La donna dagli aghi: un disturbante resoconto medico dell’800 ripubblicato dalla casa editrice ex umbris

«[…] nel mese di giugno 1828, mi occorse la cura di un caso de’ più sorprendenti e rari che si leggano nelle mediche storie.
Magni Maria figlia di Filippo e di Giacinta Nosotti, di miserabile condizione, d’anni 19, di Religione Cattolica, nativa di Magenta, Provincia di Pavia, contadina, d’aspetto scrofoloso, ma dotata di temperamento sanguigno e di beotico-apoplettico abito di corpo, negli anni addietro regolarmente mestruata, aveva sempre goduto di buona salute. Ella era però di testa leggera, pronta nell’ordire furbe e bizzarre invenzioni, e poco amante del campestre lavoro, come emerse dalle disposizioni degli stessi di lei genitori; sicché nel paese l’irregolare sua allegria e portamento le procacciarono il soprannome di Mattocca, e di Birla. In onta a ciò non si può dire che la Magni fosse irreligiosa, né scostumata, né pazza.»

Comincia così — con quella che sembra una via di mezzo tra una pagina rubata al Diario del dott. Seward nel Dracula di Bram Stoker e un ottocentesco verbale redatto in una stazione dei Carabinieri di provincia — La donna dagli aghi, un disturbante quanto bizzarro resoconto medico di un caso realmente accaduto, e riportato dal medico milanese Giuseppe Ferrario in un libro pubblicato originariamente nel 1829 e oggi riproposto, a quasi due secoli di distanza, in una nuova edizione dalla casa giovanissima casa editrice ex umbris, che si definisce come «un progetto di micro-contro-editoria che dagli anfratti più scuri delle biblioteche ripropone testi inopportuni, crudeli, repellenti, dissonanti, imperfetti, sotterranei».

Giuseppe Ferrario, “La donna dagli aghi”, ex umbris, 2020 (foto: Frizzifrizzi)

All’epoca dei fatti, Ferrario lavorava come chirurgo all’Ospedale Maggiore di Milano e si era laureato appena quattro anni prima con una tesi intitolata Influenza fisiologica e patologica del suono del canto e della declamazione sull’uomo. Dissertazione.
Il 19 giugno del 1928 il medico prese in cura la giovane Maria Magni, che aveva violenti attacchi epilettici, febbre e il corpo pieno di ulcere e tumefazioni dovute — da qui il titolo — dalla volontaria introduzione di aghi da cucito nel proprio corpo, sia inseriti nella pelle che inghiottiti.

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Contansi già 118 pezzi d’ago, tra estratti e vomitati. Gli ultimi quattro o cinque pezzi erano in siffatto modo attaccati dalla ruggine che corroso ne era il metallo, e reso molto scabro.

Giuseppe Ferrario, “La donna dagli aghi”, ex umbris, 2020 (foto: Frizzifrizzi)
La tavola, che indica le posizioni degli aghi e, coi segni tondeggianti, le applicazioni di potassa caustica, era presenta nella prima edizione originale del libro.

Il libro è un dettagliato rapporto sui 332 giorni in cui il chirurgo ebbe in cura la paziente, durante i quali le vennero estratti più di 300 aghi e lui, oltre a occuparsi di lei dal punto di vista sanitario, cercò di venire a capo del “mistero”: come mai continuavano a uscire aghi? Per quale motivo erano stati introdotti in quel corpo?

Assolutamente sconsigliata agli aicmofobici, cioè a coloro che hanno paura degli aghi, l’opera di Ferrario è né più né meno che un diario medico. Tuttavia il linguaggio antiquato e ufficiale, la curiosa patologia, e la cura dell’autore nel riportare ogni singolo particolare derivato dall’osservazione della donna e dalla propria esperienza, lo rendono un testo molto affascinante proprio per la sua morbosa singolarità.

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La donna è tormentata da dolore pungente all’angolo interno dell’occhio destro.
Le palpebre sono edematose: iniettata è la congiuntiva delle palpebre e del bulbo; e pare che vicino all’orbita abbia a scoprirsi qualche pezzo d’ago.

Ad aggiungere attrattiva a La donna dagli aghi c’è inoltre la drammatica biografia della paziente, che, secondo il racconto di Ferrario — interessato a indagare non solo il corpo ma anche la mente della povera Maria Magni — andò in crisi dopo la prematura morte della sorella, che causò in lei cefalea, vertigini e perdita dei sensi. La questioni degli aghi, a quanto pare, iniziò nel 1927, quando, passeggiando di primo mattino in compagnia di un suo fratellino, trovò una carta azzurra perduta da qualcuno. Dentro c’erano 70 o 80 aghi da cucire e «siccome la carta che li conteneva era bagnata dalla rugiada per cui erasi lacerata nell’aprirla, così, onde non perdere questi aghi, la Magni se li piantò tutti colla punta all’insù per entro del busto, nell’orlo superiore della sua parte destra».

Giuseppe Ferrario, “La donna dagli aghi”, ex umbris, 2020 (foto: Frizzifrizzi)

Ovviamente, visto il periodo, non mancarono accuse di stregoneria. Ferrario riporta quella della vicina di letto, che la considerava appunto un strega e non voleva farsi toccare né da lei né dal dottore, convinta di poter essere “contagiata” dal potere degli aghi.

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[…] Ciò posto, credo che la Magni di notte, o nella mattina per tempo, si cacci dentro ella medesima gli aghi all’insù nella vagina perché escano di preferenza nella giornata. […]

Chi ha in casa uno scaffale dedicato alla “letteratura morbosa”, accoglierà La donna dagli aghi come un gioiellino finora perduto (si trovano delle prime edizioni ma sono piuttosto costose). Quella pubblicata da ex libris — che, dopo una altrettanto bislacca fanzine, esordisce nel mondo dell’editoria proprio con questo volume — è un’edizione molto fedele a quella originale, data alle stampe da una delle più storiche tipografie milanesi, quella di Giacomo Pirola, che venne fondata a fine ‘700 e dalla quale uscirono anche i libretti d’Opera per La Scala.

Il libro, 160 pagine, stampato su carta Favini Aralda per gli interni e carta Fedrigoni Tintoretto per la copertina, si acquista online.

Giuseppe Ferrario, “La donna dagli aghi”, ex umbris, 2020 (foto: Frizzifrizzi)
Giuseppe Ferrario, “La donna dagli aghi”, ex umbris, 2020 (foto: Frizzifrizzi)
Giuseppe Ferrario, “La donna dagli aghi”, ex umbris, 2020 (foto: Frizzifrizzi)
Giuseppe Ferrario, “La donna dagli aghi”, ex umbris, 2020 (foto: Frizzifrizzi)
Giuseppe Ferrario, “La donna dagli aghi”, ex umbris, 2020 (foto: Frizzifrizzi)
Giuseppe Ferrario, “La donna dagli aghi”, ex umbris, 2020 (foto: Frizzifrizzi)
Giuseppe Ferrario, “La donna dagli aghi”, ex umbris, 2020 (foto: Frizzifrizzi)
Giuseppe Ferrario, “La donna dagli aghi”, ex umbris, 2020 (foto: Frizzifrizzi)
Giuseppe Ferrario, “La donna dagli aghi”, ex umbris, 2020 (foto: Frizzifrizzi)
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