Nonostante sia stata per 13 anni una studentessa modello, potevo vantare di avere ben due talloni di Achille: la matematica e la geografia. Riguardo la seconda, in particolare, ricordo sudori freddi lungo la schiena quando durante l’interrogazione il professore mi metteva davanti una cartina muta e mi chiedeva di posizionare capitali, catene montuose, fiumi e altri luoghi di cui non ricordavo molto. Poco contava la mia passione per i viaggi, le esplorazioni, la politica estera, in quei momenti avrei dato di tutto pur di tagliare la corda o fingere un malore.
Sono convinta però di essere ancora in tempo per rimediare questo mio rapporto burrascoso con la geografia e Add Editore ha dato una gran bella soluzione al mio dilemma.
Esce infatti oggi in libreria L’Atlante delle Donne, scritto da Joni Seager, docente di Global Studies alla Bentley University, geografa femminista e esperta di politica globale, un libro che, a detta di Gloria Steinem, nessun uomo o donna dovrebbe fare a meno di avere. Non fatevi ingannare dal tema, sono seria quando vi dico che ha certamente aiutato il mio rapporto con atlanti e cartine, perché non si tratta di un saggio ma di ben 200 infografiche che danno — finalmente! — un quadro generale della situazione in cui vivono le donne in ogni paese del mondo.
I temi che la Seager tratta sono disparati e uno più interessante dell’altro: da quelli più trattati come il corpo a quelli meno sotto i riflettori come la connettività. Ogni nazione si trasforma da un nome su una cartina ad una realtà che contiene in sé informazioni di cui probabilmente non avevamo alcuna idea e che ci aiutano a mettere insieme i pezzi di una realtà che, per essere cambiata in meglio, non può essere considerata sulla base di singoli casi o paesi, ma nella totalità del mondo in cui abitiamo. A dire il vero, credo di aver risolto anche qualche problema con la matematica, data la mole di numeri di cui non avevo alcuna idea e che mi hanno provocato brividi simili a quelli delle mie famose interrogazioni.
Questo libro è la conferma per me di tante cose, che il sapere rimane la base più solida quando si vuole apportare un cambiamento, che i confini non hanno alcuna utilità quando si parla di uomini o donne o cause per cui combattere, che chi ha una voce fa bene a usarla e che, infine, gli atlanti non dovevano farmi poi così paura.