Claudia Amatruda, “Naiade” (fonte: claudiamatruda.com)

Naiade: la fotografia per vivere e raccontare un dolore invisibile

Nel suo Sonetto alla Scienza1, il grande Edgar Allan Poe, qui in veste lirica, si scaglia — con una rabbia venata di amarezza e ineluttabilità — contro il progresso e la ragione, colpevoli, a suo dire, di aver dilaniato il cuore del poeta, sbalzato Diana dal suo carro, scacciato l’Amadriade dal bosco, strappato la Naiade ai suoi flutti e l’Elfo ai verdi prati.
La razionalità, insomma, ha ammazzato la magia, rinchiuso gli dei dentro ai testi di mitologia e relegato le chimere fuori dai libri serî.

La dimensione fantastica, tuttavia, sa aspettare: se ne sta tra le pieghe del reale e, quand’è il momento giusto, quando c’è la persona giusta, con lo sguardo giusto, ritorna sempre. E perlomeno una, di Naiade, non è stata strappata ai suoi flutti. Non vive più tra ruscelli sorgivi, torrenti e cascate, ma dentro a una piscina. Tu e io non possiamo vederla, ma lei c’è, e aspetta Claudia.

Claudia Amatruda, “Naiade”
(fonte: claudiamatruda.com)

Foggiana, classe 1995, un promettente talento in ambito fotografico, Claudia Amatruda da qualche anno sta male. Un male che non solo non ha senso, come tutti i mali, ma che non ha nemmeno un nome. O meglio, ne ha tre, ma provvisori: Neuropatia delle Piccole Fibre, Disautonomia e una Connettivopatia ereditaria. Dopo due anni di ricoveri, sale del pronto soccorso, ambulatori analisi, astanterie, letti, lettini, vassoi, posate di plastica e medicine, le diagnosi sono ancora parziali ma parlano di malattie rare e senza una cura.

Una condizione capace di piegare chiunque, ma che Claudia sta affrontando a testa alta, grazie anche a due valvole di sfogo. Una è un’oasi di pace e un sollievo dal fardello della gravità e del movimento: la piscina, l’acqua. L’altra è la fotografia.

Claudia Amatruda, “Naiade”
(fonte: claudiamatruda.com)

Claudia, infatti, sta portando avanti un progetto intitolato Naiade, nato all’interno del Master sul Progetto Fotografico tenuto da Michele Palazzi della scuola Meshroom Photo di Pescara.
Prendendo il nome dalle ninfe delle acque dolci, che si diceva avessero poteri curativi sui malati, la giovane artista — mentre la scienza e la ragione per ora non la aiutano a guarire — sta raccontando il suo doloroso cammino scatto dopo scatto.

Il risultato, a metà tra il diario e il progetto documentaristico, è toccante, poetico, anche drammatico, ma in maniera mai banale.
Naiade sta anche per diventare un libro. Attraverso la piattaforma Ulule è stata attivata una campagna di crowdfunding che sta ormai per giungere al termine, dopo aver raccolto ben oltre la cifra necessaria per la pubblicazione, cifra che, per una piccola parte, andrà anche ad aiutare a coprire le spese mediche.

Claudia Amatruda, “Naiade”
(fonte: claudiamatruda.com)

Il volume si può prenotare qui, e andrebbe mostrato a tutti, anche nelle scuole, perché è la dimostrazione del potere della fotografia e di cosa essa può fare.

La fotografia per riprendere possesso del proprio corpo.
La fotografia per riprendere possesso dello spazio.
La fotografia per rivelare il buio.
La fotografia per vivere la luce.
La fotografia per conoscere se stessi e l’altro da sé.
La fotografia per rendere visibile l’invisibile.
La fotografia per uscire da finestre che sono chiuse.
La fotografia per raccontare.
La fotografia per guarire, perlomeno nell’animo.

Claudia Amatruda, “Naiade”
(fonte: claudiamatruda.com)
Claudia Amatruda, “Naiade”
(fonte: claudiamatruda.com)
Claudia Amatruda, “Naiade”
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Claudia Amatruda, “Naiade”
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Claudia Amatruda, “Naiade”
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Claudia Amatruda, “Naiade”
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Claudia Amatruda, “Naiade”
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