Slug life: un’ipersensuale animazione femminista

La trama, per quel che vale, è piuttosto semplice: una donna, Tanya, ama fabbricare i suoi amanti in laboratorio e sta lavorando alla sua ultima creazione, un lumacone gigante. Il richiamo femminista all’auto-determinazione e alla presa del controllo della propria vita è chiaro, così come lo spirito xenofemminista («se la natura è ingiusta, cambiala!») che pervade il cortometraggio, opera della pluripremiata regista d’animazione britannica Sophie Koko Gate.

Intitolato Slug Life, il filmato sviluppa i pochi elementi della narrazione in maniera del tutto sorprendente, proiettando lo spettatore in un viaggio estatico ed estetico all’interno di un mondo fantastico assai sensuale, bagnaticcio, appiccicoso, lascivo, sudato, pieno di elementi tattili che masturbano il cervello come in quei video asmr in cui tagliano il sapone o strofinano lo slime, tra panorami a metà tra il metafisico e la materialità “morbidosa” dei disegni di Etienne Delessert, derive da bad trip e apparizioni da scena elettronica scandinava.

Realizzato a fine 2018 e da poco online in versione integrale dopo oltre un anno in giro per festival (aggiudicandosi prestigiosi premi all’Ottawa International Animation Festival, al SXSW 2019, al Glas Animation 2019 e al Vienna Shorts 2019), Slug Life è nato a partire da un “input” piuttosto curioso. Come racconta in un’intervista, Gate stava guardando un video di lumache che fanno sesso e lì e scattata la scintilla.

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