Mindchine: le “macchine cognitive” di Federico Babina

«Nell’intenzione dell’autore, questi oggetti erano da considerare come macchine perché fatti di varie parti che si muovono, collegate tra loro e poi anche perché la famosa leva (che altro non è che una sbarra di ferro o di legno o di altro materiale) è una macchina, sia pure di primo grado. Inutili perché non producono, come le altre macchine, beni di consumo materiale, non eliminano la manodopera, non fanno aumentare il capitale. Alcuni sostenevano che erano utilissime, invece, perché producono beni di consumo spirituale (immagini, senso estetico, educazione del gusto, informazioni cinetiche ecc.)», scriveva Bruno Munari a proposito della sue celebri macchine inutili nel libro Arte come mestiere.

È evidentemente a queste — e agli intricati e altrettanto inutili congegni di Rube Goldberg — che si ispirano le Mindchines del grafico, architetto e illustratore Federico Babina: ideali macchine cognitive che, attraverso gli elementi di cui sono composte e i movimenti per cui sono progettate, rappresentano concetti come il sesso, la meditazione, la fantasia, la paura, la fede, l’amore e il desiderio.

Disegnate e animate da Babina, sono accompagnate da una serie di illustrazioni, che si può vedere qui.

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