Avevo sfiorato il tema con Bastano cinque ciliegie, ma ora sono chiamata a parlarne più approfonditamente. Di cosa? Della noia.
Spauracchio della nostra “epoca dell’intrattenimento”, la noia è vista come scaturigine di chissà quale misteriosa mutazione, abisso esistenziale, vuoto cosmico.
Per questo si tende a colmare ogni minuto del nostro tempo di azioni e stimoli spesso assolutamente effimeri col fine di scongiurarla ad ogni costo.
E in questa spirale di occupazioni vertiginose vengono coinvolte anche le vite dei più piccoli, scandite da impegni spesso gravosi ed estenuanti.
Eppure, sconfiggere la noia è una pura chimera. Ci sarà sempre un momento nel quale saremo obbligati a raccoglierci in noi stessi e a riflettere su quello che siamo e sul mondo che ci circonda, senza vincoli e senza strutture che ci contengano. E — sorpresa! — questo non ci farà male perché, da quanto si evince da tutto un fiorire di fondati studi scientifici, dalla noia può scaturire qualcosa di assolutamente vitale come la creatività. Da una condizione di apparente passività, deriva di fatto uno slancio verso il mondo dell’immaginazione e del fare che impegna il bambino ma anche l’adulto in qualcosa di nuovo e prolifico.
Di più, meno saremo tartassati da impegni e scadenze più saremo in grado di sviluppare queste capacità e come conseguenza una “personalità estrosa”. Una personalità dotata di inventiva e di fantasia, di empatia e di capacità di fare i conti con la realtà e sicuramente più felice.
Viva la noia quindi e il suo potere.
Perché parlarne? Ci si chiederà.
Perché mi è capitato fra le mani un libro edito per i tipi di LupoGuido, dal titolo Caro Giraffa, Caro Pinguino, di Megumi Iwasa (ai testi) e Jun Takabatake (alle illustrazioni).
La particolarità di questo libro prezioso è che la narrazione si sviluppa proprio a partire dalla condizione di cui tanto ho parlato in precedenza.
Giraffa, che vive nella savana, decide di cominciare una sua forma di corrispondenza. Sa esattamente a chi vorrebbe inviare le sue lettere, anche se ancora non ha trovato un reale destinatario.
Siamo nella savana africana.
Qui abita una giraffa africana che si annoia.
Anche oggi il tempo è limpido e azzurro.
Nuvole che sembrano bignè alla crema
fluttuano morbide nell’aria.
Il vento attraversa dolcemente la pianura
erbosa e Giraffa può mangiare acacia, il suo
cibo preferito, a volontà.
È una vita perfetta, mi dirai. E hai ragione
Sembra una vita perfetta, però Giraffa si annoia. Notiamo che in questo specifico caso, siamo ad un passo ulteriore. Giraffa ha già interiorizzato la sua ricerca ed è consapevole di cosa gli sia necessario per uscire da questa condizione: per evolversi, per trovare un modo di esprimersi, per indagare se stesso, Giraffa ha bisogno di un amico.
Così i suoi occhi si proiettano oltre l’orizzonte.
«Che animali ci vivranno?»
E da qui l’idea di scrivere una lettera. Ma perché proprio una lettera?
Perché anche il pellicano, molto annoiato, ha da poco superato la sua noia sviluppando la sua inventiva e organizzando un suo personale “servizio postale” aereo.
Da qui l’intreccio con un terzo personaggio, il pinguino, che sarà destinatario delle lettere — e che darà il via ad un vero e proprio delicato, buffo e a tratti esilarante, persino, epistolario con il suo nuovo amico lontano: carteggi in grossi caratteri a piena pagina, a cui si accostano illustrazioni in bianco e nero che sembrano appena accennate da una stilografica un poco distratta.
Grazie a questo espediente assisteremo — lettera dopo lettera — alla costruzione di una tenera amicizia fra i tre personaggi, rinsaldata e resa sempre più intensa dalla comune percezione di condividere qualcosa di estremamente prezioso: una relazione costruita con fiducia e costanza.
«Quindi siamo diventati amici grazie alla noia?»
«Si, anche la noia non è poi così male, eh?»