Molti anni fa mi capitò di leggere un libro di Fernand Braudel, storico francese, cruciale esponente della École des Annales. Ovvero un gruppo di studiosi che dagli anni Venti — guidati da Mark Bloch e Lucien Febvre — indagano gli eventi storici che a lungo termine modificano i nostri codici culturali e sociali. Braudel, nel suo specifico, è stato uno dei massimi esperti del Mediterraneo.
Nell’introduzione di Il Mediterraneo. Lo spazio, la storia, gli uomini, le tradizioni (Bompiani, 1987), l’autore scrive: «La storia non è altro che una continua serie di interrogativi rivolti al passato in nome dei problemi e delle curiosità — nonché delle inquietudini e delle angosce — del presente che ci circonda e ci assedia. Più di ogni altro universo umano ne è prova il Mediterraneo, che ancora si racconta e si rivive senza posa. Per gusto, certo, ma anche per necessità».
Quando incontrai Novella Oliana, un paio di anni fa in occasione del Funzilla, mi venne voglia di riprendere in mano il libro — che raccoglie scritti di Braudel, oltre che saggi di noti studiosi di diverse discipline —, per ricordare, pagina dopo pagina, di quanto le civiltà del bacino del Mediterraneo siano profondamente connesse seppur, solo in apparenza, diverse. Ed è questa diversità che più di ogni altra cosa ci spinge a ricercare dei legami tra i popoli e il territorio, siano essi storici, culturali, artistici e, non ultimi, emotivi. Questo nostro mare è un crocevia, è «mille cose insieme. Non un paesaggio, un mare, una civiltà, ma un susseguirsi di ognuno di essi».
Novella Oliana per raccontare questa complessità utilizza come mezzo la fotografia, che nel suo lavoro è processo ed evento. Un lavoro che narra e mappa di un’esperienza tra il visibile e il pensabile. Artista, docente e ricercatrice, Novella si occupa di teoria e pratica della ricerca artistica, esperta in dinamiche dei processi culturali con un focus sul Mediterraneo e il Medio Oriente, si occupa di metodologia progettuale e percezione visiva, esplorando il processo di creazione e l’immagine come materia visibile e dispositivo.
Cos’è dunque il Mediterraneo in un’idea? Come poter definire il senso dell’immagine contemporanea nel rappresentare questo territorio complesso?
«A partire dalla mia esperienza di ricerca, provo a riflettere su uno spazio ibrido di indecisione in cui forma e contenuto mutano e interagiscono, creando zone di contatto, separazione, interrelazione o contrapposizione. Esploro diversi modi di interagire con questo sistema in continua evoluzione che chiamiamo “mare in mezzo alle terre”. Uso la metafora e il concetto di “stretto di mare”, un luogo particolare che, come una clessidra, connette due spazi, così come l’intero Mediterraneo che è assimilabile a un grande snodo, a un’area di transizione fra un diritto e rovescio. Attraverso un approccio interdisciplinare, focalizzato su una metodologia di ricerca-creazione, considero la fotografia come espressione di un contesto contemporaneo complesso e mutevole: liberandola dalla sola esperienza estetica, l’immagine fotografica diventa un’opera aperta, stratificata, trasformante. Non si tratta di separare la pratica dalla teoria: la fotografia non è mezzo o sostegno della ricerca, ma è un suo processo integrante».
Delicatezza, armonia e grazia sono elementi essenziali del lavoro di Novella Oliana. La sua ricerca pratico-teorica si concentra sulla rappresentazione del Mediterraneo come spazio, superficie, eterotopia. Considera l’immagine come luogo del processo creativo ed evento per accedere a un’esperienza di conoscenza corporea totalizzante.
«Ogni immagine è espressione di un evento complesso: il mio lavoro propone diversi interrogativi e considera la fotografia come esperienza artistica e percettiva nella quale si situa la ricerca, la sua metodologia e la possibilità del suo sviluppo teorico. Lo spazio del Mediterraneo coincide con lo stesso spazio del processo creativo e diventa superficie di relazione, percezione e acquisizione di una visione che coinvolge l’intera esperienza corporea».
Novella Oliana, all’interno del suo percorso di dottorato, ha ideato un progetto che curerà insieme alla fotografa Michela Palermo. Si tratta di un laboratorio di ricerca e interazione con le immagini dell’archivio dell’Ecomuseo Urbano Mare Memoria Viva di Palermo, in collaborazione con MINIMUM. Il laboratorio si terra il 22 e 23 giugno a Palermo presso l’Ecomuseo, mentre i risultati saranno esposti in occasione del Festival Gibellina Photoroad, con la collaborazione della curatrice Arianna Catania, presso la Fondazione Orestiadi di Gibellina dal 26 luglio al 31 agosto.
Un laboratorio quindi che pone al centro la fotografia di archivio come luogo di riflessione identitaria, di conoscenza e rappresentazione di realtà complesse, determinate dalle trasformazioni dello spazio e del territorio. Quello dell’Ecomuseo Mare Memoria Viva è un archivio nato con l’intento di ricomporre, attraverso i contributi di molte famiglie palermitane, la memoria privata e collettiva di un tratto di costa brutalmente modificato da un intervento di demolizione e ricostruzione urbana avvenuto negli anni Sessanta. Una delle conseguenze più evidenti di quest’azione invasiva è l’aumento della distanza tra la città e il mare.
I partecipanti al laboratorio esploreranno questa distanza lavorando sulle e con le immagini dell’archivio. L’obiettivo è quello di riflettere sul potere evanescente ed evocativo dell’immagine, così come su alcune tematiche della fotografia contemporanea. Gli elaborati — fanzine, stampe, piccole strutture tridimensionali — saranno il frutto della relazione fra la memoria, le immagini e i luoghi. Del resto, per chiudere il cerchio con le parole di Fernand Braudel: «Essere stati è una condizione per essere».