Un breve documentario mostra l’ormai perduta arte della fotocomposizione

Forbici, taglierino, tanta colla, occhio allenato, estrema precisione, pazienza infinita: ecco gli ingredienti di un mestiere che è ormai scomparso (o meglio, che si è aggiornato all’era digitale), quello del fotocompositore, che aveva il compito di organizzare la pagina di una pubblicazione mettendo tutto al posto giusto, correggendo gli errori, spostando quel che c’era da spostare.

Prima dell’arrivo dei software specializzati, era così che si lavorava nelle redazioni dei giornali e delle riviste, anche quelle prestigiose come il London Review of Books, uno dei più importanti periodici letterari del mondo, che esce due volte al mese e recentemente ha compiuto 40 anni.

Oltre a celebrare l’anniversario con due numeri speciali (10 ottobre e 24 ottobre; entrambe le copertine sono opera della pittrice Anne Rothenstein), il magazine ha anche messo online un filmato intitolato The Lost Art of Paste-Up, nel quale la fotocompositrice Bryony Dalefield, che lavora lì fin dai primi anni ’80, mostra come svolgeva il suo compito in passato, sottolineando le differenze con il modus operandi odierno.

Per sbirciare ulteriormente nel “dietro le quinte” del London Review of Books c’è anche un altro video di qualche anno fa, che fa vedere l’intero processo che c’è dietro a un singolo numero.

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