Le code, i musi, gli artigli, i sederi. E poi gli occhioni e gli occhietti, le lingue, le scaglie, le corna, gli aculei, le zanne, le orecchie pelose, appuntite, cadenti.
La natura, quando ha cominciato a fabbricare creature, è stata prodiga di dettagli e ha sperimentato con tutte le combinazioni possibili, come neppure nella fantasia del più estroso degli artisti.
Molti di quegli stravaganti tentativi — che il giornalista e scrittore Bill Bryson, nella sua affascinante e spassosa Breve storia di (quasi) tutto descrive così: «I loro strani piani corporei altro non erano che una sorta di esuberanza giovanile: l’equivalente evolutivo, per così dire, dei capelli rasta e dei piercing alla lingua. Alla fine le forme si acquietarono in una dignitosa e stabile mezza età» — sono andati perduti con l’evoluzione e le catastrofi naturali, ma ancora oggi è sorprendente la varietà che si può ritrovare tra le specie animali, anche andando a guardare da vicino una sola classe, quella a noi più familiare: i mammiferi.
Proprio a loro (un loro che però abbraccia pure a noi) è dedicato un suggestivo libro illustrato, intitolato Curiosi Mammiferi e pubblicato da L’Ippocampo.
L’autrice, l’artista francese Florence Guiraud, è una delle più grandi disegnatrici del mondo quando si tratta di rappresentare la natura, e ha alle spalle oltre sessanta albi, tradotti in svariate lingue, e una bacheca piena di premi.
Seguito ideale di Curiosa Natura, anche questo uscito per i tipi de L’Ippocampo, il libro è una celebrazione delle diversità e delle meravigliose curiosità del mondo dei mammiferi, raggruppati qui in base alle caratteristiche fisiche: Nasi lunghi, Pelle dura, Dentature eccentriche, Pennelli di pelo nonché Posteriori assortiti sono alcuni dei nomi dei capitoli, nei quali i testi informativi — leggeri ma pieni di elementi interessanti, scritti da Guiraud e verificati dalla primatologa ed etologa Emmenuelle Grundmann — convivono con grandi illustrazioni piene di particolari.
Frutto di oltre un anno e mezzo di lavoro, è appunto nelle immagini che l’opera eccelle. L’autrice, infatti, passa agevolmente da una tecnica all’altra — matite, inchiostri, acquerelli, incisione — utilizzando di volta in volta quella che a suo parere si presta meglio per una specifica tavola, un soggetto, un tema, una funzione all’interno del libro.
L’effetto di questa varietà di segni è di offrire una visione che è allo stesso tempo realistica e fantastica, come se gli animali fossero appena usciti da una fiaba per entrare nel mondo reale, e viceversa.
Il disegno, dopotutto, ci permette di dare un corpo alle nostre fantasie, e di bestioline fantastiche possiamo inventarcene infinite, l’importante è che quelle che invece esistono già rimangano tali — vive, in carne e ossa e artigli e pelo — e non diventino pure loro delle fantasie.
Scrive l’autrice nella prefazione: «Potrò sempre disegnare l’elefante asiatico, la tigre, il panda o il gorilla, ma fino a quando faranno parte del nostro mondo?».