Will You Marry Me? Il video e la galleria della performance di Sara Leghissa a Bologna, organizzata da CHEAP

«Organizzarsi in maniera rivoluzionaria implica un gioco sottile tra il visibile e l’invisibile, il pubblico e il clandestino, il legale e l’illegale. Bisogna accettare che la lotta, in questo mondo, sia essenzialmente criminale, visto che tutto è diventato criminalizzabile. Ai nostri giorni, anche i militanti che prestano soccorso ai migranti, se vogliono agire liberamente, devono ricorrere a una furbizia da Sioux per mettere in scacco la sorveglianza di cui sono oggetto».
A dirlo, e a metterlo nero su bianco, è stato lo sfuggente e misterioso Comité Invisible, collettivo francese apparso per la prima volta nel panorama radicale francese nel 2005, i cui scritti sono stati raccolti, tradotti in italiano e pubblicati da Nero nella collana Not un paio di anni fa nel libro Comitato Invisibile.

Da sempre chi esercita il potere esprime le leggi che consentono al potere stesso di essere e rimanere tale. Leggi e regole, condivise o meno all’interno della società che esse ordinano, sono la manifestazione di chi detiene il controllo e il dominio. Talvolta le norme rendono evidente la volontà che c’è dietro — vedi il divieto di aborto, le penalizzazione dell’uso di droghe, il divieto di blocco stradale in caso di sciopero. In altre situazioni il “gioco” è più sottile, come in quei casi in cui un reato penale come gli atti osceni in luogo pubblico o il fare la pipì per strada viene depenalizzato, ma non per magnanimità bensì per fare in modo di colpire in maniera più massiccia, in nome del fantomatico “decoro”, comportamenti che finché ricadevano nel codice penale non venivano quasi mai perseguiti, nel contempo monetizzando a favore delle casse pubbliche.

Sono dunque «i gesti illegali a rendere visibili coloro che sono al potere», per citare l’artista e attivista Maddalena Fragnito — un pensiero citato dalla performer e ricercatrice indipendente Sara Leghissa nel raccontare il suo progetto Will You Marry Me?, pensato proprio come opera di confine tra il visibile e l’invisibile, il legale e l’illegale, la legge e il diritto, attraverso una performance che si sviluppa nella forma di una conferenza temporanea nello spazio pubblico e un discorso fatto usando i manifesti e l’azione fisica di attaccarli al muro.

(foto di Michele Lapini | courtesy: Cheap)
(foto di Michele Lapini | courtesy: Cheap)

«Partendo dal presupposto che la legge sia un parametro fluido, che cambia a seconda del contesto, del periodo storico e dei privilegi di cui godiamo» spiega Leghissa, «essa definisce ciò che è considerato morale, lecito, in altre parole, giusto. Distribuisce il potere e la percezione del potere nella società, definendo, normalizzando, dividendo e controllando. Concentrandosi sulla relazione tra illegalità e spazio pubblico, la conferenza invita a relazionandosi su questo bordo tra legale e non legale. Esplora come poter agire la disobbedienza sotto gli occhi di tutt*, per suggerire possibili forme di complicità e resistenza».

Il lavoro — che è diventato anche un libro (che non è “solo” un libro ma pure un dispositivo da utilizzare, usando i manifesti che raccoglie) — si ispira alle testimonianze e alle pratiche di chi l’illegalità è costretta a viverla sulla propria pelle — persone clandestine, irregolari, ai margini, o che semplicemente non possono esercitare un proprio diritto (vedi l’aborto) proprio a causa della legge — raccolte dall’artista tra Prato, Ramallah, Marsiglia, Madrid e Nyon.
«Ho ampliato la ricerca per esplorare quello che viene chiamato “uso mimetico della legge”» dice la performer, «ovvero quelle pratiche che usano la legge per violare la legge, dove esiste una netta negazione dei diritti umani. Potremmo citare, come esempi, la pratica di sposare qualcuno per acquisire la cittadinanza in un altro paese, o, nei paesi che vietano l’aborto, organizzare viaggi in acque internazionali per abortire. Qual è la forza di un atto illegale? Perché è usato come pratica di resistenza e combattimento?».

Lo scorso 16 settembre Leghissa ha portato la sua conferenza temporanea a Bologna, grazie alle attiviste di CHEAP, che hanno organizzato la performance nella centralissima via Marchesana, sotto gli sguardi di chi era lì proprio per assistere e chi, invece, si trovava a passare e a leggere, nel silenzio dell’azione artistica, i manifesti che, uno dopo l’altro, evidenziavano questioni di primaria importanza e ponevano domande cruciali.

Riprese e montaggio del video sono di Dario Barletta.
Le foto che seguono sono di Michele Lapini.

(foto di Michele Lapini | courtesy: Cheap)
(foto di Michele Lapini | courtesy: Cheap)
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