I ritratti tessili di Bisa Butler

Cresciuta nel New Jersey in una famiglia con influenze culturali molto varie (la madre proveniva da New Orleans, il padre dal Ghana), l’artista tessile Bisa Butler è uno dei nomi di punta della nuova generazione di artiste e artisti che lavorano, attraverso le loro opere, sull’identità delle persone nere e sul retaggio della comunità africana-americana.
Formatasi alla Howard University di Washington — istituto che fa parte della HBCU, acronimo che sta per Historically black colleges and universities e raggruppa le università e i college nati per le minoranze etniche — Butler oggi riconosce di aver ricevuto una forte influenza dalle idee e dagli stimoli dei suoi insegnanti, alcuni dei quali fecero parte del collettivo AfriCOBRA, nato nel ’68 con l’intento di definire una “nuova estetica nera”.

Durante l’ultimo anno alla Howard, incinta di una bambina e fisicamente e mentalmente distrutta dal dover completare il suo progetto di laurea in Belle Arti durante gli ultimi mesi di gravidanza, Butler cominciò ad essere nauseata riguardo a tutto ciò che aveva a che fare con la pittura: «Ho pensato per un po’ che non sarei più stata in grado di fare arte» ha raccontato in un’intervista a Vogue, dicendo di essere disgustata da tutto: l’odore delle vernici, le sostanze chimiche tossiche, i pennelli a punta, la disposizione del cavalletto… Decise, tuttavia, di non darsi per vinta, e qualche anno dopo si iscrisse alla Montclair State University, dove si imbatté in un corso di arti tessili che cambiò la sua vita: si rese conto, infatti, che non avrebbe più avuto bisogno di pennelli e tele, le sarebbero bastati i tessuti e i fili.

La sua prima opera, realizzata alla Montclair, Butler la dedico a sua nonna ammalata, che sarebbe poi morta di lì a poco, seguita, due anni più tardi, dalla madre.
Quello fu l’inizio di un lungo percorso che l’ha portata a specializzarsi in ritratti trapuntati, combinando la storica tradizione africana-americana del realizzare trapunte (un’arte che viene tramandata da generazioni, fin da prima della guerra civile) con l’utilizzo di tessuti africani (specialmente dell’Africa orientale, terra d’origine del padre), usando spesso come base di partenza vecchie fotografie della comunità nera, la maggior parte delle quali provenienti dagli archivi della Farm Security Administration, ente governativo che negli anni ’30 e ’40 finanziò la ripresa economica del paese e col suo “Photography program” pagò centinaia di fotografi, mandandoli in giro nelle aree rurali a documentare le condizioni di lavoratrici e lavoratori nel periodo della cosiddetta Grande Depressione, di fatto realizzando un enorme ritratto collettivo della nazione.
«Ho sentito questo incredibile senso di responsabilità» ha spiegato Butler parlando della sua ricerca di vecchie foto. «Non posso lasciare la mia gente qui, in questo database. Anche se sono persone morte, credo che ci sia qualcosa di spirituale. Le loro anime si chiedono: “chi noterà questa foto, e quando?”».

Più di vent’anni dopo il suo primo ritratto trapuntato, Bisa Butler è oggi un’artista conosciuta in tutto il mondo, tra mostre, copertine di riviste e di libri, e un’incessante impegno politico che l’ha portata a essere una delle icone dell’attivismo nero.
Tra le sue opere più celebri c’è un meraviglioso ritratto del compianto attore Chadwick Boseman, ma le sue trapunte forse più affascinanti sono proprio quelle che prendono forma a partire da foto di uomini, donne, bambine e bambini neri senza nome che hanno vissuto nell’America degli anni ’30 e ’40, profondamente diversa da quella di oggi, eppure ancora piena di problemi.
«Siamo persone che hanno fatto molta strada» afferma Butler, «ma continuiamo comunque a lottare. Ci sono ancora molti mali sociali che affliggono la mia gente. Voglio affrontarli, ma non seguendo questa visione paternalistica del tipo “oh, poveri loro”. Non mi interessa. Sono più interessata a mostrare, a dire, “guarda cosa possiamo fare!”».

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