«Compagni, non abbiate paura delle novità, non rifiutate la realtà perché vi presenta incognite nuove e non corrisponde a schemi tradizionali, comodi ma ingannevoli […]».
Così Luciano Lama — storico segretario generale della CGIL durante uno dei periodi più caldi della storia italiana e delle politiche del lavoro (1970-1986) — nel suo discorso di addio alla segreteria, pronunciato il 28 febbraio 1986 davanti alla platea del XI Congresso nazionale del suo sindacato.
Per chi all’epoca le ascoltò, quelle parole aprivano una strada verso il futuro. Oggi, stampato sulle pagine di uno dei libri più pazzi e al contempo lucidi usciti negli ultimi anni, l’invito a non lasciarsi intimorire dal nuovo appare come un’esortazione — rivolta a lettori e lettrici — a mettersi nella condizione di ascolto e comprensione necessaria ad afferrare il senso di un’operazione apparentemente senza senso. Ed è anche un’amorevole e paterna benedizione, quella di Lama, che dal passato sembra idealmente approvare un progetto come Ciao nonna, che a un primo, superficiale sguardo, fin da quella falce e martello spixelata e verde fluo in copertina, potrebbe apparire come una grande operazione di trolling fatta da un sindacato — lo SPI – CGIL, che è il sindacato dei pensionati — da cui ci si aspetterebbe roba vecchia, per vecchi.
Io stesso, quando ho ricevuto il libro, sono rimasto a bocca aperta. E sì che ero stato avvertito: uno degli ideatori, Alessandro Tartaglia dell’agenzia di design e comunicazione FF3300, mi aveva chiamato mesi fa annunciando «ti arriverà un libro “fuorissimo”. È del sindacato dei pensionati ed è pieno di meme. Poi mi dirai che ne pensi». Lì per lì avevo sorriso all’idea, ma quando poi l’oggetto è arrivato, nella sua accecante veste rosso-pugno-chiuso e verde-titolo-di-un-articolo-di-Not-su-chthulucene-o-xenofemminismo, sono effettivamente rimasto sbalordito.
«Che diavolo sto sfogliando?» mi sono chiesto, mentre sotto agli occhi mi passavano foto storiche e foto contemporanee, stati di Facebook sgrammaticati, scritte sui muri, screenshot sgranati del quiz L’Eredità, Stalin che fa il cuore con le mani, frammenti di articoli, l’inconfondibile sorriso triste di Hide the Pain Harold.
E: «cosa stanno cercando di dirmi i vecchi?».
La risposta l’ho trovata alla fine, proprio nelle parole di Lama, in quel suo profetico «Compagni, non abbiate paura delle novità», e in quelle di Fabrizio Luisi, sceneggiatore e insegnante di comunicazione politica, autore della postfazione, dove spiega tutto il senso della strategia di comunicazione che da qualche anno SPI – CGIL sta portando avanti grazie alle idee di Lorenzo Rossi Doria e Fulvio Venanzetti, che fanno parte dello staff che si occupa della comunicazione del sindacato, e di FF3300, nelle vesti di Carlotta Latessa e del già citato Alessandro Tartaglia.
Sono loro quattro — Rossi Doria, Venanzetti, Latessa e Tartaglia — ad aver concepito e prodotto Ciao nonna, uscito come libro in edizione limitata, spedito ad alcuni personaggi del mondo della cultura (nel senso più ampio possibile) oltre che in vendita online a un prezzo che più politico non si può: 13 Euro per un curatissimo tomo di 192 pagine che tra qualche anno, non ne dubito, sarà un oggetto da collezione.
Frutto e summa di un percorso iniziato già nel 2016, quando è stata stretta la collaborazione tra lo SPI e FF3300, Ciao nonna — il titolo è stato preso da una scritta con lo spray su un muro, accompagnata da falce e martello — è una tappa importante ma non conclusiva di un discorso che è cominciato con l’idea-cardine di (ri)portare nella contemporaneità e al centro del dibattito pubblico un sindacato enorme (SPI ha quasi la metà dellз iscrittз di tutta la CGIL ed è l’organizzazione sociale più grande e strutturata dell’intera Europa) ma che di certo per tanto tempo non ha brillato in quanto a capacità di usare un linguaggio adeguato per conquistare l’attenzione di tutta quella fascia di cittadine e cittadini per cui la pensione non è ancora un traguardo ravvicinato.
Tutto è cambiato con l’arrivo di FF3300, che si è occupato della strategia e del design, e di Rossi Doria e Venanzetti, responsabili invece dei contenuti.
«Ciò che trovi all’interno del libro sono cose che abbiamo fatto in questi anni, alcune delle quali rielaborate ad hoc per la pubblicazione in volume» spiega Rossi Doria, che ho incontrato virtualmente durante una lunga videochiamata cui hanno partecipato anche Venanzetti, Latessa e Tartaglia.
Da quella chiacchierata sono uscite fuori alcune domande e tante risposte.
Lo chiedo a tuttз voi: qual è dunque lo scopo di Ciao nonna?
Rossi Doria:
Veniamo da un’antica e forte tradizione di rapporto organico col mondo della cultura. Un tempo i migliori registi italiani prestavano la loro opera alla classe operaia, al mondo del lavoro e al sindacato. Guttuso era organico alla CGIL. E poi i cantautori impegnati… Questo panorama non esiste più da molto tempo. Oggi il mondo sindacale non ha dei punti di riferimento culturali. Noi, molto modestamente, stiamo cercando di ricostruire un campo, utilizzando questo libro come “cavallo di Troia”, sia per rinsaldare una serie di alleanze che già avevamo attivato sia per aprire nuove relazioni. Con Ciao nonna stiamo quindi “bussando” a molte porte. Alcune di esse sono spalancate — a volte anche in maniera molto inattesa, e questo è bellissimo —, altre sono socchiuse e se gli dai un calcetto si aprono. Altre ancora sono blindate.
Tartaglia:
Se la produzione culturale è il campo dove, dopo la caduta delle ideologie, ci si confronta per la costruzione del senso comune, a quel punto bisogna essere dentro una rete di soggetti attivi nella produzione culturale, capaci di condizionare la percezione della realtà, di fare egemonia.
Per questo il libro è un asset strategico.
Venanzetti:
La logica è anche questa: c’è tutta una enorme fetta di popolazione che non ci conosce e, se ci conosce, ci schifa, ci associa a un modello vecchio. Molto banalmente l’obiettivo del libro è anche di raccontare chi siamo e cosa facciamo in maniera più contemporanea. Per esempio: un tizio finisce a casa tua, apre il libro e si sorprende.
Rossi Doria:
Aggiungo che il libro è pure una sorta di “sfogo” degli autori. La nostra è comunque una comunicazione istituzionale: il nostro obiettivo è che chi vede ciò che facciamo possa dire «è strano, però ci sta che il sindacato pensionati della CGIL dica o faccia questo». Vogliamo essere di impatto per un pubblico molto ampio, che vada anche oltre il nostro “steccato”.
Il libro è pieno di meme. Così come la comunicazione di SPI da quando ve ne occupate voi. È questo l’unico modo di parlare al pubblico, oggi?
Rossi Doria:
Io ho 37 anni, Fulvio ne ha 30. Tante cose sono frutto della nostra formazione culturale e dell’età che abbiamo.
Buona parte del lavoro è farina del nostro sacco ma, vivendo all’interno di un’organizzazione politica, tutto quello che noi buttiamo fuori passa per un vaglio. Non siamo delle “schegge impazzite”. Il nostro capo, il segretario generale dello SPI – CGIL Ivan Pedretti, è pienamente consapevole di ciò che facciamo e, soprattutto, lo condivide. Ci ha pure scritto la prefazione.
Il nostro scopo è rendere “fico” il sindacato dei pensionati. Sapendo che ha grandi potenzialità ma anche grandi, oggettivi limiti, e sapendo che ci portiamo sulle spalle un marchio, che è quello della CGIL, che ha una sua storia e una sua importanza, ed è una presenza a volte ingombrante.
Credo che la maggior parte di noi — e con “noi” intendo praticamente tutti coloro che non sono ancora in pensione — abbia l’immagine stereotipata del pensionato, che facciamo combaciare con quella dei nostri nonni e delle nostre nonne. Ma chi va ora in pensione è spesso già alfabetizzato a livello digitale. E molto più swag di quello che pensiamo.
Rossi Doria:
Esatto. La digitalizzazione della nostra comunicazione, se all’apparenza potrebbe sembrare velleitaria, in realtà risponde a delle esigenze precise di natura organizzativa: intercettare i nuovi pensionati.
Secondo punto: i nuovi pensionati hanno esigenze diverse rispetto a quelli di ieri. Sta cambiando molto la figura del pensionato.
Venanzetti:
Gli anziani sono anche quelli che muovono l’economia del paese. Vanno nei cinema, nei ristoranti, hanno immobili, e il loro reddito è rimasto sostanzialmente invariato, nonostante le crisi.
Tartaglia:
E poi gli anziani, come sappiamo, purtroppo muoiono. I dati ci dicono che ne perdiamo 120.000 ogni anno, e quindi ogni anno si sposta anche il periodo di riferimento della loro “età d’oro”. Motivo per cui, nel racconto del sindacato, non si può parlare sempre di Resistenza partigiana. I “nuovi vecchi” si ricordano il ’68.
Per questo c’è stato anche un gran lavoro di analisi e di studio degli archivi storici CGIL, recupero di materiale fotografico, studio del linguaggio e degli slogan.
A proposito di questo: parlatemi del lavoro sull’archivio che avete fatto per Ciao nonna.
Rossi Doria:
L’archivio storico della CGIL è sconfinato. Ma in questi anni è stato poco valorizzato.
Nel libro c’è una sorta di filo rosso: spesso ricorre una doppia pagina che presenta una foto del passato e una foto del presente. È un accostamento spontaneo, non artificiale. Gli slogan che noi abbiamo elaborato per l’oggi, li abbiamo riscoperti molto simili, a volte identici, nei materiali storici.
Quelle doppie pagine dimostrano anche una cosa molto importante, e cioè che le battaglie sono le stesse di ieri, ma vanno aggiornate alla contemporaneità.
Il modello che noi proponiamo non è quello di cambiare radicalmente i principi e i valori del sindacato. La proposta, anzi, è quella di continuare per quelle strade che il sindacato, nella sua storia, ha già battuto con molto successo, semplicemente adeguandole ai tempi.
Latessa:
Avevamo una cartella con migliaia e migliaia di immagini accumulate da noi e da Lorenzo negli anni. Per l’editing abbiamo passato una settimana chiusi tutti assieme in un ufficio per selezionare i materiali.
Rossi Doria:
Credo che ognuno di noi abbia portato dentro a questo libro i propri mondi.
Ci sono citazioni di testi indie, di rap, cose più “psichedeliche” (Alessandro), nerdismo (Carlotta e Fulvio), i meme che ci piacciono, il modo in cui comunichiamo noi…
L’opera è composta essenzialmente di immagini, suddivise per blocchi tematici — Liturgia, Eredità, Non è mai troppo tardi, Money money money, Odi et amo, Virology —, introdotti da brevi testi. Avete lavorato prima a questi o alla parte visiva?
Rossi Doria:
I testi, scarni e scritti in un linguaggio accessibile, sono nati dopo il percorso narrativo per immagini.
Tartaglia:
Essendo pieno di immagini, la tendenza è di sfogliarlo casualmente. In realtà è un libro-libro. Ha un filo. E se ne comprende pienamente il senso andando in ordine dall’inizio alla fine.
Latessa:
Ogni pagina, ogni meme, ogni scritta raccontano una storia. La postfazione tira i collegamenti: quella che può sembrare una babele, comincia a prender forma in un racconto specifico.
Una curiosità a livello grafico: da dove viene il carattere utilizzato in copertina, nell’indice e nei testi delle varie sezioni?
Tartaglia:
Viene fuori da una situazione stranissima. Tempo addietro ero a Napoli e raccolsi un volantino da terra, che era scritto con questo carattere. C’era un slogan: “Vogliamo tutto, lo vogliamo subito”.
Poi, quando è venuto fuori il progetto del libro, ho pensato di usarlo.
Scherzando tra noi, all’inizio abbiamo buttato giù tre linee di lavoro: “dentro”, “fuori” e “fuorissimo”. [Ridendo, ndr] Abbiamo scelto “fuorissimo”.
Tra le ispirazioni iniziali per il volume c’è il catalogo della mostra Happening and Fluxus, quello con tutte le pagine diverse e con l’unica regola di non avere regole.
Lorenzo voleva “un libro grosso”, che esprimesse una certa potenza. Io ho proposto di mettere una falce e martello fluo in copertina.
Rossi Doria:
A parte gli scherzi, a questo libro, e in generale a tutta la comunicazione dello SPI, viene a volte criticato il fatto di essere troppo avanti. È una critica che a me ferisce. Perché non c’è mai un “troppo avanti”. La critica dell’avanguardismo è una critica conservativa.
Il libro è stato inviato a 400 pensionati in tutta Italia. Alcuni lo hanno molto apprezzato, qualcuno è rimasto un po’ spaventato dall’operazione.
Sul sito creato ad hoc per il progetto c’è scritto: «Un libro dei “vecchi” e sui “vecchi” che ha però l’ambizione di parlare a tutti quei giovani che non hanno ancora una piena rappresentanza politica e sindacale». Com’è stato accolto da quei nomi della cultura a cui lo avete mandato?
Rossi Doria:
Molto bene. Il suo ruolo l’ha svolto egregiamente.
Tartaglia:
L’invito è quello di unire le lotte. Farle in tanti modi diversi, questo è chiaro, ma unirle. Noi il nostro messaggio l’abbiamo mandato.