L’alba sulle prime pagine del New York Times

Da diversi mesi ho trovato un nuovo hobby, quello di fotografare il cielo. Con o senza nuvole, che sia sereno o minacci pioggia, ovunque mi trovo, mi sveglio presto o aspetto che il sole cominci a sparire dietro l’orizzonte e raccolgo con il telefono i colori che cambiano. Non so bene come sia finita a farlo, so solo che mi basta trovare un posto comodo in cui poter stare seduta, infilarmi le cuffie per sentire della musica e aspettare che il cielo faccia il suo. 

Il designer e artista newyorkese Sho Shibuya, fondatore dello studio di design Placeholder, mi capisce bene e, quando anche negli Stati Uniti rimanere a casa era la cosa migliore, ha cominciato a fotografare le albe che si succedevano giorno dopo giorno. Ma se io mi fermavo a questo o replicavo nel pomeriggio, Sho invece è partito da queste fotografie e ha ricreato con i colori acrilici i gradienti di colore, che poi applicava sulle prime pagine del New York Times.

Non è un tentativo di trasformazione in uno struzzo che non vuole vedere cosa succede nel mondo che lo circonda e dunque nasconde la testa sotto la sabbia, piuttosto un memo creativo per ricordarci che ogni giorno il sole sorge, tinge il cielo che prima era così buio, lo rischiara e poi finito il suo mestiere se ne va, in assoluto silenzio. Nemmeno la pandemia ha potuto fermarlo e forse dal sole e da questo periodo potremmo imparare la pace delle cose fatte in punta di piedi e con tutti i colori di cui abbiamo bisogno.

(courtesy: Sho Shibuya)
(courtesy: Sho Shibuya)
(courtesy: Sho Shibuya)
(courtesy: Sho Shibuya)
(courtesy: Sho Shibuya)
(courtesy: Sho Shibuya)
(courtesy: Sho Shibuya)
(courtesy: Sho Shibuya)
(courtesy: Sho Shibuya)
(courtesy: Sho Shibuya)
(courtesy: Sho Shibuya)
(courtesy: Sho Shibuya)
(courtesy: Sho Shibuya)
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