Pur se qualche esempio esisteva già fin dal XVIII secolo, le moderne rotatorie hanno iniziato ad essere sistematicamente introdotte nei progetti urbanistici solo dagli anni ’60, prima nel Regno Unito e poi nel resto del mondo. In Italia arrivarono solo nel 1989, con Lecco a fare da apripista, per poi diffondersi a macchia d’olio soprattutto tra la fine degli anni ’90 e gli inizi del nuovo secolo (ricordo come, quand’ero bambino, le rotatorie fossero ancora elementi esotici: quando in famiglia vedemmo al cinema Ma guarda un po’ ‘sti americani, uscito nel 1986, ridemmo tantissimo per questa scena e provammo a ripeterla svariate volte quando andavamo in vacanza).
Da allora, i “rondò” spuntano come funghi, e con essi mille idee più o meno sensate su come utilizzare lo spazio interno alla rotonda: praticelli, aiuole curate, cartelloni pubblicitari e, ovviamente, sculture. La scultura — in quanto rappresentazione tridimensionale — si presta perfettamente al concetto di rotatoria, e le amministrazioni locali negli anni si sono sbizzarrite tra commesse e concorsi di idee, fornendo ai quotidiani di provincia molto materiale, tra polemiche, bizzarrie o grandi nomi dell’arte contemporanea coinvolti in progetti a volte costosissimi.

C’è di tutto, in effetti, in quelle isole in mezzo al traffico: capolavori figurativi o astratti, opere di indiscutibile bruttezza, pezzi incompresibili, elementi che richiamano la vocazione turistica o industriale di una zona, monumenti alla memoria.
Un account Instagram, Roundabout Sculpture, sta raccogliendo quelli trovati su Google Street View e il catalogo — che nel momento in cui scrivo conta quasi 300 esemplari — è piuttosto affascinante.
Nato a settembre 2019, il progetto è opera della fotografa e disegnatrice cinese Xiao Yang, che vive in Spagna ed è appassionata di architettura.




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