e lavora la ceramica da tutta la vita. È una delle persone con cui avevo più piacere a condividere le cose, anche per il suo sapere infinito.
La ceramica per me è stata comunque molta condivisione, perché è nata con Daniele, a cui davo lezioni. Durante la pandemia ci riunivamo con amici a casa per realizzare cose assieme. Poi mi è sempre piaciuto condividere con gli altri ciò che sapevo, perciò insegnare agli altri o creare assieme cose.

Qual è la cosa a cui sei più legata che hai creato e quella che ti piacerebbe creare?

La cosa che ho già creato è sicuramente il vaso con un buco nel mezzo, una delle forme di cui sono più soddisfatta tra quelle che ho realizzato. Sono una persona a cui piace porsi obiettivi e, anche se ci metto il mio tempo, sono testarda e ci tengo a realizzarli. Per giunta, sembra semplice ma con l’argilla non è mai come sembra, perché ha una sua anima e fa un po’ come vuole lei.
Tra ciò che vorrei creare invece ci sono molte forme animali, che ho in testa da un po’ e che non ho mai esplorato o messo in pratica.

C’è qualcosa che ti spaventa tantissimo dell’essere una ceramista?

Sì, tutto [ride, ndr].
È già di per sé un cambiamento di vita piuttosto grande quello che ho fatto. Per giunta sono in una paese che non è il mio e mi spaventa essere percepita dagli altri ceramisti come la concorrenza, l’elemento ostile. Certo, grazie a Clara, la mia amica con cui stiamo risistemando il laboratorio, abbiamo già creato una piccola rete di amicizie e non è la prima volta che vengo qui, ma il timore c’è, soprattutto all’inizio. Però sono abbastanza fiduciosa: mi spaventa tutto, ma ho anche tanta voglia di mettermi in gioco.

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