Quando la zoologia diventa poetica

Quando si è bambini si viene a contatto con un gran numero di storie e informazioni sugli animali. Sono animali i protagonisti di molti albi illustrati e film d’animazione — antropomorfi, sì, ma pur sempre animali, conservando nel loro stato umanizzato alcune delle caratteristiche più tipiche della loro forma selvaggia. Sono sugli animali, solitamente, i primi volumi “scientifici” che genitori o parenti premurosi regalano ai pargoli. E poi gli album di figurine, i pupazzi presi coi punti del supermercato, i giocattoli, i simboli che le maestre affidano ai piccoli al nido e alla materna per insegnar loro a prendere e riporre le proprie cose nel cassetto e sull’appendiabito giusto.

Nel corso degli anni ciò che abbiamo visto e appreso — i documentari, le rubrichette sulle riviste, tutti quei dati curiosi come la velocità del ghepardo in corsa e quella del falco pellegrino in picchiata, l’enormità della balenottera azzurra, le poche ore di sonno delle giraffe, i chilometri percorsi dalle rondini quando migrano — si stratifica fino a formare delle vere e proprie predilezioni. Attraverso ciò che sappiamo su un particolare animale possiamo in qualche modo identificarci con lui, trovando delle somiglianze col nostro modo di essere, di fare, di sentire, o considerandolo più o meno consapevolmente un simbolo di ciò che aspiriamo ad essere.

Emmanuelle Pouydebat, Julie Terrazzoni, “Atlante di zoologia poetica”, L’Ippocampo, settembre 2019 (foto: Frizzifrizzi)

Chiunque di noi, durante la propria vita, ne cambia molti (se provo a ricordare i miei, mi vengono in mente, dall’infanzia a oggi, il puma, la tartaruga, il gatto, l’aquila, la pantera, il barbagianni, di nuovo il gatto; nelle mie figlie ho assistito a fasi-leone, volpe, cavallo, cane, gatto, o strani ibridi come il cagatto e il cavolpe).
Si tratta comunque perlopiù dei soliti noti: le grandi star degli album da colorare, i protagonisti di qualche cartone animato, o i gli animali-simbolo, gli archetipi.

Con alcune creature l’identificazione è più complicata. Per questioni puramente formali o perché conosciamo meno le connotazioni che le rendono, a loro modo, uniche e magnifiche.
Prima che diventasse un meme, quanti avrebbero confessato di sentirsi un tardigrado? Chi potrebbe dire «il mio animale del cuore è l’uccello giardiniere satinato», che pure avrebbe ben diritto di entrare nel pantheon zoologico di arredatori e architetti, vista la sua abilità nell’allestire spettacolari costruzioni per far colpo sulla sua potenziale compagna?

Emmanuelle Pouydebat, Julie Terrazzoni, “Atlante di zoologia poetica”, L’Ippocampo, settembre 2019 (foto: Frizzifrizzi)

Il fatto è che tra le migliaia e migliaia (e migliaia, ecc.) di specie conosciute, non ce n’è forse nemmeno una che non abbia qualcosa di affascinante (sì, pure la zanzara, che è la più grande killer di esseri umani che si sia mai vista). Il fatto è che la maggior parte di questi aspetti sorprendenti è sconosciuta ai più.
Ed è proprio a tali caratteristiche che è dedicato l’Atlante di zoologia poetica, scritto dall’etologa francese Emmanuelle Pouydebat — ricercatrice presso il Centre national de la recherche scientifique e il Museo nazionale di storia naturale di Parigi, nonché autrice di diversi saggi — e illustrato dall’artista Julie Terrazzoni, anche lei francese.

Ovviamente, vista la sterminata possibilità di scelta, l’atlante di Pouydebat e Terrazzoni è solo un punto di inizio.
«Come si fanno a scegliere trentasei animali “straordinari” tra più di un milione di specie sconosciute?», si chiede infatti l’autrice nel testo che introduce l’opera. La risposta, in effetti, non c’è, e Pouydebat ha seguito il cuore e l’istinto, spiegando nelle pagine dedicate a ciascun animale quale sia il suo aspetto poetico e fantastico.

Emmanuelle Pouydebat, Julie Terrazzoni, “Atlante di zoologia poetica”, L’Ippocampo, settembre 2019 (foto: Frizzifrizzi)

«Questo libro vuole essere un invito a provare stupore e pura meraviglia», spiega l’etologa. Ed è esattamente ciò che si prova di fronte agli elefanti che ricordano strade, sentono piovere a 100 chilometri di distanza, prevedono i temporali, sanno curarsi con le erbe, adottano gli orfani e praticano riti funebri. O al succitato uccello giardiniere satinato col pallino per le costruzioni architettoniche e gli abbinamenti cromatici. O ancora: la canocchia pavone, bellissima da vedere coi suoi colori accesi ma letale per la forza dei suoi “pugni”.

È un brava scrittrice, Pouydebat, e in pochi paragrafi riesce a condensare slanci lirici e informazioni scientifiche espresse in maniera comprensibile per chiunque. I testi, uniti agli splendidi disegni di Terrazzoni (vera maestra nell’illustrazione naturalistica) e a citazioni letterarie opportunamente inserite tra le pagine, riescono a scavare a fondo nei pensieri del lettore grazie ad armi affilatissime come la curiosità e, appunto, la poesia e la meraviglia.

Pubblicato da L’Ippocampo, l’Atlante di zoologia poetica è l’ideale compagno di scaffale di un altro volume pubblicato pochi mesi prima dallo stesso editore: l’Atlante di botanica poetica.

Emmanuelle Pouydebat, Julie Terrazzoni, “Atlante di zoologia poetica”, L’Ippocampo, settembre 2019 (foto: Frizzifrizzi)
Emmanuelle Pouydebat, Julie Terrazzoni, “Atlante di zoologia poetica”, L’Ippocampo, settembre 2019 (foto: Frizzifrizzi)
Emmanuelle Pouydebat, Julie Terrazzoni, “Atlante di zoologia poetica”, L’Ippocampo, settembre 2019 (foto: Frizzifrizzi)
Emmanuelle Pouydebat, Julie Terrazzoni, “Atlante di zoologia poetica”, L’Ippocampo, settembre 2019 (foto: Frizzifrizzi)
Emmanuelle Pouydebat, Julie Terrazzoni, “Atlante di zoologia poetica”, L’Ippocampo, settembre 2019 (foto: Frizzifrizzi)
Emmanuelle Pouydebat, Julie Terrazzoni, “Atlante di zoologia poetica”, L’Ippocampo, settembre 2019 (foto: Frizzifrizzi)
Emmanuelle Pouydebat, Julie Terrazzoni, “Atlante di zoologia poetica”, L’Ippocampo, settembre 2019 (foto: Frizzifrizzi)
Emmanuelle Pouydebat, Julie Terrazzoni, “Atlante di zoologia poetica”, L’Ippocampo, settembre 2019 (foto: Frizzifrizzi)
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