Un pomeriggio assolato d’autunno del 1910, un ragazzo si siede in una panchina di Piazza Santa Croce a Firenze: conosce bene quella piazza, ma per la prima volta la vede deserta. Ne coglie solo in quel momento gli enormi spazi e ne ha una percezione difficilmente spiegabile a parole. Scrisse diversi anni dopo, «ebbi la strana impressione di guardare quelle cose per la prima volta». Quel ragazzo si chiamava Giorgio De Chirico e per lui, quel giorno, fu il momento esatto in cui nacque la Pittura Metafisica.
Firenze senza il consueto flusso turistico e con la chiusura di molte delle attività sembra essere tornata la città “sospesa” ed “enigmatica” di cui parlava l’artista: sembra essersi riappropriata di spazi e volumi di cui gli abitanti hanno sempre saputo ma che facevano fatica a vedere.
È in questo contesto, durante il primo lockdown, che il fotografo Lapo Baraldi ha voluto fotografare una città svuotata, nuova e allo stesso tempo antica, capace più che in altri momenti di essere non solo spazio urbano ma soprattutto “luogo del pensiero”.
Il suo è stato un percorso di ricerca, partendo dall’ipotesi che quella situazione di vuoto e silenzio fosse la più vicina all’ideale di architetti come Vasari, Brunelleschi, Giotto, Ghiberti, Michelangelo e molti altri pensatori ed artisti che hanno pensato e progettato questa città.
Tutte le foto sono state realizzate durante le ore pomeridiane di aprile, quando il sole è più forte e riesce quindi a definire ombre nette e forme assolute: quando Firenze assomiglia a quella città ideale rappresentata nei dipinti rinascimentali. Anche per questo motivo il fotografo ha deciso di utilizzare tecniche fotografiche tradizionali, il negativo bianco e nero di medio formato, così da realizzare immagini fuori dal tempo, cronologicamente indefinibili: non è un caso che diversi tagli e inquadrature delle foto realizzate possono essere ritrovate oggi nell’Archivio Storico Alinari di Santa Maria Novella. Non si vuole scoprire una nuova Firenze, ma una città che c’è sempre stata e doveva solo venire fuori.
Queste vedute architettoniche sono diventate un libro, Firenze com’è, edito da Forma Edizioni. Il progetto grafico è stato curato da Silvia Agozzino di Studio MUTTNIK. La pubblicazione è introdotta da un testo di Elena Ronchi: una breve storia, una riflessione, sul bisogno umano di fermarsi per poter vivere e osservare le città, contemplarla, godere della sua bellezza, della necessità di farla diventare un po’ più nostra.
La singolarità di questo progetto non è quella di raccontare le inevitabili difficoltà del lockdown, ma è il tentativo di cogliere l’occasione per poter guardare con occhi nuovi una città riscoperta, svelata: più o meno quello che accadde a quel ragazzo seduto su una panchina di Santa Croce, un po’ di tempo fa.